La produzione di cibo modifica l’ambiente. E viceversa.
Un rapporto che, da troppo tempo, non produce niente di buono. Letteralmente. Dall’agricoltura industrializzata e dagli allevamenti intensivi ricaviamo cibo nutrizionalmente scadente, poco gustoso, che fa ammalare.
Oltre a provocare danni importanti all’ambiente. Accogliamo dunque con (moderata) speranza le parole degli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) che qualche mese fa hanno attirato l’attenzione di tutti sulla relazione che esiste tra la conduzione degli allevamenti intensivi e il problema dell’antibioticoresistenza: “È tempo di ridurre, rimpiazzare e ripensare l’uso degli antibiotici negli animali. Ridurre l’uso degli antibiotici negli animali da reddito, sostituirli ove possibile e ripensare il sistema di produzione del bestiame è fondamentale per il futuro della salute animale e di quella pubblica. La resistenza agli antibiotici è uno dei problemi di salute pubblica più pressanti al mondo e l’uso degli antibiotici negli animali contribuisce al problema. Limitarne l’uso al minimo necessario è dunque cruciale per curare le malattie infettive negli animali”.
Ovviamente, la notizia non è che queste cose si scrivano su questa benemerita rivista o che vengano gridate da qualche esponente del mondo vegetariano o vegano. La novità è, lo ripeto, che queste siano affermazioni provenienti dall’EFSA e dall’EMA, gli organismi tecnici europei che si occupano di sicurezza alimentare e di farmaci.
Che l’allevamento degli animali per ricavarne alimenti (carne, ma anche latte e uova) sia oggi una delle attività umane più problematiche è noto da tempo. Una attività che sollecita discussioni e solleva interrogativi da più punti di vista: ambientali, ma anche economici, sociali, etici, salutistici, ecc.
Gli esperti precisano che l’uso degli antibiotici negli animali deve essere ridotto al minimo. Tranne casi eccezionali, il loro uso per prevenire le malattie dovrebbe essere gradualmente abbandonato a favore di misure alternative.
Aggiungono gli esperti che le alternative agli antibiotici che hanno dimostrato di migliorare la salute degli animali comprendono vaccini, probiotici, prebiotici, batteriofagi e altri presidi. Tuttavia, confessano gli specialisti, ridurre l’uso degli antibiotici e trovare alternative non basta. Occorre ripensare totalmente il sistema zootecnico e le tecniche di allevamento.
Tutto bene, certamente. Tuttavia, l’impressione è che si voglia “oliare” e rendere più sostenibile un sistema di produzione del cibo animale che oggi non può comunque più stare in piedi.
Dalla nostra modestissima tribuna, ci permettiamo di suggerire di aprire lo sguardo su un’altra possibilità: investire energie e risorse per comunicare a tutti, grandi e piccoli, che del cibo animale si può fare a meno e che la dieta salutare e rispettosa dell’ambiente è quella basata largamente sui vegetali.