Nel lombrico sono presenti ghiandole calcifere importantissime, responsabili della produzione di carbonato di calcio che è un elemento fondamentale per la crescita delle piant.
Tra i molteplici organismi che popolano il suolo è doveroso segnalare un organismo in particolare, in grado di costruire e determinare le caratteristiche dei terreni nei quali opera. Ovviamente non è solo e non è l’unico, ma è certo che il lombrico possa dirigere favorevolmente l’attività di batteri, funghi e di una moltitudine di piccoli invertebrati.
Nei luoghi e nei terreni dove vi sia un discreto grado di umidità il lombrico rappresenta uno dei massimi artefici della naturale fertilità. Nella fauna italiana si contano una novantina di specie differenti appartenenti a diversi ambienti. Forma, colore e dimensione variano in base alla specie. Le specie di lombrichi si dividono indicativamente in 5 categorie.
I profondi scavatori, spesso di grandi dimensioni, che producono gallerie prevalentemente verticali nel suolo (ad esempio Eophila tellinii). Gli epigei che vivono nel fogliame e sotto lo strato più superficiale del terreno. Gli endogei che vivono prevalentemente all’interno del suolo e solo raramente emergono in superficie. Vi sono poi poche specie che vivono nei corsi d’acqua (o in prossimità di questi) o comunque in terreni molto umidi. Mentre alcune specie vivono quasi esclusivamente nel letame o nel compost e la loro presenza è quasi nulla in altri ambienti. Vi sono particolari aree geografiche che devono la fertilità e le caratteristiche del suolo proprio all’azione del lombrico.
Non vi è ombra di dubbio che tutti contribuiscano all’evoluzione del substrato in cui vivono e operano. Ovviamente per poter operare al meglio è necessaria l’assenza di agenti chimici nocivi o di altre azioni di disturbo che siano particolarmente impattanti, e sarà fondamentale la disponibilità di sostanza organica (vegetale e/o animale), oltre ad un discreto grado di umidità. Il lombrico muore con il secco e non gradisce il caldo intenso. Sarebbe utile poter istituire all’interno delle aziende agricole anche delle “zone di rispetto” per permettere al lombrico di proliferare e riprodursi senza interferenze per poi colonizzare le altre aree (una sorta di nursery).
L’azione del lombrico
Potremmo paragonare il suolo ad un apparato digerente nel quale avviene una digestione ed una metabolizzazione della materia organica. Un suolo sano deve poter assimilare al meglio, e digerire, i vari residui in modo che l’intero organismo poi possa funzionare al meglio; ogni organismo deve quindi poter assimilare al meglio il proprio nutrimento. Così è per il terreno, così è per l’azienda agricola.
Inumidimento, sminuzzamento, miscelazione e decomposizione sono le principali attività operate dal lombrico nelle quali vengono mescolate e cementate da un muco proteico la parte minerale del terreno (o roccia madre) insieme alla parte organica, formando un aggregato definito complesso Argilla-Humus. Questo complesso migliora la condizione fisiologica della pianta, e la struttura stabile che assume come conseguenza del processo di umificazione, ne impedisce il dilavamento.
Nel lombrico sono presenti ghiandole calcifere importantissime, responsabili della produzione di carbonato di calcio che è un elemento fondamentale per la crescita delle piante. Contiene nell’intestino un’ampia popolazione di microrganismi coinvolta in numerose reazioni di decomposizione, tra cui batteri cellulosolitici che favoriscono la demolizione della lettiera. Le deiezioni del lombrico rappresentano una fonte notevole di elementi nutritivi per il terreno.
Molte e ripetute esperienze dirette hanno evidenziato che l’uso del preparato Fladen favorisce la presenza del lombrico nel suolo.
Questo piccolo animaletto è estremamente importante per il terreno, sia per l’azione nel ciclo del detrito che per la struttura. Si ciba di residui vegetali ed animali e, durante l’ingestione, assume notevoli quantità di microrganismi (batteri e funghi fondamentali per la biodiversità e per il tipo di “servizio ecologico” che forniscono) le cui spore vengono eliminate con le feci e distribuite in una vasta area. Vi è un aumento del carico microbico, sia di batteri che di attinomiceti, osservabile dall’attività microbica respiratoria presente nelle sue deiezioni. La materia organica ingerita dal lombrico viene restituita in forma stabile, ideale per la nutrizione delle piante; la flora intestinale del lombrico è una flora generatrice di humus. E l’humus è importante perché è in grado di resistere a vari tipi di stress (chimici, fisici, biologici) senza degradarsi facilmente; al contrario invece di sostanza organica non umificata (che è maggiormente soggetta a degradazione).
Le deiezioni del lombrico contengono sostanza organica e princìpi nutritivi in quantità superiore rispetto al terreno di partenza: sostanza organica +50%, calcio +150%, magnesio +300%, azoto +500%, fosforo +700%, potassio +1000%.
Lo stesso Darwin era stupito dal fatto che questo insetto producesse terreno fertile riportando in superficie dagli strati più profondi grossi quantitativi di sostanza. E durante questo salire in superficie per poi ridiscendere il lombrico scava gallerie nelle quali microrganismi aerobici trovano il proprio habitat ideale.
Spesso ci si interroga su quale possa essere il migliore attrezzo per lavorare il terreno… non sarebbe azzardato affermare che il migliore attrezzo è proprio il lombrico, insieme alle radici delle piante.
Occorre dunque, anche qui, citare Steiner: “L’agricoltore ha il compito di badare a che il processo naturale si svolga nel giusto modo”.
Mentre purtroppo l’agricoltura industriale ha sacrificato i processi naturali nel nome del profitto e degli interessi di parte, con gravi ricadute sull’ambiente e sulla fertilità organica dei suoli.
Il lombrico produce vita ed è portatore di vita (insieme alla comunità terricola), mentre l’industria per decenni ha pensato di poter sostituire questa vita con concimi inorganici di sintesi. I più diffusi sono i concimi ammoniacali ricavati dalla riduzione diretta dell’azoto molecolare, a temperature di 1000°C e pressioni di 200 bar. Oppure nel caso dei concimi nitrici questa sintesi avviene dall’ossidazione di azoto atmosferico (che sarebbe una forma non disponibile alla nutrizione delle piante) a temperature di 2700°C utilizzando l’arco voltaico. Viene da chiedersi che fine faccia la vita sotto queste condizioni.
Ma che differenza c’è tra un concime prodotto da un essere vivente ed un concime sintetizzato attraverso un processo industriale? Azoto organico e azoto di sintesi hanno le stesse qualità? La naturale biodiversità del suolo è maggiormente stimolata e favorita da concimi organici o da concimi di sintesi?
Già nel 1924 Rudolf Steiner intuì che era necessario “portare vita al vivente” per contrastare il declino dell’agricoltura e la perdita di fertilità dei terreni.
Per via delle sue funzioni e per il suo ruolo potremmo anche definire il lombrico una “mucca sotterranea”, valido alleato dell’agricoltore, che lavora in silenzio, umilmente, in grado di mantenere la fertilità del terreno garantendo la presenza “animale” e garantendo la funzione che un tempo era appunto delegata alla vacca. Grazie lombrico!
“Se si continuerà a concimare con concimi minerali allora i vostri figli e i figli dei vostri figli cresceranno molto pallidi. Le facce non si potranno distinguere dalle mani tanto saranno bianche. Dipende dai campi bene concimati se essi possono avere un colorito vivace e sano”.
R. Steiner, 1924