L’editoriale di settembre 2014

Parole al vento

La frase viene usata per commentare il discorso di qualcuno quando usa parole per non essere capito, oppure, è ugualmente valida, quando si parla con chi non vuol sentire. Sostanzialmente rappresenta il pessimismo sull’efficacia della parola, l’inconsistenza dell’attività verbale sulle cose, sulla realtà materiale.

La negazione dell’efficacia della parola è il tentativo di fermare l’evolversi della realtà al suo stato di massima materializzazione, come dire ciò che conta è la forza bruta, la guerra sulla pace, la sopraffazione, l’ingiustizia, la disuguaglianza sulla moltitudine da parte dei pochi privilegiati, forti, ricchi, potenti.

Il pessimismo della ragione che può colpire tutti gli esseri pensanti in un momento della storia come quello che stiamo attraversando dove proprio “l’eccesso di parole” porta alla difficile distinzione di ciò che è vero dal falso. Distinguere la truffa globale da quella del vicino prossimo diventa improbabile, perché richiede competenze che il singolo raramente possiede, per cui si diventa diffidenti universali, sordi e ciechi volontari.

Una società in cui si interrompe per diffidenza reciproca una sana comunicazione, verbale o non verbale, è senza politica, senza aggregazione possibile quindi inesistente, destinata ad essere spazzata via come foglie morte dal vento. Il vento è “parola” ed è la nostra caparbietà a non voler ascoltare e capire che c’impedisce un dialogo con gli elementi della natura. Gli antichi Greci indicavano lo spirito dell’uomo con la parola “pneuma” (soffio) per distinguerlo da psiche (anima), più connessa con aspetti istintivi e sensibili.Il soffio sonoro che diventa verbo portatore di volontà creatrice è la nostra origine (qualcuno crede al Big Bang) e dopo millenni di evoluzione ora l’uomo comincia a cogliere che la “parola” originata dal proprio pensiero volitivo ha la stessa sostanza del divino.

Certo è molto lontano il tempo in cui l’umanità saprà utilizzare il “Verbo”; intanto ci esercitiamo a usare “le parole come pietre”, indicando in ciò una volontà di conflitto, a parole però! Un passo avanti sarebbe usare “le parole come mattoni” per costruire un’interpretazione della realtà in cui non ci sia posto per l’inganno come oggi viene fatto con grande strepito attraverso i media (comunicazione di massa). Un passo ulteriore verso un mondo umano liberato dalla corruzione, l’ingiustizia, la guerra ci sarà quando anziché “come pietre” lanceremo le nostre parole al vento e il vento diventerà parola. Se ciò avverrà sarà in un tempo lontano, utopico, che nessuno delle generazioni attuali vedrà eppure, se osserviamo la realtà virtuale che ci circonda da ogni dove, dovremmo notare come un’imitazione di futuro induce sempre più umani a utilizzare “parole impulso”, elettrico o elettronico, visioni lontane, ma attualissime.

Direi che ciò che conta è che le nostre parole abbiano l’intrinseca volontà di essere capite, poi, come un seme portato dal vento cadranno in terreni facili o difficili, ma non saranno mai inutili. Come l’ululato del lupo in una notte di luna piena è portato lontano dal vento per alcuni esseri è un richiamo d’amore per altri di terrore, chi lo sente, anche se non lo capisce, lo ricorda per sempre.

 

Biolcalenda settembre 2014


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