Vecchi e nuovi OGM – 1a parte

Questo articolo è un estratto dal documento “Costruire il futuro: curare la biodiversità agricola e naturale”, scritto da un gruppo di persone perché fosse parte integrante del progetto “Biodiversità e sementi contadine”, presentato alla Regione Emilia-Romagna dalla Rete per la Sovranità Alimentare (www.grandeesodo.org) e dal CRESER (Coordinamento Regionale per l’Economia Solidale in Emilia-Romagna)

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ConoScienza n° 4

Questo articolo è un estratto dal documento “Costruire il futuro: curare la biodiversità agricola e naturale” scritto da un gruppo di persone perché fosse parte integrante del progetto “Biodiversità e sementi contadine”

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Ad appena un secolo dalla sua nascita ufficiale come scienza, la genetica appare oggi la disciplina destinata più di ogni altra a dare forma al nostro futuro. Dalla creazione di organismi transgenici alla clonazione (anche di esseri umani), le sue applicazioni alle biotecnologie aprono scenari di forte impatto non solo sull’assetto socio-culturale, ma sui meccanismi stessi dell’evoluzione delle specie (umana compresa). Vale la pena, allora, cercare di esaminare le teorie scientifiche su cui si fonda la prospettiva oggi trainante della genetica: la modificazione ingegneristica del materiale ereditario degli organismi.

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Il caso del mais messicano

Alla fine di novembre del 2001 è apparso sulla prestigiosa rivista scientifica Nature (1) un articolo scritto da due scienziati, uno americano l’altro messicano, attivi presso l’Università di Berkeley in California. Mediante analisi sperimentali su pannocchie di “criollo” – una varietà locale di mais – prelevate in un’area montagnosa dello stato messicano di Oaxaca, i due scienziati hanno dimostrato che il DNA conteneva sequenze (cioè segmenti del DNA) derivate dal mais geneticamente modificato (GM). Questi risultati sono stati un’ulteriore conferma di quanto scoperto da un’indagine svolta dal Ministero dell’Ambiente messicano (2) ,

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