La comunicazione di Paolo Sequi e di Anna Benedetti al Senato, di cui abbiamo già dato notizia, non è stata ripresa dalla stampa in modo adeguato. Non tutti i giornalisti che hanno letto il resoconto dell’audizione alla Commissione agricoltura del Senato, d’altra parte, hanno subito compreso l’importanza e la novità di quanto detto, anche perché l’affermazione che gli ogm potrebbero essere coltivati, ad una lettura affrettata poteva essere considerata prevalente sui gravi pericoli che possono derivare dalla commistione con il resto dell’agricoltura.
Uno dei pochi che compresero subito la gravità della situazione emersa al Senato, fu Fabio Piccoli, che ne L’Informatore agrario, n. 25, allarmò subito i lettori. Eppure, le lettere pubblicate le settimane successive dimostrano poca comprensione dei meccanismi descritti dai due scienziati, benché semplici e non illogici e benché presentino analogie con altri fenomeni più studiati. Possiamo citare il ritorno dal terreno in piante coltivate gli anni seguenti di sostanze “sistemiche”, o di loro metaboliti, le azioni aggressive di virus e di certi batteri. D’altra parte, a quanto sappiamo, nessuno ha negato che la frazione artificiale di DNA sia innestata e non intimamente compresa nell’elica della pianta manipolata. Non ci sembra galileiana l’affermazione di Mirella Sari Gorla della Società italiana di genetica agraria, che l’affermazione che le piante gm rilasciano DNA più attivamente «è totalmente illogica: sarebbe necessario invocare un meccanismo che, a prescindere dalla modificazione genetica introdotta, spinge una pianta geneticamente modificata a rilasciare più DNA nel terreno di una pianta “normale”».
Nemmeno Silvestro Gallipoli, presidente di Geproter, ammette le osservazioni dei due scienziati, e si chiede, appellandosi al buon senso: «sarei proprio curioso di sapere quale potrebbe poi essere il meccanismo naturale in base al quale del DNA presente nel suolo potrebbe essere inserito nel DNA di piante non modificate geneticamente, o, a questo punto, di mia figlia che spesso porto a giocare in campagna e nei prati pubblici». Spero che l’amore per la figlia gli faccia accogliere il famoso e denigrato principio di precauzione.