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Le piante del bosco: Noce

Juglans regia L. ; Juglandaceae
Fioritura: aprile-maggio;  Parti raccolte: corteccia, foglie, frutti;  Tempo balsamico: corteccia dei giovani rami (primavera); foglie (primavera-estate); frutti (mallo: giugno-luglio; noci: estate)

Questa volta si potrebbe iniziare parlando di streghe, di filtri magici, di arcani rituali, che si celebravano sotto le frondi di questo albero e che la fantasia popolare tramanda ricordando il famoso e millenario “Noce di Benevento”, sotto i cui rami ogni venerdì le streghe si radunavano per i loro sabba infernali.
Storicamente è certo che a Benevento, al tempo dei Longobardi, vi era un grande noce, che era al centro di sfrenate feste estive in cui tutti ballavano, bevevano e la notte era alquanto movimentata. Ancor di più si festeggiava la notte di san Giovanni, al solstizio estivo.

Fu così che il vescovo Barbato, per togliere la tentazione, fece abbattere l’albero, ma non bastò perché, da allora, nella notte di S. Giovanni, noci e alberi si legarono da un vincolo magico, che non sfuggì all’attenzione popolare che in quella notte, la prima dell’estate, raccomanda di raccogliere ventiquattro noci, non una in più. Tutte venivano tagliate in quattro, messe i pezzi in un mezzo litro di alcool puro allungato con un mezzo bicchiere di marsala e aromatizzato con sei chiodi di garofano e un pezzo di scorza di cannella. Si versava il tutto in un vaso di vetro cui si aggiungeva un paio di etti di zucchero. Si tappava e si metteva al sole per venti giorni.
Successivamente si preparava uno sciroppo sciogliendo due etti di zucchero in un quarto di litro di acqua che venivano aggiunti al resto e lasciato riposare ancora per dieci giorni, al buio. Si filtrava per un paio di volte attraverso una garza e si imbottiglia va subito. L’optimum sarebbe stato raggiunto dopo tre anni. Questa è una delle tante storie narrate alla periferia di noci che esistono vicino casa, ma anche lontano, non piantati da mano umana, ma disseminati da corvidi e da roditori.

La specie cresceva spontanea in Asia Minore e si spingeva ad est fino al territorio afgano. Qualcuno sostiene che i Greci non lo conoscessero e che la loro Juglans regia, la famosa ghianda di Giove, fosse in realtà il castagno, che più tardi cedette il posto alla prestigiosa pianta, giunta dall’oriente. Tra gli autori romani, il primo a citarlo fu Varrone (116-27 a. C.) e vari etnobotanici ritengono che il noce sia stato importato proprio in quel periodo. Da allora non ha più conosciuto l’oblio.
Ora vive vicino a dimore dismesse, sul ciglio di qualche coltivo, sul limitare di alcuni boschi radi, e predilige siti solatii, terreni profondi e ricchi di sostanze nutrienti. E’ un bell’albero,  diritto, slanciato ed espanso, alto 10-20 m, avvolto da corteccia liscia, lucente, di colore grigio cinereo, nei giovani rami, poi ruvida, fessurata longitudinalmente e di colore più scuro. La chioma è ampia, ramificata e tondeggiante con rami grossi e robusti.

Le foglie sono caduche, alterne, imparipennate di cm 20-40, caratterizzate da un tipico odore gradevole, composte da foglioline di cm 5-11 ellittiche, acuminate, coriacee, penninervie con margine liscio ed intero. I fiori sono insignificanti, monoici: i maschili riuniti in amenti penduli, verdognoli, lunghi cm 10-15 sui ramoscelli dell’anno precedente; quelli femminili sono in gruppi di due o tre, compaiono all’apice dei rami dell’anno in corso. L’impollinazione è anemofila.

Quanto al frutto, è una drupa con epicarpo polposo, il mallo, un endocarpo legnoso, il guscio, e un seme, il gheriglio, con due cotiledoni divisi in quattro lobi, da diaframmi membranacei. Chi sarà stato il primo a vedere nella noce la raffigurazione del cervello umano? Similia similibus curantur e fu così che la noce, fin dal Medioevo, era valida per la cura delle malattie cerebrali perché “Dio aveva stampato sulle piante l’impronta delle loro virtù”. Perciò la cenere di mallo andava bene per tingere i capelli, la polvere dei gusci per le ferite al cranio, la pasta dei gherigli per curare la meningite, il succo di mallo per ringiovanire la chioma.
Ora, nelle malattie del cuoio capelluto, le foglie e il mallo esercitano un’azione astringente e antiforfora.

BRICIOLE D’ARCHIVIO

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Nux.; Nux juglans, sive regia vulgaris Tourn..

Loco
“Nasce per tutto ne i campi, et ne i colli. Hanno in odio le acque et però amano i Monti, et i luoghi freddi. E’ tanta inimicizia tra la serqua, et la noce che piantata l’una appresso dell’altra s’ammazzano”. (Durante)

Cocina
“Per non morir di fame, mangiavano le radici dell’erbe e facevano pane di radici di gramigna, di vinaccioli, di scorze di noce e di quelle forme di noce quando, quando s’è cavato l’oglio e di altre cose simili.” (Ghirardacci)
“… nuces… fruuntur post omnia fercula” (usano le noci dopo ogni piatto); “(nuces)… admiserunt etiam trite ovis et caseo atque piperi, unde carnes inde hiemali tempore impleantur” (mangiansi con uova, formaggio e pepe alla fine d’ogni pasto). (Bonvesin da La Riva)

Giovamenti / Nocumenti
“No fu mai sì contraria ombra di noce / a quale uom sia dal caldo afflitto e stanco, / quando vien che riposi el lasso fianco / sotto i frigidi rami, onde il nòce, / quanto quella finestra a noi feroce”. (Venuti)

Ricetta storica
Tagliarini con noce.
“Aqua, sale pevere e bolla, quando bolle mette giù, tienga la miscola, più bollano più crescano, e cotti, pista noce comme savore soda, stempera con aqua e mette su e mette zafarano, si vole poi fare di manco.”
(Manoscritto di ricette di Suor Maria Vittoria della Verde)

Taglierini con le noci
(Metti a bollire dell’acqua, mettici sale e pepe; quando l’acqua bolle metti giù i taglierini; la mestola si regga in mezzo; più bollono e più crescono. Cotti che siano pesta delle noci. Stempera con acqua e mettila sui taglierini aggiungendo zafferano di cui puoi anche fare a meno.)

Curiosità
Origine del nome

“Il noce è detto perché nuoce, imperoche la sua ombra è notevole agli altri arbori”. (De Crescenzi)


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