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Cosa rappresentano le infestanti (seconda parte)

La pianta è l’unica fabbrica di nuova sostanza sulla terra, il resto è riciclaggio. Privare il terreno in via continuativa e permanente della copertura vegetale e della presenza di flora determina un grave vuoto biologico che rischia di innescare processi di desertificazione dei suoli agrari

Quello di infestante è un concetto determinato dal luogo di crescita di un’erba e dal momento in cui questa cresce e si sviluppa. Una pianta spontanea che cresce all’interno di un campo di grano, che si sviluppa e cresce contemporaneamente alla coltura può creare notevoli problemi all’agricoltore.
Concetto di infestante: pianta che influisce negativamente sulle finalità umane. Ma quali sono, o quali dovrebbero essere le finalità umane??

Il fatto di credere o pensare che tutte le piante spontanee che crescono all’interno di un’azienda agricola siano infestanti è un grave errore, poiché è possibile gestire queste piante per favorire le dinamiche naturali verso una direzione di equilibrio e sostenibilità dell’insieme. La vigoria e la rusticità che contraddistinguono le erbe spontanee possono tornare utili anche allo stesso agricoltore. Uno degli esempi più classici (ma è soltanto uno degli aspetti che possono essere presi in considerazione) è quello dell’inerbimento all’interno del frutteto, il quale rappresenta una copertura vegetale del suolo che offre molteplici vantaggi. Questo perché i terreni nudi, soprattutto se in pendenza, sono soggetti a forte erosione provocata da intense piogge. La presenza di flora spontanea (o di inerbimento coltivato) riduce l’effetto dilavante e lisciviante delle piogge, proteggendo la fertilità del terreno. Vi è produzione di biomassa (la pianta è l’unica fabbrica di nuova sostanza sulla terra, il resto è riciclaggio), sostanza organica indispensabile per conservare vitalità nel suolo e per il mantenimento della struttura. In natura la presenza della flora spontanea nei terreni estrinseca fertilità riportando al riequilibrio organico e minerale, per secoli ottenuta con la tecnica del maggese, oggi reintrodotta con il set-aside (mantenimento dell’attività biologica del suolo grazie agli apparati radicali ed ai residui organici).

Una buona gestione del manto erboso (o di aree delimitate adiacenti alle colture) può favorire la presenza di insetti impollinatori ed altri insetti utili; a tal proposito non dovrebbero mai mancare le Labiate, le Ombrellifere (o Apiacee) e le Composite (o Asteracee). Per quanto riguarda, invece, l’approvvigionamento dell’azoto non va assolutamente dimenticata l’importanza delle Leguminose.
Il fatto, dunque, di privare il terreno in via continuativa e permanente della copertura vegetale e della presenza di flora, nel tempo e a lungo andare, va a determinare un grave vuoto biologico con il rischio di andare ad innescare processi di desertificazione dei suoli agrari (soprattutto se non viene mai integrata sostanza organica tramite il compost).

Per troppo tempo si è pensato ad eliminare dai contesti agricoli tutti i fattori considerati non produttivi ed estranei al ciclo produttivo, come conseguenza di un processo di pensiero unidirezionale e miope (profitto e produttività). Senza considerare, però, che un semplice cespuglio di ortiche rappresenta un habitat ideale per molte forme di vita. Uno dei compiti di una nuova agricoltura dovrebbe essere quello di tutelare e salvaguardare il maggior numero di forme viventi, favorendo la presenza di ambienti idonei allo sviluppo dei vari anelli del ciclo della vita. La vita di molti insetti utili è legata alla presenza di determinate specie vegetali le quali rappresentano la fonte privilegiata di nutrimento. Occorre una visione meno miope poiché nel vivente “l’insieme è maggiore della somma delle sue parti” (Aristotele), è dunque necessario valutare la ragion d’essere di ogni organismo se si vuole costruire un mondo più umano.     
Per una convivenza vantaggiosa tra flora spontanea e colture è indispensabile coltivare specie e varietà che siano idonee alle condizioni ambientali in cui si opera. Introdurre ed utilizzare colture in aree vocate è il primo ed importante passo verso un’agricoltura sostenibile.
Inoltre, entro certi limiti, è lecito affermare che il suolo possa manifestare il proprio stato e la propria condizione attraverso la flora spontanea. Ciò significa che la presenza di determinate specie spontanee ci permette di comprendere indicativamente le condizioni generali del terreno e, in misura minore, le condizioni ambientali (impatto sull’ambiente delle pratiche agronomiche e grado di antropizzazione).

