L’editoriale di febbraio 2013

Riproviamoci

La politica è cosa seria, difficile, per persone oneste che decidono di dedicare qualche anno della loro vita al bene comune, rinunciando ai propri legittimi interessi. Se conoscete qualcuno con queste caratteristiche, votatelo. Non è detto che riuscirà a migliorare di molto i difetti strutturali del nostro Paese, profondamente disonesto, ma almeno non saremo complici di quella maggioranza di «furbi» impuniti, che domina da sempre l’Italia.
 

Non lasciatevi tentare dall’inganno percettivo in cui la menzogna diventa verità che esalta e attira i nostri difetti, egoismi, opportunismi e ogni oscura e inconfessabile pulsione inconscia che si libera nel voto segreto. Alla fine il voto non è per niente segreto e il giorno dopo è noto al mondo intero, non il nostro singolo voto, ma il nostro voto collettivo.

Essendo gli italiani ladri hanno eletto il re dei ladri. Essendo mafiosi, banchieri, industriali, hanno eletto il loro campione. Quando mai eleggeremo persone onorevoli, cioè note per la loro onestà, note per aver dedicato la propria vita al bene della comunità?

L’unica rivoluzione fondamentale, che libererebbe il nostro Paese da una secolare condizione di arretratezza e schiavitù, è l’onestà. L’onestà è la virtù che ci libererebbe dalla burocrazia: fatta, gestita e applicata da disonesti per alimentare ricatti e corruzione, potere irrazionale. L’onestà applicata all’economia renderebbe ecologica la produzione, il trasporto e la distribuzione delle risorse, mentre oggi tutto è dominato dalla diffidenza motivata dal ladrocinio sistematico, per cui tutti, anche gli onesti, applicano una difesa passiva tentando di essere derubati un po’ meno.

La condizione paradossale in cui ci troviamo è così alterata che diffidiamo soprattutto degli onesti o che ci appaiono tali, ritenendoli più bravi ad ingannare oppure idealisti utopici, che rapidamente verranno spazzati via dal potere «potente» del ladrocinio legalizzato, dal sistema finanziario.

Siamo quindi senza scampo, senza speranza, in una trappola senza vie d’uscita? La risposta è in noi, in ognuno di noi. Se pensiamo di essere più furbi degli altri; se pensiamo che l’onore è cosa d’altri tempi o per «perdigiorno» e ciò che conta è fare soldi il più in fretta possibile; se pensiamo che cogliere l’occasione e adeguarsi al potere, diventando più realisti del re, è lo scopo della politica; allora abbiamo le caratteristiche della vittima del «pacco», che, per essere truffata, deve credere di truffare.

Se invece pensiamo che la politica sia un’arte della massima complessità in quanto deve elaborare l’accordo, non solo tra esseri viventi con necessità materiali e quindi economiche che ci rendono Fratelli nella comunità, ma anche tra Uguali per diritti e doveri quindi onestamente sottoposti alla legge e inoltre tra Liberi di pensare e credere, elaborando cultura e interpretazione della realtà, allora e solo così possiamo immaginare il futuro.

Quasi certamente il nostro prossimo futuro dovrà affrontare la drammatica condizione economica (Fratellanza), che tradotto per brevità significa distribuzione delle risorse, che in uno stato moderno significa tasse. Il disonesto dirà: «Meno tasse»; l’onesto dirà: «Equità»; il ladro, che non le paga, dirà: «Troppe tasse, per uno Stato inefficiente».

Un’ultima considerazione: la cosiddetta crisi non può terminare, alla crescita del PIL ci può credere solo un pazzo o un economista teorico, che giustifica una finanza separata dall’economia come fonte di reddito e fortuna. Come dire: «Gratta e vinci»…

Biolcalenda febbraio 2013


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