Gianni Tamino: È tempo di bilanci

Verso un’economia circolare

Nel corso del 2019 i disastri ambientali sono aumentati in ogni parte del mondo: siccità, alluvioni, incendi, tornado, minore produzione agricola e centinaia di milioni di persone che soffrono la fame, mari pieni di plastica, incremento dei rifiuti, polveri sottili, ecc

Non sono disastri naturali (come ad esempio i terremoti), ma hanno origine nelle attività umane che non rispettano i complessi processi ambientali che si svolgono nei diversi ecosistemi, all’interno dei quali anche noi viviamo.

Cambiamenti climatici e conseguenti disastri, inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo, con oltre dieci milioni di morti all’anno, hanno origine soprattutto in un’economia umana lineare che entra in rotta di collisione con l’economia della natura, che è circolare.

Nei processi produttivi umani si utilizzano risorse per ottenere, in un processo produttivo lineare, un prodotto commerciale, senza preoccuparsi di produrre anche rifiuti ed inquinamento, mentre il nostro pianeta funziona in modo circolare, garantendo un continuo rinnovamento delle risorse. L’importanza della rinnovabilità e della rigenerazione delle risorse è stato evidenziato con l’Earth Overshoot Day, cioè il giorno in cui il consumo di risorse naturali da parte dell’umanità inizia a superare la produzione che la Terra è in grado di mettere a disposizione per quell’anno: nel 2019 questo giorno è stato il 29 luglio.
In pratica si analizza la domanda dell’umanità di risorse del pianeta (come ad esempio la produzione di cibo, la raccolta di legname, l’impiego di materie prime, l’assorbimento di anidride carbonica, ecc.) rispetto alla capacità naturale di ricostituire quelle risorse e assorbire i rifiuti. Dunque nel 2019, come in generale negli ultimi anni, in circa sette mesi, abbiamo usato una quantità di prodotti naturali pari a quella che il pianeta rigenera in un anno. Il nostro deficit ecologico, pari a cinque mesi, provoca da una parte l’esaurimento delle risorse biologiche (pesci, alberi ecc.), e, dall’altra, l’accumulo di rifiuti e inquinamento, come, tra l’altro, l’anidride carbonica in atmosfera e negli oceani, che aumenta l’effetto serra e provoca i cambiamenti climatici.
Le attività umane stanno, dunque, cambiando l’ambiente del nostro pianeta in modo profondo e in alcuni casi irreversibile. Questi cambiamenti sono dovuti non solo all’immissione di materiale inquinante nell’ambiente, ma anche ai cambiamenti nell’uso del territorio e alla conseguente perdita di habitat e riduzione della biodiversità.

Il passaggio dall’economia lineare a quella circolare è dunque indispensabile per evitare i cambiamenti climatici e l’inquinamento ambientale, ma non basta cambiare il modo di produrre, occorre anche agire sul versante dei consumi e degli stili di vita, riducendo gli sprechi, compresi quelli alimentari.

Oggi però tutti parlano di economia circolare come fosse uno “slogan” per continuare a fare più o meno quanto fatto in passato; era già successo con altre frasi ad effetto, tipo “sviluppo sostenibile” o “green economy”, che sono servite a realizzare il cosiddetto “greenwashing”, cioè a dare una mano di “verde” ad attività che continuano ad avere un forte impatto ambientale. Pensiamo a coloro che propongono inceneritori o impianti a biomasse, altamente inquinanti, che dichiarano di realizzare progetti coerenti con l’economia circolare. Ma l’obiettivo di questa nuova visione economica non è produrre energia bruciando materia, ma riciclare la materia senza combustioni né produzione di nuovi rifiuti e inquinamenti.

La transizione verso un’economia circolare richiede un cambiamento culturale e strutturale: una profonda revisione e innovazione dei modelli di produzione, distribuzione, consumo sono i cardini di questo cambiamento. Ciò comporta l’abbandono dei processi produttivi lineari, ma anche il superamento del solo riciclo e l’approdo all’economia circolare attraverso la non produzione di rifiuti e la riutilizzazione e trasformazione degli scarti in risorse, escludendo processi che prevedano le combustioni e favorendo nuovi modelli di mercato.

Va comunque ricordato che, come ci insegna l’ecologia, la vera economia circolare è quella realizzata nei processi naturali, ai quali ci dobbiamo ispirare ed adeguare per realizzare una vera economia umana sostenibile.

L’economia circolare richiede dunque un nuovo ciclo di vita dei prodotti grazie a:

1) Una progettazione ecologica( eco-design), che permetta di riparare e riutilizzare i prodotti più facilmente;
2) Una loro maggiore durabilità;
3) Un nuovo modello di mercato basato sul leasing, lo scambio e la condivisione, piuttosto che sul possesso delle merci;

4) La riparazione, anziché la sostituzione, degli elementi che non funzionano più;

5) Un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e della biodiversità, senza chimica di sintesi, a basso consumo di energia e acqua e a ciclo corto;

6) Alla fine, una migliore gestione degli scarti residui delle produzioni e dei consumi.

Si tratta di un vero cambiamento culturale, cioè di un cambio di paradigma, come quello proposto anche nell’enciclica “Laudato Si”, che ci obbliga a cambiare modo di pensare e adottare stili di vita coerenti con i principi che regolano gli equilibri naturali e la solidarietà umana.


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