Alchechengio

Physalis alkekengi L. – Solanacee 

Frutto commestibile della numerosa schiera delle solanacee dei nostri climi, contrariamente ai suoi parenti più noti (pomodoro, melanzana, peperone) di provenienza esotica.

Già nota a Dioscoride e a Galeno, la pianta è molto diffusa in Asia, in Europa e nelle regioni mediterranee, si trova allo stato selvaggio nei campi incolti, tra le macerie, lungo le rive dei fossi, nelle siepi ombreggiate, in luoghi umidi e sul terreno calcareo dal piano fino alle zone montane.

L’Alchechengio viene anche coltivato, I suoi bei fiorellini giallastri, solitari, disposti all’ascella della foglia si mostrano da maggio a giugno. Durante l’estate, il calice fiorale, dapprima piccolo e verde, si gonfia come un palloncino di carta e diventa rosso vivo.

Questa caratteristica ha dato il nome al genere, Physalis, che deriva dal verbo greco phusaô, gonfiare. I frutti sono nel mezzo di questo leggero involucro, maturano a settembre e assomigliano alle ciliegie, ma il loro sapore assomiglia vagamente al pomodoro.

Contrariamente ad altre piante officinali della famiglia: belladonna, giusquiamo, stramonio, tabacco, l’alchechengi non è molto tossico i suoi frutti si possono mangiare freschi, ma la dose massima non dovrebbe superare i 30 al giorno.

I frutti contengono acido citrico, un alcaloide, sostanze pectiche e resinose, zucchero (13,2 g x100g), olio grasso, tannino, criptoxantina (sostanza carotenoide, cioè composto organico a forma complessa trasformabile in vitamina A – 68 mg), fisaliele e vitamina C (39 mg).

L’Alchechengio è da sempre, usato come una pianta medicinale, per la cura della gotta, delle calcolosi e taluni edemi. Il decotto, ottenuto facendo bollire per 10 minuti in un litro d’acqua 60 g. di frutti contusi, fa diminuire la frequenza cardiaca, aumenta la diuresi e procede all’eliminazione dell’acido ossalico e degli urati.

Attualmente, tutta la pianta, esclusa la radice, si può usare per preparare un vino diuretico ( 50 g. di foglie e frutti contusi, macerati per otto giorni in un litro e mezzo di vino, filtrato alla fine); come diuretico antigottoso se ne prendono 15/20 grammi al mattino a digiuno (è utilissimo anche contro la renella), mentre se ne prendono da 60 a 100 g. come febbrifugo.

La conservazione della pianta richiede molta cura. Bisogna disporre le bacche in strato sottile nel forno, mentre le foglie si fanno essiccare lentamente all’ombra. Quando sono disidratate le bacche diventano molto grinzose e si possono ridurre in polvere.

 


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