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Agricoltura biologica e biodinamica

Viaggio tra i diversi metodi di produzione agricola per comprenderne la natura e le differenze e poter fare delle scelte consapevoli Dopo aver tentato di dare gli elementi utili per poter comprendere quali siano le diverse metodologie utilizzate, per ottenere prodotti agricoli (e alimentari) in modo cosiddetto «convenzionale», fornirò alcuni riferimenti per chiarire il significato di biologico e biodinamico.

Una produzione biologica, per essere definita come tale, deve:

  • rispondere a quanto determinato dai vigenti regolamenti europei in materia (regolamenti UE n. 834/2007 e n. 889/2008);

  • essere sottoposta ad un controllo che si applica sistematicamente a tutte le produzioni al fine di verificare la corretta applicazione dei succitati regolamenti.

È opportuno ribadire che, ad oggi, le produzioni biologiche sono le uniche interamente a norma in tutte le fasi della produzione. I regolamenti europei citati definiscono tutto quello che si può fare (e alcune cose che non si possono fare), escludendo contestualmente tutto ciò che non è definito od autorizzato.

 

L’agricoltura biodinamica 

Tutti i produttori biologici e biodinamici sottostanno a quanto definito dal regolamento n. 834/2007 sopraccitato, ma la distinzione formale tra le due metodologie consiste, per i produttori biodinamici, nell’applicazione di un ulteriore disciplinare di produzione definito dall’associazione biodinamica.

Queste norme ulteriori risultano più restrittive se analizziamo unicamente i «mezzi tecnici» utilizzabili, ma in realtà viene descritto un sistema produttivo indipendente dai collegamenti con l’esterno qualora fosse applicato nella maniera più radicale.

Chi vuole vendere i propri prodotti dichiarandoli «ottenuti con metodo biodinamico», lo può fare unicamente applicando questo disciplinare e chiedendo ad un organismo di controllo (autorizzato dall’associazione biodinamica proprietaria del disciplinare) di verificarne la corretta applicazione e quindi di poter usare la denominazione «biodinamico» sui propri prodotti.

Se abbandoniamo le formalità, possiamo tentare di dire che la sostanziale differenza tra biologico e biodinamico risulta espressa dal fatto che, mentre il primo metodo considera centrale il ruolo della fertilità intrinseca del terreno ed il ruolo dell’agricoltore nel mantenimento e nell’aumento di tale fertilità, il metodo biodinamico amplia la visione e mette in relazione diretta il mantenimento e l’aumento della fertilità del terreno con gli influssi che sull’azienda (che deve essere un organismo completo) hanno le forze cosmiche e come l’agricoltore può intervenire per aumentare l’effetto di tali interazioni.

L’agricoltura biodinamica segue i princìpi dettati da Rudolf Steiner (studioso e profondo conoscitore delle opere di Goethe, importanti tanto nel campo della letteratura quanto nel campo della scienza) nel corso di una serie conferenze tenute nel 1924 ad un gruppo di persone e di agricoltori che chiedevano delle soluzioni pratiche ai loro problemi. Essi denunciavano una graduale e continua perdita di vitalità delle sementi e una diminuzione progressiva delle qualità organolettiche degli alimenti prodotti utilizzando i «nuovi metodi agricoli» (si ricorda in quell’epoca, che con la fine della Prima guerra mondiale, si assiste all’esplosione della produzione e del consumo di concimi di sintesi, mentre già si stanno sperimentando i primi insetticidi).

I princìpi suggeriti da Rudolf Steiner sono ora attualizzati grazie alle nuove conoscenze scientifiche e vengono interpretati allo scopo di fornire elementi utili agli agricoltori per fare in modo che l’azienda si comporti come un organismo in grado di mantenere ed aumentare la fertilità del terreno e degli organismi che vi sono ospitati.

Non potendo e non volendo dilungarmi (spiegare l’agricoltura biodinamica in poche righe risulta oltremodo riduttivo) invito il lettore ad approfondire l’argomento, anche ed unicamente a titolo di curiosità.

 

L’agricoltura biologica

Dicendo «biologico» intendiamo in realtà una svariata tipologia di approcci alla produzione primaria, pur rientrando a pieno titolo nella descrizione che ne fa il regolamento n. 834/2007. Distinguiamo pertanto, a questo punto a scopo didattico, altri due modi per produrre biologico secondo il regolamento, ma con approcci decisamente diversi.

Il primo metodo è il cosiddetto biologico di sostituzione, il quale consiste, nel caso di un attacco di un parassita o nel caso in cui le piante risultino poco produttive, nell’intervenire con un prodotto (mezzo tecnico) ammesso dal regolamento che porta al medesimo risultato che si otterrebbe con un prodotto chimico di sintesi. Si colpirebbe il parassita effettivo e anche gli organismi che andrebbero ad attaccare i parassiti, senza tener troppo conto delle dinamiche delle popolazioni dei parassiti e dei loro nemici naturali.

Questo capita soprattutto nel caso di aziende che hanno cominciato da poco a produrre bio oppure quando il produttore non sia dotato di un’adeguata conoscenza dei cicli biologici dei parassiti, delle malattie e delle dinamiche di prevenzione.

Per quanto riguarda l’intervento sulla fertilità del terreno si può intervenire utilizzando grandi quantità di concimi biologici autorizzati per mantenere elevato il livello di produttività delle piante. Questo approccio che, ricordiamo, è permesso ed in ogni caso è comunque migliore di gran lunga rispetto al meno impattante dei metodi convenzionali, risulta efficace nel breve-medio periodo ma è meno efficiente nel lungo periodo.

Il secondo metodo biologico, che andremo a descrivere e che prenderemo a riferimento anche nei prossimi appuntamenti, è quello più efficiente ed efficace. È quello nel quale l’agricoltore organizza la produzione (intendendo con questo termine l’insieme di lavorazione, rotazioni, gestione delle raccolte, gestione delle pratiche agronomiche) puntando a porre le piante (e gli animali) nelle migliori condizioni possibili avendo ben chiari tre scopi:

  1. mantenere e aumentare la sostanza organica (base della fertilità) nel terreno;

  2. prevenire gli attacchi parassitari e gli stress fisiologici;

  3. ottenere prodotti con un rapporto tra produttività e qualità organolettico elevato.

Tra questi due diversi modi di fare biologico si collocano una grande quantità di esperienze, che rappresentano una fotografia, un momento di un cammino, che ogni azienda biologica compie nel corso della sua vita.

Ogni agricoltore sceglie all’interno dei limiti imposti dalla normativa (a volte purtroppo inconsciamente) a quale livello collocarsi e quale percorso compiere. Ogni azienda infatti, sulla base delle esperienze, prende decisioni che, per ragioni di natura commerciale o legate a scelte etiche o più semplicemente per semplificazioni produttive, la porta ad essere un biologico di sostituzione oppure un biologico efficiente ed efficace.

Ritengo che sia opportuno, da parte di chi acquista i prodotti biologici, entrare nel processo decisionale che porta l’imprenditore agricolo a scegliere il proprio metodo di produzione. Lo si fa prima di tutto informandosi rispetto alle problematiche incontrate e alle motivazioni che lo hanno spinto a prendere determinate decisioni e, in un secondo momento, sollecitando l’agricoltore a produrre al meglio.

Meglio per i clienti, meglio per il produttore, meglio per l’ambiente, meglio per il nostro futuro.

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Biolcalenda marzo 2012


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