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Estinguersi per ipocrisia

L’uomo è certamente il più singolare tra gli esseri viventi, l’unico che si estingue volontariamente. Noi esemplari di Homo sapiens, siamo i soli ad aver sviluppato un percorso razionale di conoscenza, il cosiddetto “metodo scientifico” sui cui risultati nessuno ha diritto di dubitare, eppure…

Tra tutti gli esseri viventi che viaggiano a velocità pazzesca nella galassia come inquilini di questo pianeta l’Uomo è certamente il più singolare: l’unico che, a detta dell’etologo Danilo Mainardi, si estingue volontariamente. L’elenco delle sue stravaganze è talmente corposo che richiederebbe più pagine di quante io non abbia a disposizione e mi soffermerò solo su qualcosa.

Noi, esemplari di Homo sapiens, siamo i soli ad aver sviluppato un percorso razionale di conoscenza: il cosiddetto “metodo scientifico” sui cui risultati, una volta che tutto sia passato indenne attraverso una serie di setacci a maglie strette, nessuno ha diritto di dubitare. Eppure…

Ben oltre due secoli fa, a suon di prove rigorose inconfutabili e inconfutate, fu raggiunta la certezza dell’impossibilità di distruggere la massa: nulla si crea, tutto si trasforma, nulla si distrugge. Se questo è vero, perché fingere di far scomparire i rifiuti negl’inceneritori? E, se è vero che bruciare significa ossidare, dunque aumentare di massa, perché tanta ingenuità? A questo punto, però, entra in scena qualcosa che vale assai più dell’oggettività scientifica: il denaro. E allora, ecco che l’Uomo esibisce l’altra sua unicità: l’ipocrisia. Accademici di università e politecnici che alle loro lezioni illustrano nei particolari il Principio di  Conservazione della Massa lo smentiscono pubblicamente con tanto di “lei non sa chi sono io” a dimostrazione, caratteristica che distingue tra gli uomini quelli di civiltà italiana.

L’ipocrisia: un’arma sempre più penetrante perché ormai socialmente ben accolta fino ad essere apprezzata come qualità di pregio, ipocritamente, appunto, mai chiamandola con il suo nome. Chi ne desideri un esempio dia un’occhiata ai poligoni militari sardi. Ormai da decenni in quest’isola benedetta da Dio e maledetta dagli uomini esplode di tutto. Addirittura si affittano a ore ampie frazioni di territorio a chi voglia sperimentare armamenti, e questo indipendentemente dalla provenienza e dalla natura delle armi. Domande non se ne fanno perché, come pare abbia detto l’imperatore Vespasiano, il denaro non puzza. Qualche agnello nasce malformato? E anche qualche bambino? Le vacche non figliano? I ragazzini si ammalano di cancro? Eh, che cosa sarà mai! Basta raccontare che non è vero è il gioco è fatto.

Un altro esempio? Qualche anno fa un amico pugliese mi portò in visita a una discarica di rifiuti abusiva che solo Dante avrebbe potuto descrivere con efficacia. Il fetore era avvertibile a grande distanza e, arrivati sul posto combattendo con la nausea, ci si aprì lo spettacolo dell’immensa voragine di una cava di tufo, roccia quanto mai permeabile, zeppa di ogni porcheria. Poco a valle, una sorgente che distribuisce acqua alla zona. Impossibile non chiedersi come mai un luogo così esteso, così chiaramente avvertibile e così noto a tutti fosse ignoto a chi è incaricato (a pagamento e strepitando che gli si deve fiducia) di vigilare. La mia domanda a latere è: che ce ne facciamo di controllori del genere?

Continuo. Che l’amianto sia un cancerogeno che non perdona lo sappiamo fin dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, cioè dal I secolo dopo Cristo. Nel 1992/93 lo abbiamo messo fuori legge, dopo che “fior di scienziati” ne avevano garantito per decenni l’innocuità. Ora, da qualche anno, i tribunali celebrano processi contro chi ha usato quel minerale facendolo quando le leggi allora in vigore lo consentivano. E l’amianto che sta negli edifici pubblici? E quello che ricopre tante costruzioni private? E quello che c’è nelle navi? E quello abbandonato in discariche mai censite ma ben note? E i tunnel che si scavano in montagne che di amianto sono ricchissime?  E le “bonifiche” condotte in modo tale da diffondere le fibre nell’ambiente molto più di quanto non sarebbe se nessuno toccasse i materiali da “bonificare”? Zitti tutti: a che serve, sennò, l’ipocrisia?

A proposito di bonifiche e d’ipocrisia, impossibile non menzionare quella farsa tragica che è la strage da tempo ormai immemorabile in corso nella cosiddetta Terra dei Fuochi. Inutile ricordare nei particolari la vicenda se non per ripetere che da decenni in quel territorio della Campania Felix (nessuno rida) si scaricano veleni di ogni sorta. La notte c’era (spero che la grammatica al passato sia corretta) un via vai continuo di camion che arrivavano da ogni parte d’Italia e pure dall’estero, trovando ospitale comprensione negli abitanti. Chi si prestava, e non erano pochi, per qualche soldo concedeva i suoi terreni e lì si riversava di tutto, compresi gli scarti di “bonifica”. Va da sé che tutti sapevano tutto, se non altro perché è di fatto impossibile ignorare un fenomeno quotidiano così vistoso che avviene a due passi da casa. Nessuna meraviglia se le malattie, cancro in prima linea, tocchino da anni valori epidemiologici da record. E nessuna meraviglia se il tutto è passato ampiamente sotto silenzio fin dall’inizio. Io andai personalmente in zona diversi anni fa, prima che la strage emergesse nelle cronache, dicendo in qualche pubblica conferenza esattamente ciò che si comincia a dire ora, pentito Vassallo in testa. Va da sé che le mie parole caddero nel vuoto. Poi, qualche mese fa mia moglie ed io fummo convocati a Roma per una proposta di bonifica. Al di là delle modalità demenziali con cui questa si sarebbe dovuta svolgere, io feci notare a chi proponeva l’operazione che si trattava di qualcosa di tecnicamente impossibile. Un territorio dai confini incerti ma decisamente vasto, intriso in modo disomogeneo di nessuno sa che cosa, in cui terra e acqua sono tutt’uno con i più disparati veleni non è bonificabile in nessuna maniera. I quattrini eventualmente stanziati per l’impresa sarebbero finiti ineluttabilmente nelle tasche di chi da decenni dirige le operazioni d’inquinamento, vale a dire la Camorra con tutte le sue diramazioni e, comunque, si sarebbe fatto ciò che si fa di regola in situazioni analoghe, anche se mai di quelle dimensioni: si fingerebbe di fare analisi (costose) e si preleverebbe un po’ di terra, preferibilmente tanta per fare un fatturato interessante, anche se nulla rispetto alla realtà della situazione, e la si traslocherebbe altrove, dove gli abitanti non hanno idea di che cosa contenga quella roba. Esattamente come si è fatto per la Terra dei Fuochi che ha accolto a braccia aperte e a testa girata dall’altra parte “bonifiche” altrui.

Anche se avrei tanto da aggiungere, non mi va più di continuare per la nausea che conservo dai tempi della discarica pugliese. Certo che morire d’ipocrisia è davvero nauseante.

Biolcalenda novembre 2014


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