San Giuseppe non aveva mai visto locomotiva
ed aveva paura di perdere i biglietti.
Era una sera di grandi partenze, la stazione febbrile
di folla e di fischi, di luci.
Giunti troppo presto, avevan perso tempo al buffet…
Non avevano prenotato i posti,
ed era corsa voce che avessero sbagliato treno.
Nessuno ad augurargli buon viaggio.
Gli amici non erano stati avvertiti.
Vomitando fumo giallo e turchino come un drago
il treno cambiava binario agli scambi,
e ancora cambia, va più svelto, va.
Scompaiono i sobborghi ed i segnali.
In piedi nel corridoio. Chi avrà compassione
d.una donna incinta e così bella e che geme?
Nello scompartimento vicino certi zeloti
si presero spartendosi le provviste.
Alcuni richiamati facevano i maliziosi.
Un pubblicano tronfio d.esose esazioni
e la sua signora, una negra bellissima,
occupavano i posti d'angolo sul corridoio.
Un gran sacerdote faceva finta di leggere.
Un treno passa fragoroso e il bambino
già ne sbigottisce nella notte materna.
Via diritti per la gran distesa, nevichi, piova,
che importa,
fa caldo fin sui ponti rumoreggianti
quando rinfresca l.aria il fiume attraversato.
Già il tempo s.addormenta e le città diradano.
Foreste son superate e borghi, la valle
rimonta.
Alle stazioni sconosciute le sbarre
s'abbassano e si rialzano nella campagna
arrotondata di lassù dalla volta stellata.
Il canto degli angeli attutito dalle nuvole
non ce la fa a trapassare i boati del vagone.
La Vergine chiude gli occhi contro il vetro,
vede.
– Tutti scendono – Albeggia.
San Giuseppe ha raccolto le valige.
Il ferroviere apre gli sportelli.
Sul marciapiede l.asino e il bue
Son già lì a parlottare.
Ah, dice Maria, umilmente,
è qui che ha da compiersi la parola
André Frénaud