Evidentemente troppo comodo per tanti e troppo redditizio per qualcuno. Stephanie Seneff, scienziata del Massachusetts Institute of Technology, una delle massime università mondiali, ha scoperto da qualche anno che il glifosato sta pure in diversi vaccini
Con il brevetto scaduto diversi anni fà, ora non è più la sola Monsanto a vendere la N-(fosfonometil) glicina, glifosato per gli amici: ora sono in più di quaranta. Ma Monsanto è sempre saldamente al primo posto.
La prima sintesi risale agli Anni Cinquanta, in Svizzera, per opera di un chimico chiamato Henry Martin, dipendente della ditta Cilag, fin dal 1959 sussidiaria della Johnson & Johnson. Evidentemente la molecola non fu trovata interessante e, nell’ambito di quella società, non ebbe storia. Fu nel 1964 che l’americana Stauffer Chemical la brevettò come chelante, essendosi accorta che reagiva efficacemente con vari elementi metallici. Questo dato è importante per quanto scriverò in seguito. Per quanto concerne allora, grazie a questa proprietà, il prodotto trovò impiego per disincrostare tubi e grandi recipienti industriali. Poi, all’inizio degli Anni Ottanta, l’azienda ebbe qualche problema con la giustizia e, di fatto, dopo qualche passaggio di mano, svanì nel nulla.
Fu la Monsanto ad accorgersi di quanto il glifosato fosse mortifero per tutte le forme di vita vegetale e, allora, non si lasciò sfuggire l’occasione per brevettarlo e per farne un prodotto, il Roundup®, di enorme successo. Chi doveva disfarsi delle erbacce lo trovava comodissimo e così, mentre morivano i fiori, fioriva il mercato. Che si trovi con una discreta abbondanza nel terreno e nelle falde acquifere pareva non interessare a nessuno allora e, stando ai fatti, la cosa è ricevuta anche oggi con grande indifferenza dai legislatori.
Il prodotto viene venduto a varie concentrazioni e, di norma, contiene aggiunte di tensioattivi anti-schiuma, coloranti, vari biocidi e prodotti assortiti per regolare il grado di acidità. Come è quasi la norma, quando si è in presenza di una mistura di prodotti chimici e se proprio di quella mistura si vuole stabilire l’eventuale nocività, si valuta quanto sia tossico ognuno dei componenti e ci si ferma lì. Purtroppo si tratta di un errore grave perché in tossicologia, ahi noi, uno più uno non sempre fa due. Anzi, non lo fa quasi mai, essendo gli addendi reciprocamente sinergici, vale a dire che si potenziano l’un l’altro. Così, se già due addendi rendono difficile stabilire quale sia la loro somma tossicologica, quando gli addendi sono tanti la cosa diventa di fatto impossibile. Nel caso specifico, poi, spesso compaiono componenti del prodotto finale che sono particolarmente tossici, addirittura, forse, più del glifosato stesso, e il tensioattivo poliossietilenamina (POEA) può costituire un esempio. Quello che è difficile negare è che POEA più glifosato facciano una miscela che l’organismo non gradisce.
Giusto per dare un elenco stringatissimo dei guai che ingerire il prodotto può provocare, mi limito a ricordare che si verificano effetti corrosivi su tutto il tubo digerente a partire dalla bocca; reni e fegato sono danneggiati a causa di un minore afflusso di sangue, sopravvengono gravi disturbi respiratori, aritmia, acidosi e iperpotassiemia. In qualche caso si muore pure e nel marzo 2015 lo IARC, l’istituto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha concluso che si tratta di un probabile cancerogeno. Anche il contatto con la pelle e con gli occhi dà disturbi, pur trattandosi spesso di eventi di minore gravità. Con tutto questo, il glifosato continua ad essere impiegato in enormi quantità dovunque e, se lo si va a cercare, lo si trova in parecchi prodotti vegetali e non solo vegetali.
