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La valorizzazione di fiori spontanei per l’equilibrio e la stabilità dell’ecosistema

I fiori selvatici per la prevenzione nella coltivazone naturale. È possibile utilizzare i fiori “selvatici” come risorsa naturale, valorizzandone funzione e ruolo, creando sinergie utili all’agricoltore e all’ambiente. Per chi pratica un metodo di coltivazione naturale diventa fondamentale la prevenzione. Per una corretta prevenzione è indispensabile favorire gli equilibri naturali ed aumentare la biodiversità, poiché molti attacchi parassitari sono conseguenza di una errata gestione dell’ambiente e del territorio.

È possibile utilizzare i fiori “selvatici” come risorsa naturale, valorizzandone funzione e ruolo, creando sinergie utili all’agricoltore ed all’ambiente.

Si utilizzeranno erbe la cui fioritura potrà attirare e nutrire numerosi insetti utili, per la creazione di apposite fasce inerbite che andranno collocate in prossimità delle coltivazioni o al loro interno. Queste fasce inerbite, oltre a fornire cibo, offrono rifugio e riparo per insetti predatori ed insetti pronubi. La scelta delle erbe da utilizzare deve rispondere ad alcuni requisiti: elevata rusticità (piante spontanee), buona fioritura, produzione di nettare e di polline. Tra queste specie devono essere comprese anche erbe tipiche degli ambienti agricoli tradizionali (fiori di campo).

Queste fasce inerbite dovranno richiedere una minima, se non nulla, manutenzione.

Nella pratica agricola si arriva spesso ad ottenere una notevole semplificazione del paesaggio. Questa semplificazione vede il suo apice nelle monocolture, che rappresentano un elemento distintivo dell’agricoltura industriale. Va però riconosciuto che recentemente anche la moderna agricoltura industriale ha identificato e ammesso i difetti delle monocolture, nelle quali vengono eliminati tutti quegli elementi considerati non produttivi o di impedimento alla pratica agricola (come alberi, arbusti, erbe, stagni, maceri, boschi, fasce boscate, prati naturali ecc.) al fine di promuovere al massimo lo sviluppo di una o di poche colture da reddito (ad esempio mais, soia, vite). Di fatto viene meno la diversità.

Un’agricoltura naturale, rispettosa dell’ambiente e della vita, deve invece poter mantenere e sostenere un certo grado di diversità biologica. Salvaguardare e incrementare la variabilità biologica significa garantire un ruolo multifunzionale alla pratica agricola, vuol dire anche garantire la presenza di insetti utili e organismi utili, creando le basi e i presupposti per ridurre al minimo eventuali interventi antiparassitari. Per fare ciò è necessario introdurre elementi naturalistici all’interno dell’agroecosistema dei quali occorrerà tenere conto in fase di progettazione o, successivamente, dopo aver valutato le possibilità operative e le opportunità esecutive.

In questo senso già Rudolf Steiner nel 1924 si espresse molto chiaramente, definendo le linee guida per la creazione di quello che in agricoltura biodinamica viene definito organismo agricolo*.

Si deve anche tenere conto che i profondi cambiamenti operati dall’uomo sulla natura nel corso dei millenni con l’obiettivo di rendere i terreni coltivabili (in primis con il disboscamento e, in seguito, con le pratiche agronomiche), hanno giocato un ruolo decisivo per l’equilibrio del suolo. Tutto ciò ha determinato in epoca moderna una eccessiva uniformità, anche del suolo stesso, a cui va aggiunta l’azione fortemente negativa di fattori di rischio climatici e ambientali in grado di generare una progressiva desertificazione, soprattutto nel Sud del Paese.

Una forma di gestione sostenibile, dunque, è quanto mai necessaria e possibile per il mantenimento della biodiversità e della naturale fertilità dei suoli. Dove piante spontanee, insetti pronubi e vari insetti utili sono presenti e fungono da co-produttori dell’attività agricola.

