agricolturabiologica

Senso e storia del biologico

Che cos’è l’agricoltura biologica? ..prima parte

L’agricoltura biologica è un metodo, definito da un regolamento europeo, relativo alla produzione di alimenti ottenuti attraverso un sistema di produzione descritto mediante una serie di «cosa si può fare». Nell’elencazione delle cose che «si possono fare», il regolamento esclude implicitamente tutto quello che non viene citato ed esplicitamente altre specifiche attività.
Non è decisamente facile definire «agricoltura biologica» o «biologico». Risulta più semplice descrivere attraverso la spiegazione di alcuni meccanismi cosa significhi applicare questo metodo di produzione.

È necessario chiarire sin da subito che quel che si vuol tentare di produrre in queste pagine non vuol essere una sterile proposizione di metodi o tecniche che, peraltro, dichiaro subito di conoscere in maniera approssimativa, non tanto per eccesso di modestia ma, in primo luogo, perché ogni metodo o tecnica può avere o meno successo sulla base di un numero talmente elevato di variabili che non si può a priori determinare e controllare e, in secondo luogo, perché si conosce bene solo quello di cui si ha esperienza diretta e lo si è potuto esercitare in posti, modi, periodi tra loro diversi.
Cercheremo infatti di dare alcune basi per poter valutare se un certo modo di operare risponde alle norme definite nel regolamento dell’Unione Europea numero 834 del 2007 e poi via via aggiungeremo ulteriori elementi che ci permettano di trovare il miglior modo (e questo migliore, ovviamente, sarà soggettivo) di definire, fare, proporre od acquistare biologico.
La descrizione sarà sicuramente «inquinata» da elementi che non sono propri di quanto troviamo nel regolamento sopraccitato ma, nella precisa volontà di offrire degli spunti di approfondimento, saranno spesso presenti riferimenti a metodi che potremmo definire figli del biologico o, addirittura, progenitori.
Lo stesso legislatore europeo ha incontrato una serie di difficoltà nella stesura del regolamento quando ha voluto mettere insieme esigenze, filosofie e approcci di persone che per percorso culturale, o solo per posizione geografica, avevano ed hanno un’enorme diversità.
Questa difficoltà traspare chiaramente dalla lettura distinta dei considerando (la premessa al regolamento) e del regolamento stesso poiché in molti punti la premessa sembra descrivere un metodo di produzione infallibile ed eticamente al di sopra di tutti gli altri, mentre nella lettura di «cosa si può fare» si incontrano alcuni dettagli che gli operatori biologici esistenti, ben prima della data di emissione del primo regolamento, non apprezzano perché ritenuti troppo «blandi».
In ogni caso siete invitati a leggere il regolamento (lo trovate in versione aggiornata sul sito di EUR-Lex ) per avere un’idea più chiara di quello che la legge definisce biologico.

La definizione dell’IFOAM

Nel 1972, per la prima volta su scala internazionale, c’è la volontà da parte dei componenti delle associazioni che promuovono localmente l’agricoltura biologica, di unire le loro forze fondando la Federazione Internazionale dei Movimenti per l’Agricoltura Biologica (od Organica nei paesi anglosassoni). Durante l’incontro viene definito con queste parole, concisamente, ma in modo molto efficace, il metodo:
L’agricoltura biologica comprende tutti i sistemi agricoli che promuovono la produzione di alimenti e fibre in modo sano socialmente, economicamente e dal punto di vista ambientale.
Questi sistemi hanno come base della capacità produttiva la fertilità intrinseca del suolo e, nel rispetto della natura, delle piante, degli animali e del paesaggio, ottimizzano tutti questi fattori interdipendenti.
L’agricoltura biologica riduce drasticamente l’impiego di input esterni attraverso l’esclusione di fertilizzanti, pesticidi e medicinali chimici di sintesi. Al contrario, utilizza la forza delle leggi naturali per aumentare le rese e la resistenza alle malattie.
In questa sintesi troviamo l’indicazione dei princìpi che sottendono questo sistema produttivo che, prima d’ogni altra cosa, deve essere sano socialmente. L’agricoltura non impatta solo sul pezzo di terra che viene coltivato dall’agricoltore, ma coinvolge un territorio e chi lo abita, senza esclusione alcuna.
Pochi anni prima era uscito il libro-documentario di Rachel Carson, Primavera silenziosa, (sua la frase: «Più riusciamo a focalizzare la nostra attenzione sulle meraviglie e le realtà dell’universo attorno a noi, meno dovremmo trovare gusto nel distruggerlo»), che denunciava i danni provocati da un sistema agricolo (e dall’indotto relativo) che era uscito dalla povertà e badava solo alla massimizzazione dei profitti, senza tener conto dei macroscopici costi relativi alla distruzione delle risorse naturali e all’inquinamento di acqua, terra ed aria. Questo libro accusava la sproporzione di un risultato a breve termine (la morte degli insetti parassiti) rispetto ad un danno a lunghissimo termine e gravissimi costi in termini di vite umane e distruzione dell’ambiente (basti pensare ad esempio al «Dieldrin», il cui uso è vietato dagli anni ’80, rintracciato ancor oggi a livelli preoccupanti in prodotti vegetali coltivati su terreni trattati all’epoca con tale insetticida).
Ci affidiamo quindi nuovamente alle parole scritte dall’IFOAM nel 2005 con lo scopo di rendere più chiara ed aderente ai tempi la precedente definizione, che non necessita di ulteriori parole di spiegazione data la sua chiarezza e completezza, oltre a dimostrare l’apertura alle diversità implicite nel far agricoltura biologica in culture e località anche molto diverse tra loro.

Biolcalenda novembre 2012


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