inceneritori

Da qualche parte dovremo pure metterli!

Che cosa? Ma i rifiuti, naturalmente.

Che l’Uomo (scritto con la u maiuscola) sia il principe dell’Universo è un fatto inconfutabile. L’ha detto lui parlando di se stesso, e chi meglio di lui può conoscere i fatti propri? E non solo è un principe, ma è un principe di stampo medievale.
 

Anzi, andando proprio all’origine della filosofia del diritto, si va ancora più indietro: si va al giurista Eneo Domizio Ulpiano che visse a Roma tra secondo e terzo secolo della nostra era. Leggendo le sue Costitutiones Principum , infatti, ci s’imbatte nella frase “Quod principi placuit, legis habet vigorem” , il che, detto per i non latinisti, significa che ciò che è piaciuto al principe ha vigore di legge.

È così che, se pure l’Universo ha le sue regole, nella nostra visione del mondo la Natura non potrà esimersi dall’inchinarsi davanti a ciò che piace a noi che l’Universo lo dominiamo a nostro capriccio per nostro stesso decreto.

Dopo quindicimila secoli, anno più, anno meno, passati a vivere come qualunque altro animale, noi Uomini abbiamo cominciato a differenziarci per la capacità di accendere il fuoco e d’implementare, grazie a questo, le prime, timide tecnologie. È così che, con la conseguente capacità di fabbricare manufatti, noi abbiamo introdotto in Natura qualcosa di fino ad allora sconosciuto: i rifiuti. Non rifiuti qualunque: rifiuti assoluti comunque li si guardi.

In Natura non si butta niente: ciò che per un essere vivente è uno scarto inutilizzabile è vitale per un altro, e così l’equilibrio delicato su cui danza il Pianeta resta salvaguardato. Si tratta, beninteso, di un equilibrio tutt’altro che fisso: di fatto è un equilibrio che muta con il tempo, ma lo fa lentissimamente, senza scosse. Ecco, allora, che nei quattro miliardi molto abbondanti di anni in cui la Terra ha ospitato forme di vita si sono avvicendate creature che hanno goduto di splendori per poi declinare quando l’equilibrio si era spostato in modo a loro sfavorevole.

È accaduto – e il fatto è notissimo – che almeno un caso di declino sia stato in realtà un precipizio: l’estinzione dei dinosauri o, meglio, dei grandi rettili che per almeno 160 milioni di anni erano stati i signori più vistosi del Pianeta. Tutto in un attimo 65 milioni di anni fa a causa, almeno stando alla rivista Science, dell’impatto della Terra con un enorme meteorite, impatto che, tra gli altri sconvolgimenti, causò lo sprigionamento di polveri in quantità sufficiente da impedire per lungo tempo al Sole di scaldare l’atmosfera. Questo con tutto quanto ne conseguì in termini di produzione di vegetali e di sopravvivenza di animali indispensabili inseriti nella catena alimentare di allora.

Fatta salva la famosa profezia dei Maya che ci vede tutti morti entro l’anno, la specie umana si sta dando da fare a maniche rimboccate per togliere il disturbo, perché, ad essere obiettivi, la nostra presenza disturbo è.

Con tutta la migliore volontà del mondo, noi non ce la facciamo a produrre lo sconquasso che ha cancellato i dinosauri, ma la strada intrapresa non si discosta poi di molto.

Se si dà un’occhiata a quanta anidride carbonica è presente in atmosfera, si vede che nell’anno 1800 questa era concentrata in 280 ppm (parti per milione). Esattamente un secolo più tardi questa era salita di cinque punti. Ottant’anni dopo si era balzati a 338, nel 2000 le ppm erano diventate 370, nel 2006 erano 380 e nel 2009, 390. Al di là dell’effetto serra di cui la CO2 è tra i fattori responsabili, noi quel gas non possiamo respirarlo e, con la tendenza che mostrano i numeri, c’è poco da stare allegri. Non meglio va con la nostra produzione di metano, il più semplice degl’idrocarburi, che, quanto ad effetto serra, surclassa l’anidride carbonica.

Ma c’è pure il problema sempre più grave delle polveri, un problema nei confronti dei quali si fanno montagne di chiacchiere ma per cui, in effetti, non si fa quasi nulla quando non, addirittura, s’interviene in modo “cosmetico” peggiorando di fatto la situazione come avviene con i famigerati filtri antiparticolato per i motori Diesel.

E, per tornare finalmente all’incipit di questo articoletto, una frazione imponente delle polveri viene dal trattamento termico dei rifiuti, da quegl’impianti scientificamente irrazionali che sono gl’inceneritori o, come è ormai uso denominarli truffaldinamente, i “termovalorizzatori”. Questi partoriscono quantità immani di polveri sottili ed ultrasottili, le più tossiche perché le più penetranti nell’organismo, e quello che non finisce in aria finisce “da qualche parte”. Quel “qualche parte” sono le discariche, sono i cementi ai quali vengono follemente mescolate, sono gli asfalti e, in definitiva, è dovunque l’occhio non le veda. Purtroppo, però, l’organismo le vede più che bene e reagisce in modo a dir poco scorbutico.

Un po’ grottescamente, rifiutando come facciamo le tecniche di riduzione dei rifiuti, del riciclo, del riuso e della sostituzione dei materiali correnti con quelli, pure disponibili, “amici della Natura”, rischiamo sempre più seriamente di finire come i dinosauri, con l’aggravante ben poco romantica che non sarà uno spettacolare meteorite ma la valanga di rifiuti del modo di vivere che pretendiamo di condurre a tirare il sipario. Il tutto nella più completa indifferenza della Natura alla quale, in fondo, di noi e della nostra autoattribuita, forse un po’ ingenua nobiltà non importa nulla.

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Biolcalenda di Giugno 2012


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