Come abbiamo visto, se da un lato abbiamo il mulino, dal lato opposto, dal XIV secolo, abbiamo una “fabrica” ancora più importante: la cartiera. Non una cartiera ma la cartiera che fino alla metà del XVIII secolo avrà il monopolio della produzione di carta in tutto il territorio padovano.
Sono i Carraresi a dar vita alla cartiera affittando nel 1351 “la fabrica” al maestro Sempri per la fabbricazione della carta “bombasina”. Da questo momento fino al 1405 si alterneranno diversi maestri produttori di vari tipi di carta, alcuni provenienti da Fabriano. Il passaggio è enorme: dal papiro e dalla pergamena si passa alla carta prodotta con gli stracci.
Nel 1405 arrivano i veneziani che la confiscano e nella proprietà si alterneranno nomi di nobili e famose famiglie: Corner, Barbon, Morosini, Giustinian, Contarini, Gradenigo, Mocenigo, Grimani e altri, in società con conventi, monasteri, congregazioni. Avranno, dalla Dominante, il monopolio totale della vendita della carta nel territorio padovano, il divieto di costruire nuove cartiere, il controllo sulle “strazze” e sulle colle, oltre ad altri molteplici privilegi e benefici. Il tutto grazie a grosse multe, condanne e controlli doganali posti lungo i canali con catene per bloccare le barche e il controllo delle filigrane. Negli altri territori Venezia aveva più cartiere ma ogni cartiera inseriva dei propri simboli all’interno dei fogli per attestarne la provenienza.
Il monopolio, nonostante le proteste padovane per la qualità della carta prodotta a Battaglia, a causa della non sempre limpida acqua, rimase in vigore fino al XVIII secolo. Ricavare la carta dagli stracci era una procedura complessa ma nel 1700 la cartiera produceva 550.000 fogli annui. I nomi dei tipi di carta prodotti cambiavano nel tempo, dapprima: Carta Real, Mezana, Cancellaresca, Fioretto, Strazzo. Poi: Corsiva e Corsivetta ordinaria, da Scrivere fina, ordinaria e da navegar, Lion fina, Reale sottile, per far Sonetti, de Manganeri.
A seguire la produzione di tutte queste carte c’era il Cartaro ma nella cartiera lavoravano molte donne. Le strazze appena arrivate venivano divise con cura tenendo conto del materiale e della sporcizia, poi venivano collocate dentro delle tinozze a ripulirsi e a macerare. I tempi di macerazione cambiavano ma quando erano ritenute pronte, venivano estratte, pressate, trasformate in un salame e tagliate a fettine e poi pestate dai piloni di legno, attivati dai folli mossi dall’acqua. I piloni avevano anche chiodi e pezzi di ferro per macerare meglio e ridurre il tessuto, bagnato continuamente da rivoli d’acqua, in pasta.
Dopo 30 ore di battitura continua di 119 piloni, la pasta veniva riversata in un grosso contenitore. Toccava ora al cartaro dar la la forma al foglio utilizzando un telaio e i giusti rapidi movimenti per distribuire la pasta in maniera omogenea. Scolata l’acqua e rimosso un lato del telaio, il foglio veniva collocato sopra un feltro e ricoperto da un altro feltro fino a fare una pila. La pila finiva in un torchio e dopo esser stati strizzati, i fogli venivano staccati delicatamente e stesi in apposite stanze collocate in cima alla cartiera, per eliminare l’umidità. Gran parte di questo lavoro era affidato alle donne che avevano anche creato una piccola compagnia teatrale che recitava nello spazio degli stenditori.
Tutti i documenti, atti, libri scritti tra il XIV e il XVIII secolo nel territorio di Padova, sono stati realizzati utilizzando la carta prodotta dalla cartiera di Battaglia Terme. Alla fine del 1700 la cartiera perse il monopolio e lentamente calò la produzione fino alla chiusura.