“Smetti di sognare, la vita non è una favola!”: questo spesso mi sentivo dire da ragazzo. E, crescendo, ho capito che avevano ragione.
No, non ho smesso di sognare, ma ho compreso che effettivamente la vita non è una favola.
Essa, infatti, può essere una fiaba.
E tra fiaba e favola c’è una differenza sostanziale.
I dizionari in genere considerano questi due termini come sinonimi ma evidentemente essi non contemplano il linguaggio dei simboli perché è a livello simbolico che si gioca la questione.
Ed è una questione di non poco conto per la nostra vita.
Per comprenderla possiamo prendere a riferimento Cappuccetto Rosso. Di questa storia ne esistono molte versioni, qui ne prendiamo in considerazione due in particolare: quella presente nella raccolta di Charles Perrault (che chiameremo versione favolistica) e quella presente nella raccolta dei fratelli Grimm (che chiameremo versione fiabesca).
Le due versioni, in sostanza, differiscono per il finale: la favola finisce con Cappuccetto Rosso mangiata dal lupo, mentre la fiaba fa arrivare il cacciatore che salva la nonna e la bambina.
Prendiamo in considerazione i personaggi della storia, in ordine di apparizione: Cappuccetto Rosso, la mamma, il lupo – che nell’accezione più semplicistica è cattivo! – e la nonna.
La favola di Cappuccetto Rosso finisce qui, con la piccola mangiata dal lupo. La fiaba invece continua e fa arrivare il Cacciatore – che salva.
Torniamo con la memoria alle scene iniziali della fiaba. Se le guardiamo con attenzione, diverrà evidente che nel quadretto famigliare che viene descritto spicca un’assenza: manca il padre.
Come spesso accade nelle fiabe, il padre non c’è o è distratto.
Qui non viene neppure citato; approfondiremo in altri articoli il possibile motivo, per il momento ci concentriamo sui personaggi maschili della storia, elencandoli con la loro caratteristica prevalente:
- il padre – assente;
- il lupo – cattivo; (e qui finisce la favola)
- il cacciatore – salvatore.
La favola è una storia che viene raccontata con un manifesto intento pedagogico, ovvero con l’intenzione di insegnare qualcosa (da cui il modo di dire “qual è la morale della favola?”). Nel caso di Cappuccetto Rosso l’insegnamento che la favola vuole trasmetterci è: non trasgredire e non disubbidire alla mamma!
La favola però non conosce il linguaggio dei simboli e non sa che essi agiscono sempre, anche se non ne abbiamo coscienza. Quindi io racconto a mio figlio la favola di Cappuccetto Rosso perchè spero che così non mi disobbedisca più, ma in realtà dal punto di vista simbolico il messaggio profondo che arriva al suo inconscio è il seguente: il maschile o è assente (il padre), o è cattivo (il lupo). Fine.
La fiaba, invece, introducendo la figura del cacciatore, ci dice: potrai sperimentare un maschile assente o uno cattivo, ma sappi che c’è anche un maschile che salva.
Un’altra differenza fondamentale tra fiaba e favola è nella dinamica del protagonista. Nelle favole, in genere, non c’è cambiamento mentre nelle fiabe il protagonista cresce lungo il percorso e grazie alle avventure in cui inciampa.
Nella favola della formica e della cicala non c’è trasformazione: alla fine della storia la formica resta formica e la cicala resta cicala, io devo semplicemente capire la morale, comprendendo che è meglio essere formica e rifuggendo dalle tentazioni della cicala.
Nelle fiabe, invece, il protagonista cambia: all’inizio è quello su cui nessuno scommetterebbe un centesimo, quello più misero, debole, povero. In certi casi viene addirittura chiamato “il grullo”.
Ma sarà proprio lui che lungo il percorso si trasformerà e alla fine diventerà l’eroe.
E questo parla di noi, perchè ognuno di noi in certi momenti si sente come il protagonista delle fiabe; all’inizio, misero, debole, senza speranza. È proprio allora che le fiabe ci dicono: “Bene! Allora sei proprio tu colui che diventerà l’eroe della propria vita!”.
Vivere non è aderire a un ruolo che qualcun altro ha scelto per noi ma crescere attraverso le esperienze che viviamo e, crescendo, diventare sempre più noi stessi.
Ecco perchè le fiabe sono vere: esse, in realtà, parlano di noi. E nei prossimi articoli lo scopriremo sempre di più.