Il pensiero di Pasolini sulla nonviolenza

La nonviolenza: mi sembra una nozione stupenda. Essa è estremamente aristocratica (Gandhi, Russel …, Dostojevski …): d’origine preevangelica (orientale), come gran parte delle nozioni evangeliche, si è cristianizzata sopratutto col romanticismo nell’Ottocento, e ora si è scristianizzata, facendosi fieramente laica. Ma, si è visto nelle “Marce della Pace” di questa estate, tale sua fondamentale aristocraticità è facilmente accepibile dalle masse coscienti: non c’è contraddizione tra la sua elezione e la sua popolarità. Per questo, quelle “Marce della Pace” sono state il fenomeno politico italiano più interessante dell’anno. Una specie di riproposta, modernissima, del CLN. In esse era inclusa la svolta del XXII Congresso e la possibilità “reale” di un centro-sinistra.

La nonviolenza è l’acme ideale di una concezione razionale della realtà. Se ogni forma del pensiero ha bisogno, nell’atto pratico, di una manifestazione concreta e basata quindi sul sentimento e la persuasione, la nonviolenza è l’atteggiamento sentimentale  e persuasivo di chi è totalmente fuori da ogni conformismo, di chi si è totalmente “liberato” attraverso gli strumenti della ragione e della cultura.

Pier Paolo Pasolini
(Vie Nuove, 4 gennaio 1962)


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