La terra e la visione del mondo
Abbiamo visto, nell’articolo precedente (La Terra 1), come, a partire dal secolo XV, si sia sviluppata una visione materialistica del mondo e come questa visione porti a spezzare l’unità armonica del mondo, introducendo un dualismo che vede, da una parte, una scienza che si basa sui numeri e sulle quantità e, dall’altra, una religione che si basa sui dogmi e sulla fede.
La conoscenza non è più una sintesi armonica delle varie componenti fisico-animiche-spirituali dell’uomo ma si sviluppa in due tronconi che spesso sono fra loro in contrasto e che provocano nell’uomo gravi contraddizioni.
Non era così per l’uomo antico che aveva una visione del mondo completamente diversa. Per i nostri progenitori, infatti, non esisteva neanche la materia o meglio, essa era solo apparenza, era “maya”, e la vera realtà era solo quella dello spirito. Tutte le loro azioni erano informate a un contatto diretto con il mondo dello spirito, con gli dei delle varie tradizioni, che, palesemente, o in sogno, comunicavano a loro il modo migliore di agire. Tutte cose che sono ampiamente descritte nei testi sacri delle varie religioni e che, noi moderni, tendiamo a spiegare come frutto di immaginazione di una umanità ancora allo stato infantile.
Abituati come siamo a considerare le nostre conoscenze e le realizzazioni pratiche da esse derivanti, siamo portati a dare un giudizio di sufficienza nei confronti dei nostri antenati. Ma se ci caliamo nell’intimo di quelle antiche civiltà e studiamo a fondo i documenti che ci sono pervenuti, come edifici, sculture, scritture, allora ci accorgiamo che quelle civiltà avevano un patrimonio di saggezza e di conoscenze ben più ampio delle nostre. Lo stanno a dimostrare la grandiosità delle opere come, ad esempio, le piramidi e i templi egizi. Opere che, al di là del loro indiscutibile pregio artistico, ci dimostrano le straordinarie capacità matematiche e tecniche che dovevano avere i loro costruttori. Dover maneggiare e posizionare blocchi di granito pesanti fino a 250 quintali, per costruire colonne, pilastri, architravi con una statica così perfetta da poter resistere a distanza di migliaia di anni, non era certo opera di uomini ingenui o primitivi. Si aggiunga poi che il granito di cui sono fatte dette costruzioni non si trova in loco ma doveva essere trasportato da cave che si trovavano a circa 1000 Km. di distanza. Le costruzioni, inoltre, dovevano fungere da catalizzatori delle energie cosmiche, per cui le stanze sacre con gli altari e le statue del culto, le tombe con i loro sarcofagi, dovevano essere poste in relazione con particolari aspetti del cielo stellato, con ciò dimostrando una conoscenza astronomica e una capacità di calcolo davvero straordinarie.
Certo, molte ipotesi si sono fatte, molte teorie su quali tecniche abbiano utilizzato gli antichi egizi per costruire i loro monumenti, ma certezze nessuna, e l’unica ipotesi plausibile è che quegli uomini possedessero delle capacità superiori che noi oggi abbiamo perso.
Naturalmente lo stesso discorso si può fare per altre antiche civiltà che si sono sviluppate in altre regioni della terra come la civiltà andina, o quella indiana o altre, le cui testimonianze stanno a sfidare da secoli o da millenni il logorio del tempo.