acqua africa

Prima l’acqua, poi tutto il resto

L’esperienza di ACS, Associazione di Cooperazione e Solidarietà. Senza acqua non c’è vita, senza acqua non c’è futuro. In certe zone dell’Africa oltre il 90% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Da circa cinque anni, Acs collabora anche con le popolazioni del Maniema e del nord Kivu, due regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo. Le condizioni di vita, le infrastrutture, le comunicazioni, la capacità di intervento dello Stato e le competenze disponibili in queste aree remote dell’Africa sono profondamente differenti da quelle che Acs aveva conosciuto nei Balcani e in Medioriente. 

Paradossalmente, la gente vive con molto meno, ma ogni attività che presupponga un seppur piccolo salto di qualità, rispetto alla pura sussistenza, ha dei costi enormi. Per fare un esempio banale, il gasolio per il funzionamento dei generatori può costare fino a sei dollari al litro nella città di Kindu, capoluogo del Maniema (e ancor di più fuori città). Siamo nel mezzo della foresta tropicale, si potrebbe ricavare energia idroelettrica dal fiume Congo e fotovoltaica dall’implacabile sole, ma se mancano le competenze per gestire le tecnologie necessarie, basta un granello di sabbia nell’ingranaggio e tutto va in malora. Di conseguenza, si va avanti precariamente con i generatori e rimangono bloccate tutte le possibilità di avanzamento socio-economico.

Ma cosa intendiamo per avanzamento socio-economico? Vi faccio qualche piccolo esempio: senza elettricità non si può garantire la corretta conservazione dei medicinali, non si possono organizzare attività scolastiche (lavagna e gessetti esclusi), non si possono utilizzare mezzi di comunicazione (radio, tv, telefono, computer), non si può garantire il funzionamento degli ambulatori medici e degli ospedali, né la conservazione del cibo nei frigoriferi. Senza elettricità non lavorano i falegnami e non si sviluppa l’artigianato. Non si può pensare alla trasformazione dei prodotti agricoli e quindi nemmeno alla conservazione di scorte per i periodi in cui i raccolti sono più scarsi.
Se per avere dei vasetti di vetro bisogna importarli per via aerea dai Paesi vicini o addirittura da altri continenti, si finisce per non fare conserve e per coltivare (o raccogliere) solo quanto può essere consumato o venduto entro due, tre giorni. Solo i cereali e la manioca possono essere facilmente conservati più a lungo e diventano (soprattutto la manioca) la base dell’alimentazione.

Vi ricordate i black-out dell’estate 2003? provate a immaginare se fosse così ogni giorno dell’anno: qualche ora di corrente e poi, senza preavviso, niente per dodici, quindici ore di fila, o magari per giorni interi.
Questa è solo una premessa per cercare di farvi immaginare quali difficoltà può incontrare una comunità, quando non ha strade, non ha acquedotti, non ha competenze, non ha energia elettrica e non ha altra conoscenza che quella tramandata da generazioni, che serve a sopravvivere nella natura, con la natura, nonostante la natura, attraverso la natura.

Il Maniema ha una superficie pari a oltre il 40% di quella italiana, ma è abitato da appena 1.240.000 persone. La foresta ne ospita ancora la maggior parte, che vive di quel che riesce a procurarsi, si potrebbe dire, in simbiosi con essa
In queste condizioni, parlare di sviluppo è un ragionamento di là da venire. Ci sono questioni ben più basilari da affrontare: oltre il 90% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Le donne e i bambini camminano ogni giorno per ore per raccogliere, in taniche di plastica da venti litri, la poca acqua che deve bastare al consumo familiare. Dedicare tre, quattro ore, a volte anche di più, alla raccolta dell’acqua significa togliere tempo alle altre attività: alla scuola per i bambini, alla formazione, al riposo, all’educazione dei figli per le donne. Se tutte le energie sono impegnate per sopravvivere (nel senso letterale di «restare in vita, giorno per giorno»), non c’è spazio per pensare ad altro…
Le sorgenti o, peggio, le pozze d’acqua vengono utilizzate, indistintamente da uomini e animali, per bere, per lavarsi, per lavare i panni e le stoviglie. L’acqua, fonte di vita, si trasforma spesso in portatrice di malattie: il colera e le diarree, causate dall’uso di acqua sporca o contaminata, sono molto diffuse ed hanno spesso esito letale, soprattutto tra le fasce più deboli della popolazione (bimbi, malati, persone sottonutrite).
Il tasso di mortalità infantile della Repubblica Democratica del Congo è di 117 bimbi che muoiono prima di compiere cinque anni per ogni 1.000 nati vivi (in Italia il tasso è 3,9). Inoltre, la speranza di vita è di 47,5 anni (in Italia di 82 anni). Questi dati sono riferiti all’intero Paese e si presume che nelle zone rurali possano essere ancora peggiori.

Per questo abbiamo iniziato il nostro affiancamento alla popolazione del Maniema occupandoci di acqua: a partire dal 2008 abbiamo costituito e formato una squadra di pozzaioli, in grado di stabilire il punto giusto in cui scavare il pozzo e il modo più corretto di mettere in sicurezza le sorgenti, nonché di realizzare tutte le opere necessarie per arrivare al pozzo finito e alle fontane d’acqua pulita vicino alle sorgenti. Le tecniche e le tecnologie adottate sono tutte ben padroneggiate dai lavoratori, e la manutenzione delle opere è semplice e gestibile in autonomia dalla popolazione.
Contemporaneamente ai lavori edili, una squadra di operatori sanitari insegna alle donne (fulcro attorno a cui ruotano le famiglie) le principali nozioni di igiene, per promuovere un uso corretto delle opere e dell’acqua, e realizza corsi di educazione alimentare perché sia migliorata la dieta, in particolare dei bambini e delle persone malate. Generalmente i punti di accesso all’acqua sono realizzati in prossimità dei dispensari e degli ambulatori medici, perché diventino anche centri di monitoraggio delle condizioni di salute della popolazione.
Dal 2008 ad oggi, grazie a diversi contributi ed in collaborazione con altre associazioni, abbiamo finanziato la realizzazione di oltre ventisette pozzi e la messa in sicurezza di quattro sorgenti, raggiungendo una popolazione di oltre 60.000 persone.

(Per ulteriori approfondimenti: www.acs-italia.it)                     Biolcalenda giugno 2013

sorgente libera
foto 1: Prima. La sorgente non ha alcun sistema di captazione e viene usata promiscuamente e indistintamente da uomini e animali e per tutti gli usi.

 

sorgente captata
foto 2: Dopo. Captandola prima della sorgente e convogliandola in una fontana, si garantisce che l’acqua, per uso alimentare e sanitario, non venga contaminata.


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