Cronache da Kakilandia

Raccogliere i kaki è un’attività divertente. Questa è la convinzione di gran parte dei miei amici e probabilmente anche di molte delle persone che conosco. In effetti molti dei miei conoscenti, non appena hanno saputo della mia recente nuova folle attività agricola, d’impulso, hanno detto: “Ah, quando raccogli fammelo sapere che vengo a darti una mano!” Non ci ho mai fatto conto.

Un amico però mi aveva detto che almeno per un paio di giorni sarebbe venuto a darmi una mano, così, per amicizia. Neanche a farlo apposta due giorni prima della partenza, mi telefona e, scusandosi molto, mi dice che non può venire perchĂ© deve “preparare un mercatino” (lui vende formaggi e salumi nelle fiere locali di alimenti). Pazienza, mi sono detta, mi restano i vicini bisognosi …

Facevo affidamento su alcuni conoscenti che navigano malamente per quanto riguarda la situazione lavorativa, che sono, come si dice, “a casa disoccupati” e che più volte mi avevano chiesto di venire ad aiutarmi. Con uno in particolare, per oltre un mese avevamo parlato di quando saremmo partiti, quando saremmo tornati e, cosa di non poco conto, di quanto sarebbe stato il suo compenso per l’aiuto che mi avrebbe dato. Ogni tanto gli dicevo: oh, mi raccomando, guarda che ci conto!
Tutto a posto dunque? Neanche per idea. La sera precedente la partenza concordata lo incontro come sempre (ci si vede ogni sera, a spasso col cane) e gli dico “allora domani si parte?” Non l’avessi mai detto! Si è arrabbiato moltissimo, mi ha detto che avremo dovuto metterci d’accordo almeno due giorni prima e che non si fa mica così perchĂ© non è che dalla sera alla mattina una persona può partire così.  Al momento pensavo scherzasse. Macchè. Era serissimo.
Qualche giorno dopo alcuni suoi amici  mi hanno raccontato che lui avrebbe voluto chiedermi un acconto da lasciare alla moglie ma non ne aveva avuto il coraggio. Gente di cittĂ , valla a capire! Intanto però io mi trovavo, la sera prima della partenza, sola. E sola sarei partita la mattina seguente, decisa anche ad andare incontro a tutte le difficoltĂ  del caso, dato che io i kaki mica li avevo mai raccolti, se…..
….Se la mattina successiva, andando a salutare la mia mamma, non avessi raccontato i miei guai anche alla sua badante, la quale…

–    viene mio marito
–    come?
–    sì, lui viene.
–    Ma può?
–    Sì, lui a casa. Lui viene (essendo marocchina questo è il tenore dei nostri dialoghi).

E fu così che io e Mohamed, saggio (come avrò modo di appurare in seguito) e volenteroso marocchino, siamo partiti alle due del pomeriggio; e che dire della spettacolare dotazione alimentare che sua moglie gli aveva dato! In non più di un paio d’ore gli aveva preparato bagaglio completo e scorte alimentari.
Devo moltissimo a Mohamed, marocchino con cittadinanza italiana e due figli nati in Italia, che parla male l’italiano ma sa come si raccolgono i kaki, sa come si scaricano le casette di cartone per imballarli, e sapeva bene anche come fare a coprirle quando, la sera stessa della loro consegna, un temporale ci ha bloccato per due giorni. Ancora oggi mi chiedo come avrei fatto da sola. Ricordate l’articolo del mese scorso: io non ho modo di avere alcun riparo, perchĂ© il regolamento edilizio locale della cittĂ  in cui si trova il mio terreno non lo prevede. Le cassette di cartone erano semplicemente sotto gli alberi. Piovve a dirotto, rabbiosamente, per 36 ore. Immaginate cosa sarebbe successo se quei 10 bancali alti 4 metri non fossero stati adeguatamente  coperti con alcuni teli di plastica? Avevo imparato a guidare il trattore da appena una settimana, ancora faticavo con certe manovre, e specialmente con il carrettino attaccato dietro, ma insomma me la sono cavata.
Ho calcolato che in un giorno abbiamo raccolto e imballato, noi due da soli, oltre 10 quintali, che vuol dire una tonnellata, di kaki. Era lui che dirigeva i lavori. Non sprecavamo neanche un momento. Quando calava il sole, mentre riempivamo le cassette un po’ alla cieca, a tentoni, parlavamo dei suoi figli, della sua terra, delle parole così diverse nelle nostre lingue, dei nostri guai di famiglia. La sera a tavola, mentre ciascuno di noi consumava e condivideva il suo cibo, ho scoperto la saggezza di un popolo distantissimo da noi.
Non sono mancati momenti di scoraggiamento, a volte pensavo e mi dicevo che non avrei potuto farcela a mandare avanti questo progetto tutto da sola, e mi chiedevo cosa mai mi era venuto in mente…..
Gli dicevo: non so proprio come farò.
–    Tu ce la fai. Tu sei brava come un uomo.

Poche parole, dette col cuore da un uomo semplice; forse la mie amiche femministe non lo considereranno un complimento, ma secondo me, considerando l’origine e l’estrazione culturale mussulmana di quest’uomo, queste sono il massimo della considerazione e, che vi piaccia o no, per il significato che contengono, le considero uno dei più bei complimenti che ho ricevuto in vita mia.

Biolcalenda Gennaio 2012

 


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