LÂ’evangelizzazione di Bush sul cibo gela il cuore degli Europei

Lo scontro sugli organismi geneticamente modificati (OGM) per uso alimentare mette a nudo i punti deboli della globalizzazione
(Jeremy Rifkin, The Guardian – Lunedì 2 Giugno, 2003)

Se qualcuno pensava che la frattura tra l’amministrazione Bush e gli alleati europei avesse avuto fine insieme alla campagna militare irachena, è il caso che ci ripensi.

La Casa Bianca ora ha messo gli occhi su qualcosa di molto più personale: sul problema di quale tipo di cibo gli Europei dovrebbero mettere in tavola. Il presidente Bush ha mosso all’UE l’accusa che il suo divieto degli alimenti geneticamente modificati (GM) stia scoraggiando i paesi in via di sviluppo dal coltivare varietà GM per l’esportazione, e che ciò faccia aumentare la fame e la povertà nelle nazioni più povere del mondo. Queste accuse, lanciate pochi giorni prima dell’incontro del G8 a Evian, hanno ulteriormente raffreddato i rapporti USA-Europa.

Il mese scorso, il governo degli Stati Uniti ha presentato un atto formale di accusa all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) contro l’UE, per costringerla a eliminare la “moratoria de facto” sull’introduzione dei semi e degli alimenti GM in Europa. L’UE ha replicato che non c’è nessuna moratoria in vigore e ha precisato di aver approvato durante lo scorso anno due richieste d’importazione per semi GM. Ciononostante, questo nuovo attacco del presidente Bush molto probabilmente imporrà un altro confronto fra le due superpotenze, confronto che a lungo termine potrebbe avere effetti ancor più seri della frattura apertasi in occasione della guerra contro l’Iraq.

La maggior parte degli Europei non vuole neppure sentire parlare dei cibi GM. Benché a preoccupare gli Europei siano soprattutto le possibili conseguenze nocive degli OGM sulla salute e sull’ambiente, le preoccupazioni dell’UE sono ugualmente forti anche riguardo agli effetti degli OGM sul piano culturale. Mentre gli Americani hanno accettato già molto tempo fa una cultura dell’alimentazione fortemente controllata dalle corporation, cioè una cultura del fast food, in Europa l’intreccio fra cibo e cultura è molto profondo. Ogni regione vanta proprie tradizioni culinarie e promuove i prodotti locali.

In un mondo dominato dalle spinte alla globalizzazione, sempre più controllato da giganti sovranazionali e da regimi burocratici, l’ultimo vestigio d’identità culturale su cui la maggior parte degli Europei sente di avere ancora un certo controllo è la scelta del cibo. Ecco perché ogni sondaggio di opinione condotto in Europa, anche nei paesi candidati a entrare nell’UE, ha rilevato nella popolazione una preponderante maggioranza contraria ai cibi GM.

Le industrie alimentari globali che commerciano con l’Europa, come McDonald, il re dell’hamburger, e la Coca-Cola, hanno risposto all’avversione del pubblico promettendo di mantenere i propri prodotti liberi da caratteristiche geneticamente modificate.

Con questa azione di forza, l’amministrazione Bush sta sollevando un enorme vespaio e suscitando la rabbia e il risentimento dell’opinione pubblica europea.

La Casa Bianca ha reso ancora più pesante la già difficile situazione, quando ha asserito che l’opposizione europea ai cibi GM equivale a una sentenza di morte per milioni di affamati nel terzo mondo. Negando ai coltivatori poveri dei paesi in via di sviluppo un mercato europeo per i prodotti GM – afferma la Casa Bianca – non si lascia loro altra scelta che coltivare piante non-GM, perdendo i vantaggi commerciali associati alle varietà geneticamente modificate. Le considerazioni del presidente Bush sui molti benefici dei cibi GM hanno più l’aria di dichiarazioni da ufficio di pubbliche relazioni, che non di argomentazioni politiche ragionate.

La fame nel terzo mondo è un fenomeno complesso, che con ogni probabilità non troverà alcun sollievo nell’introduzione delle piante GM. In primo luogo, l’80% dei bambini che soffrono di malnutrizione nel mondo in via di sviluppo vive in paesi che producono eccedenze alimentari.

