“Naturalmente carnivori”. Lo leggo, leggermente stupito per la spudoratezza dell’affermazione, scritto bello in grande su un furgone bianco a lato della ciclabile che mi porta verso casa. Naturalmente carnivori? Ohibò! Metto il piede a terra e osservo meglio: il furgone è quello di una ditta che consegna ai bar e ai punti di ristorazione salumi e altri prodotti a base di carne.
Che al mondo ci sia spazio per tutti, anche per chi vive e lavora commerciando carne, è cosa ovvia, anche se io penso che le cose andrebbero meglio per tutti se ci fossero in circolazione più furgoni (o, magari, bici-cargo) che distribuiscono cereali integrali, legumi, mandorle, frutta e verdure. Ma che contemporaneamente alla consegna di salami, prosciutti e hamburger si diffondano anche affermazioni false mi sembra veramente eccessivo. Quando mai l’essere umano è stato “naturalmente” carnivoro? Durante la scuola elementare la benemerita maestra Ida mi insegnò che gli umani non sono carnivori, ma onnivori, cioè adatti per avere una dieta variata che comprenda alimenti di origine animale e vegetale. Lo afferma, tra l’altro, anche la moderna scienza dell’alimentazione che precisa, alla luce delle ricerche più aggiornate, che frutta e verdura, cereali integrali, legumi e semi oleosi dovrebbero costituire la parte più importante della razione giornaliera. Altro che carnivori! I carnivori hanno bocca, stomaco, intestino, estremità (e sicuramente anche cervello) adatti per procacciarsi e per digerire una preda. Tutte strutture anatomicamente e funzionalmente ben diverse dalle nostre che, a partire dai denti e dalla lunghezza dell’intestino, testimoniano in modo inequivocabile che il nostro cibo naturale è proprio quello vegetale, mentre invece gli alimenti di origine animale dovrebbero costituire solo una modesta integrazione. Che può anche mancare parzialmente (nei latto-ovo-vegetariani) o totalmente (nei vegani) senza che questo pregiudichi necessariamente la qualità della dieta e la salute.
Anzi! Se queste diete sono impostate correttamente (meglio, almeno all’inizio, con l’aiuto di un medico competente), sono addirittura consigliate per la prevenzione e la cura di parecchie patologie.
Sempre a proposito di pubblicità (“l’anima del commercio” si diceva una volta), mi sembra di ricordare che fino a qualche anno (o forse qualche decennio?) fà, la pubblicità degli alcolici in televisione fosse vietata fino a ore tarde. In pratica, chi andava a letto a orari decenti “rischiava” di non vedere mai nessuno spot di birra, amari, spumanti, ecc. Preso atto che in questi tempi la pubblicità di bevande alcoliche mi sembra notevolmente aumentata, sono andato a cercare la relativa normativa oggi in vigore. Ho scoperto che la legge 30 marzo 2001, n. 125 proibisce la pubblicità di queste bevande solamente nella fascia oraria dalle 16 alle 19, presumibilmente quella nella quale gli spettatori minori sono davanti allo schermo. D’accordo: ogni legge è il risultato di un compromesso. Tuttavia, cercare compromessi con chi bara non mi piace.
Qualche mese fa è stato pubblicato sulla rivista Drug and Alcohol Review uno studio condotto da scienziati della London School of Hygiene and Tropical Medicine e dello svedese Karolinska Institute. Ebbene, secondo i ricercatori, l’industria dell’alcool negherebbe o distorcerebbe le informazioni sul rischio di sviluppare un cancro in seguito all’assunzione di bevande alcoliche. Una convinzione alla quale sono arrivati dopo aver analizzato le informazioni sul cancro presentate sui siti web e sui documenti di quasi 30 organizzazioni del settore delle bevande alcoliche in tutto il mondo. In realtà, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’alcool è un fattore di rischio ben consolidato per una serie di tumori, tra cui quelli a bocca, fegato, seno, colon e intestino. E il rischio aumenta con l’aumentare dei livelli consumati.
Usate il vostro senso critico, soprattutto quando siete davanti a una comunicazione pubblicitaria.