Il 2007 sta per finire. Il settimo anno del terzo millennio lo abbiamo dedicato a ciò che finisce, cioè alla vita materiale sulla terra.
Certamente alcuni lettori avranno provato disagio, per non dire fastidio all’argomento così ripetuto, "insistito", ma l’intenzione non è quella di deprimere ogni iniziativa per affermare che nulla è possibile e quindi attendere la fine, senza speranza, senza alternative se non godere del residuo che ci rimane, lasciando perdere futuro, figli e nipoti. L’intenzione non è quella di ribadire che non abbiamo nessuna eredità da tramandare ai posteri, ma anzi che il futuro è nelle nostre "mani" come non lo è mai stato nel passato.
La nostra responsabilità individuale è determinante nel scegliere la felicità o il godimento. Imparare e quindi insegnare, diffondere, convincere che il perseguimento della felicità è nel nostro potere d’azione; anche se per molti è ancora un’azione misteriosa quella che persegue la felicità, nondimeno è determinante per la salvezza, nostra e delle generazioni future. Alla fine della giornata, alla fine della settimana, alla fine del mese o dell’anno, ogni volta che individuiamo la fine di un ciclo abbiamo la facoltà di riassumere, di fare sintesi del vissuto e giudicarlo, elaborarlo e proiettarlo nel futuro diventando dei piccoli profeti.
La fine di ogni anno è una piccola fine del mondo trasformata in gioco di società, in cui l’imperativo è il godimento dei sensi, portato all’eccesso. In tal modo il giorno dopo, l’inizio del nuovo anno è all’insegna dell’infelicità, sia per assenza del godimento sia per l’oggettivo malessere determinato dall’eccesso, dalla rottura del ritmo.
Se godiamo della distruzione sia materiale che spirituale che determiniamo inevitabilmente con il nostro inutile consumismo, inebriandoci per alcuni istanti del potere satanico che gode nell’infliggere dolore, spalanchiamo in noi e davanti a noi, nel futuro, l’abisso apocalittico. L’infelicità è il regno del desiderio negato; il non voler riconoscere che siamo portatori di pulsioni maligne che si manifestano alla coscienza come desideri, porta molti di noi alla rinuncia della consapevolezza, alla fuga dalla responsabilità.
La fine dell’anno può essere motivo di rinascita nella coscienza che l’uomo non è solo "corpo e anima", ma ha un "quid spirituale", una scintilla d’eterno, che non è destinato alla morte, che è libero dalle leggi della materia, che può riconoscere il bene e il male, può amare. E’ la ricerca costante di questa preziosa scintilla, sepolta sotto le scorie che il tempo, la storia, la cultura dominante ha depositato su di noi. Lo indicavano gli antichi con il loro "Sole invitto", ma anche noi con l’evangelico bambino Gesù, nato nella stalla.