“L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire” (Cesare Pavese).
L’espressione della primavera, con lo spuntare delle prime erbette, sembra corrispondere in natura esattamente a questa citazione, così bella e preziosa. La natura comincia, ricomincia, ed è una gioia! L’unica gioia al mondo.
Nel perfetto equilibro che tiene a galla l’esistenza, questa gioia nasce dal riuscire a vedere la manifestazione della rinascita collegata al tempo del riposo interiore, nei mesi freddi e bui.
In quei mesi la luce e il calore sono la fiammella che riscalda la grotta, il fiato del bue e dell’asinello, il calore interiore del cuore. Sono il frutto che la terra immagina per attendere il tempo dell’espressione, nel gioco continuo di dare ed avere che alimenta il mondo.
Con l’arrivo della primavera questo calore interiore, prima timidamente e poi in maniera sempre più decisa e spavalda, si manifesta. Arriverà il momento nel quale, sul finir dell’estate, coglieremo dalla natura, se riusciamo ad affinare il nostro sguardo e a percepire quei colori sottili dell’anima che stanno dietro alle manifestazioni esteriori delle cose, un senso di stanchezza, di tempo di raccolta. Capiremo che la forza timida del marzo o quella vigorosa espressione di giugno e luglio viene meno, che quello che si poteva è stato offerto: cominciano a vedersi foglie gialle e arancio, la nostra anima si colora pure di toni tenui e si acquieta, inizia a raccogliere interiormente quel fuoco che si è manifestato per i lunghi mesi estivi e che si percepisce ora come buono, riposo. Ecco, il ciclo riprende, come ogni anno, come sempre. Solo ad un livello diverso, con una consapevolezza in più, con le esperienze maturate nell’anno che è passato.
Ora è però la primavera che si impone! Siamo a marzo. La terra risponde, nascono le prime erbette. Nascono, così come fossero un’espressione della libertà interiore, che non può essere nascosta: quando arriva il suo tempo si manifesta, ed è gioia.
Le erbette della primavera fanno pensare al mondo che sempre compensa: dopo l’inverno, la voglia di nascere, di “essere“, di rendere manifesto. È il respiro che governa anche il mondo, luce e ombra, yin e yang, sole e luna. Tutta la vita ruota con questo movimento e le erbe, pelo verde della terra, tornano a uscire.
C’è una legge che governa il tutto, che si esprime nella relazione.
È importante, fondamentale, nella manifestazione delle cose, capire che tutto si riconduce sempre alla relazione tra di esse. Anche in cucina, è chiaro! La cucina è un fatto relazionale, non solo una trasformazione di ingredienti: quello è solo il fenomeno apparente. Si cerchi di arrivare al cuore, alla parte non visibile che muove il visibile (“L’essenziale è invisibile agli occhi”).
Se così non fosse, se non esistesse una rete invisibile di relazioni che sottende quello che è percepibile ai sensi, io non sarei qui a scrivere, voi a leggere, noi non potremmo comunicare. Questo pezzo di carta o questo schermo non sarebbe altro che materia su materia. Fredda, inerte, senza senso. Un pezzo di ortaggio sarebbe pure materia inerte, vuota. Mentre può riempirsi, assumere vita e trasformarsi, nella nostra immagina-azione, nell’azione che immaginiamo e poi realizziamo, trasformandosi attraverso essa in cibo per noi, occasione di relazione.
Cogliamo allora questo respiro, questo messaggio che ci arriva dalla terra. Tutto sempre rinasce, sempre si ripresenta, tutto ricomincia, sempre. In forma nuova. Ed è una gioia.
Cogliamo questo senso, in un tempo che ci appare a volte cupo, tormentato ed opprimente, un tempo nel quale prevalgono visioni di malattia, di dolore, di pochezza materiale, di falsità.
Cerchiamo di capire, quando ci viene comunicato quello che rischiamo di “perdere”, che abbiamo invece solamente da guadagnare. Che cosa? Il nostro mondo reale, sotto la superficie: il farsi del destino in noi. Se allarghiamo lo sguardo fino a cogliere il ritmo del mondo, ritmo che si fa nella natura e si fa in noi, espressione della ragione intima delle cose, sapremo collocarci in quello spazio che Demetra, rinunciando a sé, fa di sé nella natura, affinché nuovamente fiorisca e di manifesti.
È lo spazio del dono e dell’offerta, lo spazio della Relazione.
E allora saremo anche noi natura, la nostra vera natura, e tutto quello che accade non potrà turbare il nostro sguardo sereno, il nostro cuore calmo, la nostra comprensione profonda, capace di distinguere quello che è eterno da quello che è destinato a perire nella sua natura impermanente.
Saremo anche noi primavera, saremo autunno e saremo inizio, l’unica gioia al mondo.
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