Dal latino Habitàre, (intensivo Habère – avere) con un senso proprio di:continuare ad avere. Più comunemente: Aver consuetudine in un luogo, abitarvi. Con, a cascata, una serie di significati aggregabili come: vivere in un luogo, risiedere, avere sede; residenza, stare, consistere,quindi essere consistente. Sede, dimora, dimorare – fermarsi in un luogo, ma anche Demorari: tardare, indugiare, attendere. Sito – situazione. L’avere casa ha un significato ampio e radicale per l’uomo da sempre o in ogni caso dall’origine delle civiltà stanziali.
Dalla caverna all’attuale macchina per abitare molti passi sono stati fatti, non tutti verso l’autentico bisogno di abitare.
Dalla caverna all’attuale macchina per abitare molti passi sono stati fatti, non tutti verso l’autentico bisogno di abitare.
La situazione oggi è tale che domina il non luogo, soprattutto nel mondo occidentale, per questo conta la quantità senza qualità, è desiderabile “avere” casa, meglio più case in qualsiasi luogo o in luoghi estranei ma di prestigio, con più alto valore aggiunto. La vita quotidiana è degradata a merce equivalente a denaro, per il misero che non ne ha, la casa diventa il massimo investimento della vita: “ Una vita senza casa è come un cielo senza stelle”. Da qui al consumismo abitativo il passo è breve.
Oggi una normale casalinga, ha a disposizione energia e macchine di servizio, senza paragoni con il passato; per avere gli stessi servizi, una ricca matrona romana avrebbe dovuto avere, un esercito di seimila schiavi, cosa impraticabile anche nella massima espansione dell’impero. L’abitare standardizzato del così detto occidente è in gran parte il risultato di un consumismo di massa che, esaltando paure e sofferenze individuali non coscienti, porta ad imitare stili di vita immaginari, anzi virtuali, apparentemente facili, ma fortemente degradati in qualità, paccottiglia deteriorabile, certamente insostenibili per l’ambiente, per l’economia.
Molte parti delle nostre città sono esteticamente simili a discariche di rifiuti, che produciamo vorticosamente; costruiamo come impacchettiamo una qualsiasi merce, l’involucro utile ad ingannare e vendere inutile per abitare. In Italia, abbiamo ancora esempi persistenti di un glorioso passato, modi di un abitare nella dignità e nella sobrietà, dove la persistenza dei materiali in connubio con la forma architettonica, sfidano i secoli, i terremoti; ma nulla può contro un modello economico finanziario simile ad un bombardamento a tappeto che distrugge ciò che altrimenti sarebbe indistruttibile. Il modello dominante della crescita per la crescita, prevede da distruzione sistematica di quanto è duraturo, sia natura o territorio, sia urbanesimo o consuetudine di un luogo.
Per cui la casa nell’epoca della globalizzazione torna ad essere più simile ad una provvisoria caverna o capanna adatta a dimore brevi di nomadi senza “demorari” che non indugiano, non tardano, non attendono, non pensano, ma si muovono seguendo il branco – banca, l’irresistibile religione del Denaro che promette d’avere tutto, per “essere” niente, morti nell’anima prima che nel corpo.
Oggi una normale casalinga, ha a disposizione energia e macchine di servizio, senza paragoni con il passato; per avere gli stessi servizi, una ricca matrona romana avrebbe dovuto avere, un esercito di seimila schiavi, cosa impraticabile anche nella massima espansione dell’impero. L’abitare standardizzato del così detto occidente è in gran parte il risultato di un consumismo di massa che, esaltando paure e sofferenze individuali non coscienti, porta ad imitare stili di vita immaginari, anzi virtuali, apparentemente facili, ma fortemente degradati in qualità, paccottiglia deteriorabile, certamente insostenibili per l’ambiente, per l’economia.
Molte parti delle nostre città sono esteticamente simili a discariche di rifiuti, che produciamo vorticosamente; costruiamo come impacchettiamo una qualsiasi merce, l’involucro utile ad ingannare e vendere inutile per abitare. In Italia, abbiamo ancora esempi persistenti di un glorioso passato, modi di un abitare nella dignità e nella sobrietà, dove la persistenza dei materiali in connubio con la forma architettonica, sfidano i secoli, i terremoti; ma nulla può contro un modello economico finanziario simile ad un bombardamento a tappeto che distrugge ciò che altrimenti sarebbe indistruttibile. Il modello dominante della crescita per la crescita, prevede da distruzione sistematica di quanto è duraturo, sia natura o territorio, sia urbanesimo o consuetudine di un luogo.
Per cui la casa nell’epoca della globalizzazione torna ad essere più simile ad una provvisoria caverna o capanna adatta a dimore brevi di nomadi senza “demorari” che non indugiano, non tardano, non attendono, non pensano, ma si muovono seguendo il branco – banca, l’irresistibile religione del Denaro che promette d’avere tutto, per “essere” niente, morti nell’anima prima che nel corpo.
(Biolcalenda aprile 2011)