“Il mais o granturco (zea mayz) è un cereale oggi molto consumato in gran parte del pianeta, che si è diffuso nei vari continenti a partire dal 1493 col ritorno della prima spedizione di Cristoforo Colombo. La sua coltivazione in Europa è documentata nella penisola iberica e nel sud della Francia già agli inizi del ‘500 e in Italia, le prime documentazioni sono un bassorilievo nell’architrave di una porta di Palazzo Ducale a Venezia e il testo di Ramusio (storico e geografo veneziano) che ne descrive la coltivazione in Veneto, nel territorio fra Brugine e Fratta Polesine intorno al 1540. Il mais viene domesticato sugli altopiani del Messico a partire dalla pianta del teosinte (con una piccola spighetta di circa 10 cm e pochi piccoli semi) e quando viene portato in Europa da Colombo è già molto simile a quello che conosciamo oggi, cioè con una grossa spiga (che può arrivare anche a 30 cm di lunghezza) densa di semi piuttosto grossi. Quindi gli agricoltori messicani, nel corso degli oltre 9.000 anni precedenti, avevano fatto un enorme lavoro di selezione. Dal bacino mediterraneo, il mais giunse nei Balcani e da lì la coltivazione si estese in tutto l’Oriente fino alla Cina, dove era già coltivato poco dopo la metà del ‘500. La fortuna della sua coltivazione è dovuta alla maggiore produttività rispetto ad altri cereali, ma fu sempre considerato di minor pregio rispetto al frumento e quindi riuscì a sostituire solo in parte l’orzo e l’avena nell’alimentazione umana, che restò comunque limitata al consumo delle classi più povere. Dal XVIII secolo, la coltivazione del mais divenne comunque ubiquitaria in gran parte dell’Italia centrale e settentrionale e gli agricoltori continuarono nella selezione delle varietà adattandolo a tutte le altitudini (dalle coste alle alte valli alpine) e alle differenti condizioni di umidità e tipi di terreno, tanto che, fra le due guerre mondiali, nell’area del bacino del Po, le varietà locali coltivate erano oltre cinquecento. Oggi, le monoculture intensive hanno ridotto quelle coltivate a poche varietà ibride in tutto il pianeta, controllate da poche multinazionali a cui gli agricoltori di tutto il mondo sono costretti a pagare le royaltys, mettendo a rischio la conservazione della biodiversità di questa pianta anche nei luoghi di origine. Infatti, in Messico, dove rappresenta la base alimentare, ancora oggi sono presenti molte varietà di mais di vari colori (bianco, giallo, arancio, rosso, nero… perfino turchese), con spighe e semi di varie dimensioni, conservate dai piccoli agricoltori che resistono all’invasione dei semi ibridi.
Il mais è un cereale che non contiene glutine, quindi può essere utilizzato senza rischi dalle persone affette da celiachia, è ricco di sali minerali quali fosforo, ferro e potassio, contiene pochi grassi saturi, ma un alto tenore di fibre utili all’intestino, buon quantitativo di vitamina C e acido folico, ma non contiene vitamina B disponibile, caratteristica che, nei periodi di carestia, in cui costituiva la base alimentare per la popolazione più povera, provocava la pellagra, una grave malattia che portava spesso alla morte i soggetti più deboli.
Il mais può essere consumato in chicchi (mais dolce), per insalate o minestre, in farine di varia dimensione (bramata, fioretto) per polente o anche per produrre pasta (fioretto precotta), in fiocchi, prodotti estrusi, soffiato, corn-flakes per la colazione, pop-corn, o amido come addensante o in pasticceria per alleggerire gli impasti. Dal germe del mais si ricava un olio ottimo da utilizzare come condimento a crudo. La farina di mais o i corn-flakes sbriciolati possono essere utilizzati dai celiaci nelle impanature o in genere come sostituti del pangrattato.”
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