Febbraio, è tempo di Carnevale. Un periodo di passaggio e di sospensione che si caratterizza per una cucina molto ricca, nella quale abbondano i dolci e i fritti.
Nel Carnevale, che inizia subito dopo l’Epifania, riprende il cammino dell’anno, che si era sospeso nell’osservazione di sé durante il tempo del Natale, il tempo della luce interiore. L’anno prende ad espandersi con “luce crescente” fino a un culmine nelle giornate “grasse” che precedono la Quaresima, che è tempo di contenimento e di preparazione per la Pasqua.
La festa della Candelora, il 2 febbraio, è la festa delle candele e delle luci. Il calore interiore del Natale si dirige verso l’esterno, viene condiviso dalla terra ai suoi abitanti. Quello stesso calore interiore che ha scaldato il nostro cuore feconda la natura che torna a crescere, prima timida e poi, con la primavera, più vigorosa e spavalda.
A febbraio, che deriva dal latino februare (purificare) si comincia a percepire questa “febbre” del risveglio, e con la festa del Carnevale ci si concede, nelle nostre tradizioni antiche, un momento di “pazzia”, di anormalità. I ruoli si scambiano, le posizioni si invertono.
Semel in Anno Licet Insanire! Una volta all’anno è lecito “dare di matto”. Così è durante il Carnevale, quando, grazie allo scambio dei ruoli, si prepara la comunità all’adempimento dei propri doveri sociali.
Infatti non solo è lecito, ma è anche doveroso, di tanto in tanto, insanire, deviare dal percorso tracciato, “di-vertirsi”. Che comunità potrebbe mai essere infatti quella nella quale i ruoli non si ricompongano neppure per gioco, quella in cui tutto fosse sempre rigido e fisso, tracciato, in cui non si fosse capaci di accogliere la devianza? Sarebbe una comunità povera, spenta, priva di vita, priva di crescita. Nella devianza, nell’errare, si annida la possibilità del nuovo, della vita che rinasce. Una comunità irrigidita dalla paura, incapace di riconoscere l’altro e il “diverso” e di accoglierlo nella sua verità, è destinata presto a lasciare il passo.
Le tradizioni che insegnavano il corpo sociale ad accogliere la devianza erano fiorenti, ad esempio, nel Medioevo: nel tempo di Carnevale era consentito ai poveri “giocare a fare i ricchi”, consumando quel cibo di “grasso” che nel resto del tempo non potevano permettersi. Una devianza che permetteva, di fatto, di mantenere lo status quo.
Anche oggi, in tempi nei quali i ruoli sociali e i comportamenti sono radicalmente differenti rispetyto al Medioevo, resta il simbolo di quel che è stato un tempo il bisogno di invertire i ruoli, di travestirsi, di creare una differente rete di relazioni tra uomini, che vada al di là dell’abito ingessato che si è costretti a (o si vuole) indossare tutto il resto dell’anno.
In questo “tempo dei matti” uno dei protagonisti in cucina è il fritto, il cibo grasso per eccellenza. Dolce o salato non importa: frittelle, galani, castagnole, gnocco fritto, polpette.
Per una volta non si guarda alla “dieta”. E per una volta (o per limitate volte, la cui frequenza ciascuno è in grado di valutare per sé stesso) va benissimo che non vi si guardi: bisogna pur di tanto in tanto dare una accelerata alla nostra macchina, è utile dare uno scossone che serve anche in un certo senso per “purificare”, riprendendo l’etimologia di febbraio sopra ricordata: purificare almeno il pensiero, non farsi imbrigliare dalle maglie di una perfezione che è un gioco dell’ego. La devianza serve anche per rientrare nella regolarità e nei suoi rassicuranti (e utili) ritmi, ma arricchiti di qualcosa in più. Tutto è buono, se intriso di consapevolezza.
Il fritto è una delle tecniche di cucina di base. Consiste nella cottura di un ingrediente tramite il mezzo di un grasso (olio vegetale nella maggior parte dei casi, ma anche burro o più raramente strutto ed altri tipi) che permette di raggiungere temperature più alte dell’acqua e automaticamente salvaguarda l’ingrediente che viene cotto creando una gradevolissima e croccante “corazza” protettiva.
Cosa sono i grassi? Una delle tre sostanze di base (macronutrienti), oltre all’acqua, di cui è composto il cibo di cui ci nutriamo: grassi o lipidi, carboidrati e proteine. Sono legati al calore (sviluppano più del doppio delle calorie di proteine e carboidrati) e alla luce. Nei grassi infatti si immagazzina calore, quello del sole che viene trasmutato negli organismi e nelle piante. Questo calore viene rilasciato in forma molto vigorosa nelle cotture fritte. Questo tipo di cottura rende praticamente qualsiasi cibo “buono”, appetitoso.
Vi propongo qui due versioni di frittelle, una dolce e una salata.
Le ricette