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Un approccio veramente olistico dovrebbe coinvolgere l’agricoltore, o il giardiniere, nella lettura della vegetazione spontanea per poter decifrare il linguaggio e le dinamiche del vivente, per riuscire a cogliere i segnali che la natura può manifestare. Non solo per quanto riguarda la presenza o meno di specie vegetali, ma anche per quanto riguarda la presenza di determinati insetti o uccelli.
Vi sono alcune specie vegetali spontanee che, indicativamente, sono rappresentative dei terreni compattati e privi di struttura. La compattazione, la mancanza di struttura, e la conseguente asfissia degli apparati radicali, sono tra le prime cause di problemi per le coltivazioni.
Le specie che, come tendenza, stanno ad indicare la presenza di compattazione sono Matricaria chamomilla (Camomilla comune), Plantago major (Piantaggine maggiore), Plantago lanceolata (Piantaggine minore), Plantago coronopus (Piantaggine barbarella), Polygonum aviculare (Erba correggiola), Bellis perennis (Margheritina), Poa annua (Fienarola annuale) e, in misura minore, altre specie ancora.

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Per poter cogliere, invece, ruolo ecologico e potenziali funzioni della flora spontanea è possibile scaricare gratuitamente dal web uno dei manuali ISPRA nel quale vengono fornite indicazioni basilari per poter ripristinare (per quanto possibile) anche all’interno dei centri urbani quegli elementi naturali indispensabili per la vita dell’ecosistema. Per reintrodurre anche in città un po’ di natura, con tutti i benefici del caso, per bilanciare gli effetti negativi di una pressione antropica che troppo spesso non tiene conto delle dinamiche naturali.
È sufficiente digitare “Specie erbacee spontanee mediterranee per la riqualificazione di ambienti antropici pdf”. Fa parte dei manuali e linee guida ISPRA (manuale_86_2013). Al di là del contesto, che può essere continentale o mediterraneo, questo manuale offre spunti e indicazioni sul valore e sulle potenzialità di una gestione intelligente della vegetazione spontanea.


2 comments on “Cosa rappresentano le infestanti (seconda parte)

  1. Nicoletti Raffaele on

    Conduco la mia azienda bio.Lo scorso anno ho seminato erba sulla con esito abbastanza negativo. Le infestanti erbacee cresciute danno sconforto penso alla soluzione maggese per liberare le superfici a seminativi, debbo passare col frangizolle e poi subito arare o arare e mettere tutto sotto come sta ora? In attesa di risposta. Nicoletti Raffaele

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    • Redazione on

      Gentile Raffaele,
      per poter liberare al meglio il campo sarebbe opportuno trinciare il tutto (utilizzando una trincia) e successivamente interrare la massa verde trinciata. Questa massa verde non deve essere interrata in profondità, e per questo è possibile utilizzare attrezzi come un estirpatore ad ancore (o coltivatore), un erpice a dischi oppure un frangizolle. La velocità di avanzamento non dovrà essere eccessiva.
      Dunque questa massa verde dovrà essere semi-interrata, e prima di questa operazione bisognerà attendere una leggera essiccazione (non va interrata quando è ancora fresca o molto umida).
      È buona norma impedire che le infestanti vadano a seme.
      Tramite questa operazione si apporta comunque sostanza organica nel terreno.
      L’uso dell’aratro sarebbe sconsigliabile (vedere articoli sulle lavorazioni del terreno nella stessa rubrica).
      Cordiali saluti e buon lavoro

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