Le consociazioni vegetali

Con il termine consociazione vegetale si è soliti indicare in agricoltura un rapporto di simbiosi positiva tra due o più organismi, e consiste solitamente nella coltivazione contemporanea di specie vegetali differenti che vengono collocate in posizione ravvicinata in modo da generare un’influenza positiva sullo sviluppo di una o più colture.
Quest’influenza può andare a vantaggio di una singola coltura (coltura principale) oppure può essere anche reciproca e andare a vantaggio di entrambe le specie. L’utilità di questa simbiosi è destinata principalmente alle colture agrarie, le quali traggono beneficio diretto e indiretto da questa consociazione. L’obiettivo della consociazione è quello di realizzare una simbiosi ottimale tra vari organismi (vegetali e non). Il termine simbiosi sta ad indicare proprio collaborazione, cooperazione, interrelazione, intesa. Dunque convivenza, legame, accordo e intima unità tra organismi con beneficio reciproco. In altre parole si tratta di un rapporto che genera una connessione positiva, utile e fruttuosa.

Va detto che la Natura e l’intero ecosistema si basano su questi fattori. Fra i tanti, anche Goethe caratterizza questi aspetti tramite una citazione emblematica: “Nella natura vivente non succede niente che non sia in rapporto con tutto l’insieme”.

La Vita stessa dunque è basata su interazioni, relazioni, scambi e interdipendenza (cooperazione e non competizione). Ed un ecosistema sarà tanto più stabile quanto più vi saranno interazioni fra organismi in grado di generare e mantenere una fitta rete di scambi.

Alcuni di questi aspetti sono già stati elaborati in Biolcalenda di marzo, aprile e maggio 2016, e nei numeri di dicembre 2016 e gennaio 2017.

Le piante possono interagire tra loro con svariate modalità. È possibile una interazione attraverso la parte aerea nel momento in cui una specie più alta va ad ombreggiare una specie di dimensioni più ridotte; in questo caso a livello di orticoltura famigliare si possono proteggere lattughe, zucche, zucchine, cetrioli e meloni tramite un filare di mais (qui l’ombra avrebbe una funzione protettrice utile soprattutto in previsione di estati calde, soleggiate e siccitose) oppure con un filare di pomodoro da mensa su colture compatibili.

Sempre tramite la parte aerea può esservi una interazione positiva poiché diverse piante sono in grado di attirare insetti utili oppure di respingere insetti nocivi grazie a particolari sostanze liberate nell’aria. Sostanze come oli essenziali, varie tipologie di molecole e altri composti organici volatili che possono agire da repellenti oppure da attrattivi.
Queste stesse sostanze possono influenzare lo sviluppo e la crescita di piante situate nelle vicinanze, e in alcuni casi possono anche limitare la formazione di alcune malattie fungine. Anche in frutticoltura si praticano le consociazioni per favorire l’impollinazione in modo da ovviare all’autosterilità.
Sempre in frutticoltura è possibile introdurre all’interno del frutteto determinate specie in grado di attirare insetti utili, oppure in grado di produrre sostanze attive contro alcuni funghi, batteri e insetti nocivi. Questi composti vengono definiti fitocidi e sono prodotti da piante come la lavanda, il tagete, la calendula, l’achillea, il timo, la santoreggia, l’aneto, l’aglio, il garofano (Dianthus spp.) e altre ancora. L’azione di queste specie risulta utile e vantaggiosa anche per le colture erbacee.

Come noto, possono esservi anche consociazioni di tipo negativo (che andrebbero evitate) per le quali si manifesta un’influenza svantaggiosa o negativa (antibiosi). In altri termini si potrebbe parlare di simpatia e antipatia tra piante con tutte le conseguenze del caso.
E possono esservi anche consociazioni di tipo neutrale, cioè senza alcuna influenza diretta o indiretta sullo sviluppo della pianta, dunque indifferente.

Oltre all’interazione che vede coinvolta la parte aerea delle piante vi è anche una interazione tra piante che vede coinvolta la parte sotterranea (apparato radicale, sottosuolo) poiché la radice secerne e rilascia nel terreno diversi composti organici sotto forma di essudati radicali che possono influire sullo sviluppo di altre specie sia in maniera positiva che negativa (a seconda dei casi e della complementarietà tra specie diverse).
Inoltre gli apparati radicali entrano in simbiosi con svariati organismi, con micorrize, funghi ed altri microrganismi terricoli generando una rete sotterranea estesa in grado di migliorare e amplificare la funzionalità della radice contribuendo attivamente alla vita del suolo nel suo insieme determinandone l’evoluzione.

Ma può generarsi anche competizione tra piante per quanto riguarda l’approvvigionamento di nutrienti e acqua. Anche la profondità di un determinato apparato radicale può influire su questo aspetto.

Inoltre vi sono specie vegetali in grado di produrre e immettere nell’ambiente composti chimici che esercitano effetti negativi e inibitori sullo sviluppo e sull’accrescimento di altre specie oppure sulla germinazione dei semi; questo aspetto non riguarda solamente la pianta ma coinvolge anche i microrganismi ad essa correlati (che la interessano), i quali sono co-responsabili di questo fenomeno. Queste sostanze molto spesso vengono rilasciate dalla pianta nel terreno a seguito del metabolismo della stessa comportandosi come fitotossine radicali. Questo fenomeno viene definito allelopatia e in alcuni casi può riguardare anche piante della stessa specie (autotossicità).
Il tutto si può tradurre in un minore sviluppo della pianta intera con conseguente diminuzione della resa poiché si tratta di fenomeni di antagonismo radicale o competizione chimica. Per questo motivo sono da evitare le consociazioni di tipo negativo.

Il fenomeno dell’allelopatia è maggiormente noto nel caso di determinate colture frutticole o arboree soprattutto quando vi è un reimpianto di un frutteto in successione ad uno della medesima specie. Tra le fitotossine radicali più note figurano l’amigdalina per il pesco, la florizina per il melo e lo juglone per il noce nero.
(segue)


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