Dall’antica Persia il riso secondo una tradizione millenaria.
La gastronomia persiana ha origini antichissime. Già dal secolo IX a.C., dall’antica Nimrud, ci giunge notizia di un banchetto del re Ashurnasirphal II per 47.074 invitati e durato dieci giorni con un menù che includeva animali di ogni genere (comprese gazzelle), fiumi di birra e vino e alimenti ancora oggi utilizzati sulla tavola iraniana: pane, cipolle, aglio, tantissime erbe aromatiche, frutta secca e fresca, tra cui uva e melagrane in abbondanza.
Con il regno di Dario (522-486 a.C.) l’agricoltura prende grande impulso grazie anche al sofisticato sistema di irrigazione sotterranea (qanats) che permise di portare l’acqua dalle montagne alla secca pianura. In quell’epoca la Persia era uno dei più vasti imperi, che scambiava con le terre delle nuove conquiste semi, piante da frutto e animali da allevamento e commerciava con tutti gli altri regni che non poté conquistare, in particolare la Cina, nella quale introdusse viti e cavalli persiani. Successivamente i commercianti parsi e sasanidi vi portarono melograni, noci, pistacchi, cetrioli, piselli, basilico, coriandolo e fagioli dall’occhio e ne ricevettero in cambio pesche, albicocche, rabarbaro e tè che poi, tramite i Persiani, arrivarono fino al mondo greco e romano.
E sono proprio gli autori greci (in particolare Erodoto) che ci parlano della raffinata gastronomia persiana e della particolare propensione di questo popolo per i dolci: «Mangiano […] molti dolci, non tutti serviti allo stesso momento […] per questo dicono che i Greci quando sono a tavola si alzano ancora con la fame, perché dopo il pasto vero e proprio, non si serve nulla che sia veramente degno di pregio», cioè i dolci.
Infatti ancora oggi la pasticceria (che deve la sua raffinatezza alla dinastia Qajar del secolo XIX) detiene un posto fondamentale sulla tavola persiana. Si tratta di dolci dal gusto delicato, ma molto zuccheroso e dalla preparazione relativamente semplice, profumati spesso con acqua di rose e insaporiti da frutta fresca e secca (soprattutto mandorle e pistacchi).
Anticamente i Persiani facevano largo uso di bevande alcoliche come birra, ma soprattutto vino di uva o anche di palme (a seconda del clima delle diverse regioni), mentre oggi, a causa dei dettami della religione musulmana, la bevanda principale è il tè, ma anche il dough (bevanda leggermente salata a base di yogurt e simile al lassi indiano), ma diffuso è anche il caffè, spesso aromatizzato con spezie (soprattutto cardamomo e cannella).
Ancora oggi la cucina persiano-iraniana è prettamente tradizionale e si caratterizza per la fedeltà e il rispetto per la consuetudine e la tradizione, per questo le ricette possono variare in ogni famiglia, un po’ come in Italia ed è presente una differenziazione regionale per cui nelle regioni del nord risentono dell’influenza turca e armena, mentre in quelle del nord-est risentono dell’influenza indiana e il piccante (ma non troppo) è caratteristico del sud.
Chi vuole provare la cucina persiana deve sapere che essa è delicatamente speziata, ma senza esagerare, che è caratterizzata da piatti di carni rosse e bianche, escluso il maiale, a volte il pesce (tra cui anche il famoso caviale iraniano), ma anche con portate vegetariane.
Questa cucina ha il pregio di essere leggera perché l’ingrediente principale è il riso (oggi quasi tutto di importazione), cucinato a vapore e lavorato in modo tale da perdere la maggior parte dell’amido e renderlo così di più facile digestione (vedi in seguito la ricetta). Col riso si accompagnano pietanze a base di carni marinate e poi cotte alla brace, così come spiedini, ma anche salse e stufati di verdure e legumi a cui si aggiungono, verso il termine della cottura, le carni o il pesce, così che può risultare facile ottenere anche pietanze vegetariane.
A volte possono essere serviti per primi i mazeh o stuzzichini composti da frittate e salse in cui viene intinto il pane. In genere un pasto iraniano non è composto da diverse portate, bensì tutti i piatti vengono serviti insieme e i commensali se ne servono secondo le proprie preferenze e nell’ordine desiderato. I dolci e la frutta vengono serviti insieme al termine.
Un pranzo tradizionale viene servito sopra un sofreh, una tovaglia di cotone stesa a terra sopra vari tappeti sovrapposti; i piatti principali sono circondati da pane, riso e varie ciotole con salse e insalate di verdure fresche. I commensali sono riuniti in circolo, accovacciati sui tappeti, le posate (forchetta e cucchiaio) si usano soprattutto per servirsi sul proprio piatto dal vassoio comune, nella misura in cui ognuno ritiene giusta per sé e il cibo si porta alla bocca col pane (naan, simile a quello indiano), fatta eccezione per le minestre per le quali, naturalmente, viene usato il cucchiaio. Il coltello non serve, perché i piatti sono preparati con verdure e carni tagliate a piccoli pezzi, così come la frutta. Oggi, quasi sempre, le famiglie si siedono attorno ad un tavolo e usano le posate come in Occidente.
Alcune ricette delle cucina Persiana