La conservazione della biodiversità ormai rientra anche nelle politiche nazionali ed internazionali, poiché l’azione dell’uomo sull’ambiente ne ha profondamente influenzato le caratteristiche originarie. Urbanizzazione, agricoltura, industrializzazione sono tra le cause della scomparsa di specie vegetali e animali che desta grande preoccupazione (vedere anche dati ISPRA). A tal proposito è stata elaborata la Convenzione sulla Diversità Biologica (CDV) basata proprio sulla presa di coscienza del “valore intrinseco della biodiversità e delle sue componenti ecologiche, genetiche, sociali, economiche, scientifiche, educative, culturali, ricreative ed estetiche“.

L’inserimento di elementi naturalistici all’interno di un contesto agrario (azienda agricola) rappresenta anche un’opportunità istruttiva ed educativa che “procura benessere ad ognuno di noiper il bisogno di contatto con la natura“.

Dove l’agricoltura è intensiva l’impatto sull’ambiente crea grossi squilibri: le lavorazioni, il diserbo, l’asportazione della materia organica, le concimazioni con prodotti di sintesi impoveriscono il suolo dal punto di vista chimico, strutturale e biologico. Inoltre, le aree agricole fertilizzate con azoto e diserbate perdono la ricchezza della vegetazione spontanea a favore delle monocolture. In questo modo sono distrutti gli habitat per molti insetti e fauna, utili proprio alla difesa delle colture stesse. Per questo motivo le buone pratiche attuali, oltre a promuovere la riduzione di input, prevedono di seminare ai margini dei campi coltivati fasce di fiori spontanei, o di creare delle siepi di arbusti, proprio per aumentare la presenza di impollinatori e di altri insetti utili che migliorino la resilienza dell’agroecosistema” (da Manuali e Linee Guida ISPRASpecie erbacee spontanee mediterranee per la riqualificazione di ambienti antropici).

L’introduzione di determinati fiori selvatici in prossimità dei campi coltivati o nelle zone limitrofe può rispondere ad esigenze ecologiche con una valenza anche estetica non secondaria.

Nella scelta di queste specie occorre tenere conto del rapporto ecologico mutualistico tra pianta e insetto utile poiché questi ultimi ricevono nutrimento tramite nettare e polline garantendo a loro volta l’impollinazione. L’ecosistema vive di queste interazioni (interdipendenza fiore-insetto).

Altro tipo di interazione positiva è quella tra piante all’interno di consociazioni favorevoli: la coltivazione contemporanea di più specie all’interno di un appezzamento di terreno, o in una data area, rende più complesso il sistema rispetto alla coltivazione pura, quindi più stabile. Vengono meno le forti unilateralità che caratterizzano, invece, le monocolture e i sistemi di produzione intensivi. Vengono a crearsi delle sinergie, delle relazioni e dei rapporti da cui emergono nuove proprietà grazie ad un livello di organizzazione del mondo vivente che non può essere presente in un sistema estremamente semplificato, privato delle sue componenti naturali, come quello dell’agricoltura intensiva (altamente specializzata).

Per poter dunque ridurre al minimo l’insorgenza di malattie e di attacchi parassitari occorre creare un agroecosistema (o organismo agricolo) equilibrato e armonico, proprio alla luce della definizione del concetto di malattia e di danno (da Goidànich, 1955): una malattia è considerata una deviazione – operata da fattori animati o inanimati – dallo stato di armonia nello svolgimento delle funzioni vitali (di ricambio e di sviluppo) dell’organismo.

* Con queste parole Rudolf Steiner evidenzia l’importanza del dare e avere nei confronti della Natura: «…si ottiene veramente molto per l’agricoltura ripartendo in modo giusto bosco, piantagioni frutticole, arbusti e stagni con la loro naturale ricchezza di funghi, anche se si debba per questo ridurre un poco l’area complessiva del terreno messo a coltura. In ogni caso non è affatto economico sfruttare il terreno al punto che scompaia tutto quanto ho nominato, con il pretesto puramente speculativo di una maggiore superficie coltivabile. Quel che vi si può coltivare in più è dannoso in misura molto maggiore di quello che può dare la superficie tolta alle altre attività. In un esercizio tanto legato alla natura come una fattoria non è possibile trovarsi bene senza vedere in una giusta prospettiva i nessi che mette in opera la natura stessa e le azioni reciproche in seno all’economia naturale…».

Biolcalenda di febbraio 2016


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