Sembrerebbe proprio di sì. Almeno in cucina. Il tempo che gli italiani dedicano alla cucina continua a ridursi. Oggi, secondo indagini effettuate nel nostro Paese, ogni famiglia dedica alla preparazione del pranzo e della cena complessivamente poco più di 30 minuti.
Più che per un piatto di spaghetti aglio e olio oppure per scartare una confezione di stracchino o di salumi (preaffettati) sembrerebbe non esserci tempo per altro.
Diventa allora inevitabile il ricorso sempre più frequente e massiccio ai piatti precotti e surgelati, alle insalate cosiddette della “quarta gamma” (già mondate, lavate, disinfettate e pronte per essere condite), allo scatolame. E anche, inevitabilmente, a prodotti freschi, ma che non richiedano manipolazioni, lavaggi e cotture appena appena più lunghe, laboriose o complesse (per esemplificare: sì alle zucchine anche in dicembre, no alla scarola o al sedano rapa).
Per gli stessi motivi, il consumo di salumi e formaggi diventa per molti abitudine (o necessità) quotidiana. Di fatto, in molte famiglie gli spinaci freschi sono solo un ricordo di gioventù, i carciofi ripieni sono assai graditi (ma solo quando li prepara la nonna), la realizzazione di una semplice besciamella sfugge ormai alle ridottissime competenze culinarie di chi sta in cucina.
Le conseguenze sono intuitive e non hanno bisogno di grandi spiegazioni: il costo della spesa lievita, la qualità scade in proporzione, la quantità di rifiuti da imballaggi aumenta, la soddisfazione a tavola tende a zero (e la salute ne soffre).
Se vi ritrovate (anche parzialmente) in questo scenario, provate a cambiare direzione e ricominciate, con calma, a cucinare cereali e legumi (sono molto comodi anche preparati in anticipo) e, magari, a preparare con le vostre mani pane, pasta, yogurt, conserve e confetture. Le spese caleranno, mangerete meglio e, tra l’altro, la vostra autostima crescerà.
Il che non guasta mai.