Additivi: una famiglia discutibile 1

 Il gruppo di additivi composto dall’anidride solforosa e dai suoi sali èoggetto di frequenti critiche da parte dei nutrizionisti a causa dei problemi connessi al loro impiego. Purtroppo l’adeguamento delle normativa Italiana a quella Europea ha peggiorato la situazione, non solo ampliando la gamma dei prodotti per iquali è consentito l’impiego di questi additivi, ma aumentandone la dosi massime e concedendo ad alcuni Stati membri deroghe perlomeno sospette (a questo proposito basta confrontare le quantità consentite per la Senape di Digione con quelle previste per tutti gli altri tipi disenape, oppure quanto è consentito per i vini italiani e per quelli francesi o tedeschi e austriaci….).


E 220 Anidride solforosa

L’anidride solforosa è un gas incolore di odore irritante e soffocante che si produce per combustione dello zolfo all’aria. Si sviluppa abbondantemente nelle emanazioni dei vulcani ed è facilmente solubile in acqua. Come additivo si usa negli zuccherifici per decolorare i succhi, in enologia per la conservazione del mosto, e del vino, della birra e dei succhi  di frutta e di carni insaccate, in quanto ha proprietà antimicrobiche.
Per l’uomo e per gli animali è irritante per le mucose e per le vie respiratorie: agisce come veleno del sangue e risulta avere un effetto di inattivazione nei confronti della vitamina B1. A deboli dosi può dare faringite acuta, perdita dell’odorato, del gusto, forte acidità delle urine, stanchezza, mal di testa e disturbi nervosi, in una sorta di lento avvelenamento. La sua dose giornaliera accettabile è di un massimo di 0,7 mg per kg di peso corporeo, ovvero circa 49 mg al giorno per un uomo che pesa 70 kg.
Può essere impiegata per conserve ittiche, crostacei freschi o congelati, frutta secca, sottaceti e sott’oli, marmellate, bevande a base di succhi di frutta, vini, aceto, funghi secchi.
Ancora una volta il problema non è l’effettiva quantità presente nel singolo alimento, quanto piuttosto la somma delle piccole quantità che può accadere di assumere nell’arco della giornata.
I problemi tecnici del suo impiego (come si è detto è un gas irritante e inoltre è più pesante dell’aria, quindi tende ad andare in basso) sono spesso superati facendo uso dei suoi sali, più pratici da usare ma che liberano anidride solforosa e quindi hanno gli stessi effetti:
E 221 Sodio solfito
E 222 Sodio solfito acido
E 223 Sodio disolfito
E 224 Potassio disolfito
E 226 Calcio solfito
E 227 Calcio bisolfito acido
E 228 Solfito acido di potassio

Una delle funzioni svolte dall’anidride solforosa è quella di sciogliere i coloranti che si trovano sulla buccia dell’uva, in modo da favorire il loro passaggio nella parte liquida del mosto. I solfiti liberano anidride solforosa quando vengono disciolti, e sono molto potenti; prevengono l’imbrunimento chimico ed enzimatico e per questo motivo vengono usati anche in alcune lavorazioni degli ortaggi.
Nel vino la precipitazione di alcuni coloranti e la presenza della cosiddetta “camicia”, che in linguaggio tecnico è detta casse, viene considerata un difetto piuttosto grave, allo stesso modo dell’imbrunimento dei vini bianchi dovuto all’ossidazione del ferro (casse ferrica); l’anidride solforosa (o i suoi sali), viene usata anche allo scopo di ostacolare la comparsa di questi gravi difetti, tuttavia il suo impiego prevalente è volto a selezionare la flora batterica dei mosti, in modo da combattere le muffe e alcuni lieviti anomali. In casi particolari, per esempio se le uve sono molto zuccherine e rischiano di dare un vino eccessivamente alcolico, i solfiti vengono impiegati per frenare la fermentazione.

continua sul prossimo numero

(Biolcalenda aprile 2011) 


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