Il problema della fame ha più a che fare con il modo in cui viene utilizzata la terra arabile. Oggi nel mondo in via di sviluppo il 21% delle coltivazioni è destinato al consumo animale. In molti paesi in via di sviluppo più di un terzo di tutte le granaglie viene coltivato per nutrire il bestiame. Gli animali, a loro volta, saranno mangiati dai consumatori più ricchi, che vivono nei paesi industrializzati del nord del mondo. Il risultato è che i consumatori del ricco nord hanno una dieta molto ricca di proteine animali, mentre ai poveri della Terra non restano che poche terre marginali per coltivare le granaglie con cui sfamare le proprie famiglie. Inoltre, la terra disponibile spesso è di proprietà delle corporation dell’agribusiness mondiale, fatto che aggrava ulteriormente la già difficile condizione di povertà delle popolazioni rurali. L’introduzione di piante GM per uso alimentare non cambierà in alcun modo queste realtà di fondo.
In secondo luogo, il presidente Bush parla delle riduzioni dei costi che si avrebbero coltivando piante GM. Quello che il presidente ignora, per convenienza, è che i semi GM sono più costosi dei semi convenzionali ed essendo brevettati, gli agricoltori non possono conservarli per poi seminarli la stagione successiva, poiché quei semi sono di proprietà delle aziende biotech. Controllando le caratteristiche genetiche delle principali colture alimentari del mondo, tramite i diritti di proprietà intellettuale, aziende come la Monsanto sono destinate a realizzare profitti enormi mentre i coltivatori più poveri del mondo saranno sempre più emarginati.

In terzo luogo, la Casa Bianca accenna alla nuova generazione di piante GM, in cui sono stati inseriti geni per ottenere proteine con cui produrre vaccini, farmaci e persino composti chimici industriali. L’amministrazione Bush cita l’esempio del “riso dorato”, un riso geneticamente modificato con un gene estraneo che produce il beta-carotene. Si noti che al mondo mezzo milione di bambini poveri diventano ciechi a causa della carenza di vitamina A; il rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Robert Zoellick, ha asserito che negare a questi bambini quell’importante fonte di vitamina sarebbe immorale. Da anni l’industria del biotech sta cantando le lodi di questo riso “miracoloso”, nonostante che vari articoli apparsi su riviste scientifiche abbiano dimostrato che questo riso semplicemente non funziona. Per convertire il beta-carotene in vitamina A il corpo ha bisogno di un apporto sufficiente di proteine e di grassi. I bambini malnutriti mancano delle proteine necessarie perché il corpo operi la conversione.

Non meno irritante per gli Europei è il tono moralistico assunto dal presidente Bush. Quando il presidente ha dichiarato che “i governi europei dovrebbero unirsi alla grande causa – anziché ostacolarla – di porre fine alla fame in Africa”, molti leader europei sono andati su tutte le furie. I paesi dell’UE spendono in aiuti per l’estero una quota del loro reddito nazionale lordo percentualmente superiore a quella degli Stati Uniti. Attualmente gli USA sono ventiduesimi nella graduatoria dei vari paesi, stilata in base alla percentuale del PIL che destinano ai sussidi per l’estero – la quota più bassa fra tutte le nazioni industriali.

L’infelice scelta di Bush di voler costringere gli Europei ad accettare i cibi GM ha molte probabilità di fallire. In effetti, può rivelarsi la classica goccia che fa traboccare il vaso nelle relazioni tra USA ed Europa. La battaglia contro i cibi GM unisce l’opinione pubblica europea e sta dando alle popolazioni un nuovo senso della loro comune identità, facendo aumentare ancora di più la distanza che le separa dal vecchio alleato al di là dell’Atlantico.

La battaglia sui cibi GM potrebbe anche sminuire ulteriormente la già indebolita posizione del WTO. Anche se alla fine l’Organizzazione Mondiale del Commercio si schierasse dalla parte degli Stati Uniti e costringesse l’UE a introdurre i cibi GM, molto probabilmente sarebbe una vittoria di Pirro, perché qualunque decisione del WTO nella direzione di voler far accettare agli Europei i cibi GM non avrà alcun effetto sugli agricoltori, sui consumatori e sull’industria alimentare dell’Europa.

L’uso della forza da parte degli Stati Uniti non riuscirà a costringere gli Europei a mangiare i cibi GM. Un boicottaggio europeo dei cibi GM non farebbe altro che mettere a nudo la debolezza della globalizzazione e dei protocolli commerciali che attualmente la reggono. Nella lotta che si sta aprendo fra potere commerciale globale e resistenza culturale locale, gli OGM potrebbero rivelarsi il caso esemplare che costringerà a ripensare i fondamenti stessi del processo di globalizzazione.


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