A novembre si è discusso in ambito comunitario europeo se continuare a permettere l’uso del prodotto o vietarlo. Quanto meno, stando al principio di precauzione che in Europa è legge dagli Anni Novanta, la sospensione sarebbe d’obbligo fino a che non esistono certezze inoppugnabili, nel bene o nel male, in proposito. Ma, si sa, le leggi sono fatte solo per chi vuole rispettarle e non è affatto raro che i legislatori stessi si facciano beffe delle regole che proprio loro hanno istituito. E così è stato anche per il glifosato, evidentemente troppo comodo per tanti e troppo redditizio per qualcuno. E, allora, la salute può attendere. Può attendere altri cinque anni perché tanti ne ha concessi l’Europa con la Germania che ormai nel continente fa il bello e il cattivo tempo e in questo caso di bel tempo non mi pare ci sia traccia.
Di glifosato si parla abbastanza spesso ma rarissimamente se ne illustra un aspetto che forse non è secondario.
Stephanie Seneff, scienziata di grande livello del Massachusetts Institute of Technology, cioè di una delle massime università mondiali, ha scoperto da qualche anno che il glifosato sta pure in diversi vaccini. La spiegazione di quella indebita presenza – e di indebite presenze i vaccini ne vantano una corposa collezione – è semplice. Come stabilizzante termico si usa non di rado gelatina ricavata dalla pelle di maiale. I maiali, specie quelli americani, sono allevati con mangimi fatti di cereali transgenici e questi vanno molto d’accordo con il glifosato perché in molti casi non ne risultano vistosamente danneggiati. Peccato che di glifosato restino intrisi e peccato che quel glifosato finisca nei tessuti di chi dei cereali OGM si ciba.
È ovvio che il vaccino venga iniettato e poco si sa degli effetti, specie quelli a lungo termine, del glifosato somministrato in quel modo. Ciò che si sa è che si tratta, come dicevo all’inizio, di un chelante e che è dotato di un’enorme facilità nel raggiungere il cervello. Ecco, allora, che si porta appresso gli elementi che ha chelato e con questi arricchisca il tessuto cerebrale senza che questo dimostri di gradire. Dove il glifosato trovi quegli elementi è un’altra cosa facile da dire anche se si cerca in ogni modo di glissare.
I vaccini sono pieni di metalli pesanti, sia sotto forma di particelle solide sia sotto forma atomica. Le particelle le troviamo noi nel nostro laboratorio da almeno 15 anni e gli atomi li trova il laboratorio tedesco Agbug. Senza che ci si possa sorprendere, con la rozza goffaggine che è loro costante caratteristica, i vari siti Internet e i media di regime tentano di negare l’evidenza. Nessuno, però, rifà le analisi del nostro laboratorio Nanodiagnostics, del laboratorio Agbug e del Massachusetts Institute of Technology, trovando sufficiente strillare e certo privi di qualunque fondamento tecnico e scientifico.
Ma il glifosato non è tenero neppure con enzimi importanti come è la famiglia del citocromo P450, fondamentale per la detossificazione dell’organismo e senza la quale ammalarci diventa decisamente più facile. E il glifosato di quegli enzimi inibisce la funzione.
Poi, senza entrare in particolari, aggiungo che il glifosato inibisce la sintesi degli aminoacidi fenilalanina, triptofano e tirosina. Ma solo nei batteri, ammoniscono gli “scienziati” che hanno doveri personali di gratitudine verso l’industria. Già: ma quei batteri vivono pure nel nostro microbiota e ci sono indispensabili.
Intanto, facendo finta di niente, il mercato del Roundup continua a prosperare, specie negli USA e in Canada dei cui prodotti agricoli, in particolare il grano, noi siamo grandi importatori.
Da noi qualcuno comincia a farsi qualche domanda ponendosi qualche dubbio, anche se non sono pochi gli agricoltori che con il glifosato lavano addirittura le botti. Ma non preoccupiamoci: c’è chi lo spaccia per un innocuo “zucchero modificato” e, comunque, è noto che l’organismo ubbidisce al burocrate e non certo alle leggi naturali.