Nanopatologie 1

Credo di avere scritto ormai qualche migliaio di pagine sull’argomento, tra articoli di giornali e libri, eppure ancora oggi m’imbatto in persone, e anche persone definibili "di cultura", che di nanopatologie non hanno mai sentito parlare.

E, allora, cominciamo daccapo.

Nell’ormai remoto 1997 arrivò al Policlinico di Modena un tale che soffriva di sintomi difficili da correlare tra loro: una febbre oscillante intorno ai 38 gradi, un fegato e un paio di reni che non ne volevano più sapere di funzionare, un orecchio che doleva e un occhio che lacrimava.  Tutto questo da quasi nove anni senza che si trovasse un medico capace di cavarci i piedi e di emettere almeno una diagnosi credibile.

I dottori modenesi fecero una biopsia del fegato e dei reni e diagnosticarono, reperti alla mano, una granulomatosi epatica e renale, dove la granulomatosi consiste in un tessuto infiammatorio che di norma cresce intorno a parassiti o a batteri finiti per qualche ragione all’interno di un organo o un tessuto. Di parassiti e di batteri lì, però, neanche l’ombra. Dunque, una granulomatosi criptogenica, aggettivo bello quanto colto che vuol dire "di origine nascosta" ma che, di fatto, significa che il medico non ci ha capito niente.

Per un errore, quelle biopsie finirono al Laboratorio di Biomateriali che mia moglie aveva fondato e di cui era responsabile, e lei, che non è medico ma è fisico e bioingegnere, a differenza di quello che avrebbe fatto un medico le ficcò sotto un microscopio elettronico.
Grande fu la sorpresa per lei e per me quando dentro quei pezzetti d’organi si vide chiara ed inequivocabile la presenza di una polvere finissima di ceramica, una ceramica che si scoprì provenire dai denti posticci che il povero paziente portava con grande insoddisfazione da nove anni e che gli si consumavano in bocca.

Da lì, da quell’osservazione, scaturì la scoperta che se uno si mangia delle polveri che il nostro organismo non è capace di metabolizzare, e se le respira la cosa non cambia, quella roba resta almeno in parte imprigionata per sempre all’interno dei suoi tessuti dove provoca tutta una sequela di guai: le nanopatologie, appunto, malattie che vanno dall’ictus all’infarto, dalla tromboembolia polmonare a tante forme di cancro, da malattie del sistema endocrino come tiroiditi e diabete al morbo di Parkinson e a quello di Alzheimer, dalla stanchezza cronica fino a terribili malformazioni fetali.

Per motivi che ho descritto nel mio libro Il Girone delle Polveri Sottili (editore Macro), la scoperta fu pesantemente avversata dall’università italiana, dalla politica, dai militari e dall’industria, e fu così che per anni dovemmo lavorarci sopra in maniera quasi carbonara. Si disse che eravamo degli "allarmisti". Si rise di noi.
Poi, nel 2002, la Comunità Europea promosse una proposta di mia moglie e le affidò la direzione di un progetto chiamato Nanopathology, appunto nanopatologia, che prevedeva la collaborazione anche con le università di Mainz e di Cambridge. Uno smacco per l’accademia italiana, ma poco importa, dato che ormai l’università di casa nostra ha da tempo abdicato ai propri compiti di ricerca e persino di didattica per dedicarsi ad altro.

Insomma, grazie alla Comunità Europea riuscimmo ad ottenere risultati brillantissimi ed oggi, esaurito il compito di Nanopathology, mia moglie, la dottoressa Antonietta Gatti, è a capo di un altro progetto europeo chiamato DIPNA con il quale gli studi vengono approfonditi.
Allora, nel 1997, quando mia moglie vide quelle ceramiche nel fegato e nei reni, non potevamo certo immaginare che avremmo dato una svolta alla nostra vita, e che quella svolta sarebbe stata in negativo per tutta la serie infinita di guai personali che ne seguirono e che ancora ne seguono.
Dimostrare in maniera lampante come le polveri che provengono principalmente da combustioni facciano male potrebbe sembrare, almeno a prima vista, qualcosa non solo d’innocuo ma addirittura di talmente ovvio da non meritare attenzione. E, invece, non è così.

Polveri finissime vengono generate da un’infinità d’industrie, tra cui fonderie e cementifici, vengono generate dai motori a scoppio e vengono generate, ahimé, dagl’inceneritori, quegl’impianti che in Italia vengono grottescamente chiamati "termovalorizzatori" e che, grazie ad una gestione demenziale dei rifiuti e a leggi illegittime, convogliano somme immani di denaro in tasche indebite.
Ma polveri inquinanti si trovano in tantissimi alimenti dove, addirittura, vengono aggiunte, spesso per motivi puramente estetici, visto che, in assenza di una qualsiasi legge, è come se quella roba non esistesse.
E polveri inquinanti vengono usate dall’industria farmaceutica come eccipienti e come adiuvanti nei vaccini.

Ecco come una scoperta scientifica può imbarazzare una bella fetta del mondo "che conta". Dunque, meglio che nessuno sappia.

Sul blog di Stefano Montanari  http://www.stefanomontanari.net/  si può approfondire l’argomento, interloquire con l’autore e partecipare alla raccolta fondi per sostenere la ricerca.

(Biolcalenda Dicembre 08)


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