L’editoriale di Aprile

Ahriman
La condizione della vita umana sulla terra, così legata alle relazioni di reciprocità o di contrasto, diventa incomprensibile se manca un termine di paragone. Alcuni elementi sono così noti da apparire banali: come definire il giorno senza la notte, la luce senza le tenebre, il bianco senza il nero e così via. Semplice ed elementare, per una mentalità primitiva che ritiene la percezione del mondo materiale l’intera realtà, ma è veramente così?

Angra Mainyu (avestico) o Ahriman e Arimane (pahlavico) o Ahriman (persiano moderno) è, nella religione mazdeista, il nome dello spirito malvagio guida di una schiera di “demoni” indicati come da?va. Alcuni studiosi ritengono che la figura di Angra Mainyu abbia ispirato negli ebrei la figura di Satana, come avversario di Dio, questo dopo il ritorno dell’esilio in Babilonia (VI secolo a. C.). Voltaire lo cita nel Dizionario alla voce “Bene”. Giacomo Leopardi, nell’inno “Ad Arimane” (abbozzo del 1833), lo definisce “Re delle cose autor del mondo, arcana malvagità, sommo potere e somma intelligenza, eterno dator dei mali e reggitor del mondo”. Certamente non può essere confuso con l’altra figura demoniaca “Lucifero”, così luminoso e arrogante a sé le caratteristiche divine. Quindi per contrapposizione Arimane risulta il tenebroso, l’oscuro creatore della materia, degli oggetti che distraggono dalla coscienza di Sé, che ottenebrano.

E’ curioso come noi oggi definiamo la tecnologia, che dovrebbe essere considerata il risultato dell’arte e dell’ingegno umano, come cosa buona, sempre buona; è semmai l’uomo a farne un uso improprio o cattivo. Chi ha suggerito l’assurdo? La tecnologia, dalla più semplice alla più complicata, è sempre il risultato di “idee”, cristallizzate, materializzate, potremmo dire che ogni tecnologia è ideologia applicata. Non dovremmo mai considerare la tecnologia cosa buona, in quanto è per sua natura immorale, con uno scopo definito per sempre immutabile. Ad esempio uno strumento tecnico, molto semplice, come il martello elaborato dall’uomo dall’età della pietra è ideologicamente un male, è pericoloso sempre, quando lo usiamo e quando lo riponiamo, è fatto per colpire con forza ed è indifferente a quello che colpisce, sia un chiodo sia un dito.  Il problema è che l’uomo non vuole confrontarsi coscientemente con il “male”.

Per pigrizia o per paura non vuole ammettere a sé stesso che è costantemente immerso e strattonato tra due correnti contrapposte: bene e male, luce e tenebre, Lucifero e Arimane. Come conseguenza l’uomo perde l’Io, la coscienza di Sé e diventa strumento, oggetto anziché soggetto, continuamente sballottato tra fanatica arroganza luciferica ed efficienza materiale arimanica. Il male e il bene come luce e ombra sono categorie “costantemente presenti” e sono sfide morali “costantemente attive” che dovrebbero sollecitarci ad essere “svegli”. Noi usiamo sempre “il male” dobbiamo ammetterlo e anche quando ci industriamo per usarlo “bene”, non mutiamo la sua natura. Il fascino che suscita in noi l’idea dell’oasi utopia, un luogo che non esiste, dove non c’è lotta e contrapposizione, dimostra che in noi è presente la nostalgia del sonno profondo senza sogni di origine luciferica, ma contemporaneamente anche la disponibilità all’acquiescenza, alla sottomissione al “re delle cose autor del mondo …”.

Un’ultima osservazione, non vi sembra che in questo momento storico l’attività arimanica sia potente?  non ci mancano le cose purché ci si sottometta al Denaro. Nessuno o pochi si domandano che le cose sono troppe e malefiche. 

Biolcalenda Aprile 2012


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