Come già accennato nella prima parte dell’articolo, uno dei motivi per cui avviene la proliferazione della Gramigna è rappresentato dalla notevole vigoria e forza che caratterizzano questa specie vegetale (come altre Graminacee). Ma vi sono fattori legati alle caratteristiche del terreno che possono determinare condizioni di sviluppo ideali e favorirne oltremodo la proliferazione. Ogni organismo vivente necessita di un particolare tipo di ambiente per la propria sopravvivenza, e ciò vale anche per la Gramigna (pur essendo questa specie in grado di adattarsi comunque a diversi ambienti e condizioni).
Nel caso della Gramigna questo è il primo e più importante fattore su cui lavorare. Le cause che portano alla presenza massiccia e persistente di questo vegetale sono la carenza di humus nel terreno, la mancanza di struttura ed il compattamento del suolo soprattutto nella zona mediana (la zona che si trova al di sotto dello strato più superficiale). Oltre ad un certo ristagno idrico.
Anche l’uso di input chimici come diserbanti, concimi di sintesi e antiparassitari può favorire la proliferazione di questa erba.
Lavorando su questi fattori vengono rimosse “a monte” le cause che determinano la proliferazione incontrollata di questa temibile infestante. Si tratta di fattori agronomici. L’agricoltura biodinamica ben applicata opera proprio in questa direzione favorendo lo sviluppo dell’humus nel terreno, la sua vitalità e la miglior struttura, risanando suolo e ambiente. Il miglioramento della struttura del terreno deve avvenire come conseguenza dell’incremento della fertilità organica.
Il ricorso regolare ad un buon compost di origine animale ben trasformato (oppure all’humus di lombrico sempre di origine animale) è di sicuro uno degli elementi più utili, senza tralasciare i preparati biodinamici ed il ricorso a lavorazioni del terreno che ne tutelino la fertilità organica.
Lavorazioni effettuate con il terreno perfettamente “in tempera” senza che vi sia l’alterazione della stratigrafia (inversione degli strati). Risulta utile il dissodatore multiplo ad ancore. Sarà importante ripristinare la vita microbica aerobica.
Ovviamente si tratta di metodiche di controllo indiretto che però possono offrire risultati duraturi e stabili nel tempo.
Per metodiche di controllo diretto, per risultati più immediati, si rendono necessarie lavorazioni del terreno che consentano di scalzare ed estirpare le radici (rizomi) in modo da esporle all’azione degli agenti atmosferici; in particolar modo al gelo invernale oppure al caldo e al Sole estivo. Ovviamente la radice dovrà essere scalzata al meglio e nella sua interezza. In questo modo è possibile limitarne la proliferazione.
È importante effettuare queste operazioni di diserbo meccanico con la Luna in Capricorno e, possibilmente, in fase calante (vedere calendario biodinamico per ulteriori indicazioni e suggerimenti). Per questo tipo di operazione non bisogna utilizzare macchinari azionati dalla presa di forza (ad esempio erpici rotanti o frese) poiché si rischia di frammentare, moltiplicare e propagare ulteriormente gli organi riproduttivi (rizomi). Si tratta di operazioni che devono essere svolte in maniera adeguata e sempre con terreno “in tempera”. Occorre tenere ben presente che tutte le operazioni di diserbo meccanico sono condizionate da fattori pedoclimatici (e cioè condizioni del suolo e del clima). Dunque è necessario intervenire al momento opportuno pianificando e programmando al meglio le varie attività . Purtroppo con il diserbo meccanico non vi sono sempre garanzie di successo al 100% poiché questa specie si riproduce quasi esclusivamente attraverso lunghe ed estese catene radicali rizomatose e stolonifere che possono raggiungere i 50 centimetri di profondità e oltre, formando grovigli in grado di penetrare anche l’asfalto. Dunque bisogna sperare che l’apparato radicale non sia sviluppato fin negli strati più profondi del terreno.
Lì dove possibile si può utilizzare una buona pacciamatura che sia costituita da un telo robusto e tenace. Ovviamente il telo pacciamante dovrà essere realizzato con materiale naturale e biodegradabile al 100%.
Altro rimedio che offre benefici nel medio e lungo periodo è la “tecnica delle ceneri” per la quale si consiglia di frequentare corsi di formazione specifici sul tema. Da non sottovalutare anche l’agro-omeopatia come metodica per contenere la diffusione di questa infestante.
Si può altresì contenere la proliferazione della Gramigna attraverso colture di copertura che raggiungano un’altezza di 50-60 cm circa (tipo sovescio, erbaio). Si tratterà di specie a rapido sviluppo, rustiche e vigorose, che competano e tolgano spazio vitale a questa infestante. Oltre al controllo indiretto sulla Gramigna si otterrà un miglioramento delle caratteristiche del terreno (effetto delle colture di copertura o cover-crops).
Risulta utile un approccio integrato fra queste strategie, o alcune di esse, compatibilmente con le proprie possibilità operative. Fermo restando che il miglioramento della struttura del terreno e della sua vitalità attraverso una buona agronomia complessiva rimane sempre la miglior via. Spesso e volentieri problematiche e patologie si manifestano come conseguenza di errori e pecche nella gestione agronomica.
È bene precisare che vi è un’altra specie definita anch’essa Gramigna, con caratteristiche simili, il cui nome botanico è Agropyron repens. Le due specie sono ben distinguibili tra loro.
Conclusioni
Le pratiche invasive tipiche della moderna agricoltura industriale hanno contribuito negli anni alla selezione di un tipo di flora infestante che risulta essere molto aggressiva. Questa selezione ha ristretto il numero di specie infestanti, e l’odierna composizione floristica si è ridotta a poche specie che però sono più difficili da controllare. Mentre sarebbe auspicabile una diversità floristica che per sua natura risulti meno competitiva rispetto alle poche specie invasive che invece caratterizzano molte aree del Paese. Negli ultimi decenni si è assistito ad una semplificazione della composizione floristica delle campagne dovuta a cause selettive dirette e indirette (monocoltura, uso di diserbanti chimici, lavorazioni pesanti etc.) e questo ha favorito poche specie più nocive e tenaci, ad esempio Sorghum halepense o Sorghetta (vedi foto). Vi è stata una co-evoluzione delle malerbe in virtù delle azioni di disturbo operate dall’uomo con l’agronomia di tipo industriale; ma il terreno deve tornare ad ospitare una pluralità ampia e variegata di forme viventi.
Vanno create le condizioni per consentire alla vita di esprimersi al meglio. I rimedi e le contropartite esistono e sono applicabili. Occorre solo volerlo. Occorre riportare complessità e diversificazione lì dove si è operato per decenni per semplificare e snaturare le dinamiche naturali.