Osservando la carta dell’Appeso questo mese l’ho visto esattamente come un frutto appeso all’albero. Pensando con Marco a una ricetta estiva e a ciò che la Terra offre in questo periodo abbiamo parlato di cetrioli ed ho sorriso pensando che in verità sono riconosciuti, secondo la classificazione botanica, come frutti e non come ortaggi, dato che hanno almeno un seme e crescono dal fiore della pianta.
Quello che pensiamo siano ortaggi in verità sono frutti. Niente è ciò che sembra. Ci sono molte cose che ci appaiono diverse da come sono in realtà . Cose che hanno una forma mentre in realtà ne hanno un’altra, nessuna o centomila, citando Pirandello. E così l’Appeso, che pare proprio un cetriolo, sembra che stia subendo una pena capitale. In verità , se capovolgiamo la carta, l’Appeso ha un volto sereno. Non è in sofferenza.
Essere appesi a testa in giù era una delle condanne a cui erano costretti i malviventi nei secoli passati. E quando si veniva sottoposti a tale tortura si sopravviveva poco: il nostro sistema circolatorio è strutturato con valvole “a tasca” che, una volta finita la spinta che cerca di far tornare il sangue al cuore, si aprono al primo accenno di reflusso e fermano il flusso in attesa di una nuova spinta. Inoltre il peso dei visceri in quella posizione comprime il diaframma e quindi i polmoni impedendo una normale respirazione. Il sangue affluito al cervello poi fa fatica a tornare indietro provocando essudazione ed edema celebrale.
L’Appeso l’unica cosa che può fare è aspettare di morire. Può scegliere di non fare niente. Sceglie, perché auspicabilmente potrebbe anche avere un coltello dietro le sue mani, darsi un colpo di reni e tagliare la corda che lo tiene appeso per cominciare a vivere, un po’ come il mito della caverna di Platone. E invece l’Appeso sceglie di entrare in uno spazio passivo. Tant’è che questa carta spesso è vista come una carta lenta, in cui non si deve prendere decisioni, non fare niente. Che l’Appeso stia oziando come un bel cetriolo appeso alla sua pianta che si gode il sole? L’Appeso sceglie il “dolce far niente”. L’Appeso potrebbe essere la carta dell’ozio.
Voglio ovviamente spogliare la parola ozio dalle accezioni negative che sono nel nostro immaginario collettivo. Mi piace richiamare piuttosto l’espressione “dolce far niente”, espressione, che sembra derivare da Plinio il giovane il quale, nel Libro VIII delle Epistole, scriveva: «Non so più da molto cosa sia il riposo, cosa sia la tranquillità , cosa sia quello stato di non far nulla, non esser nulla, certo privo di attività , ma tuttavia piacevole». Ciò che mi colpisce del concetto di “dolce far niente” è la parola “dolce”. Perché comunque è come se fosse una sorta di autorizzazione che ti toglie dall’atavico senso di colpa del non fare niente. Ma anzi nell’ottava alta mi porta proprio a pensare che cioè che ricavo da tale non- attività è stare in ascolto del puro piacere di sentirsi vivi.
E chi meglio dell’Appeso sa come godere del sentirsi vivi? Sì perché lui, nell’attesa che la sua pena capitale abbia piena manifestazione nell’Arcano XIII, la cosiddetta carta de La Morte, sceglie di non fare niente. Sta nell’attesa. E auspicabilmente a un dato piano si gode la Vita. L’Appeso sa cosa è il “dolce far niente” che diventa una meditazione. Perchè è difficile non fare niente. E richiede uno sforzo intellettuale notevole. Nel non far niente non devi neanche pensare. Un po’ come quando mediti, che la maestria è quella di mettere a tacere i pensieri. L’Appeso sa come “fare il niente dolce”. Semplicemente sta come un cetriolo appeso in una bella giornata di sole.