L’agricoltura industriale è incapace di adattarsi al cambiamento e far fronte a stress e sollecitazioni. L’estate 2015 ha messo a dura prova tutto il comparto agricolo facendo emergere i limiti e i punti deboli della moderna agricoltura industriale applicata su vasta area. L’agricoltura è un’attività strettamente legata e connessa ai ritmi naturali e all’andamento climatico. Le temperature (massime e minime), la piovosità , la ventilazione, l’umidità relativa, la radiazione solare e vari altri fattori naturali incidono in maniera determinante e fondamentale sul risultato finale.
Uno dei tanti racconti provenienti e tramandati da un passato ormai lontano narra di un contadino che dopo aver lavorato il terreno ed effettuato la semina guarda al cielo ed esclama: «adesso pensaci tu!».
Questa esclamazione sintetizza molto bene la relazione fra agricoltura ed elementi naturali. Come già ribadito più volte, occorre sottolineare che vi sono diversi modi di fare e di intendere l’agricoltura. Il tipo di impostazione aziendale e la tipologia di pratiche agronomiche utilizzate per coltivare vengono scelte dagli agricoltori sulla base di elementi ben precisi.
L’estate 2015, con temperature elevate ed un lungo periodo siccitoso, ha messo a dura prova tutto il comparto agricolo facendo emergere i limiti e i punti deboli della moderna agricoltura industriale applicata su vasta area. A farla da padrone nei campi è stato il Ragnetto rosso, soprattutto sulla soia (tipica coltura industriale), il quale viene favorito proprio da caldo-umido e assenza di precipitazioni. La mancanza di ampie e valide rotazioni colturali, nel tempo, ne ha favorito la proliferazione soprattutto nella Pianura Padana. Altro fattore determinante è la totale assenza dei nemici naturali, come acari fitoseidi e vari altri predatori, dovuta ai trattamenti antiparassitari ed alla mancanza di zone e ambienti che ne favoriscano la naturale presenza (fasce inerbite con fioriture scalari, essenze nettarifere, siepi, alberature, fasce boscate, zone umide o altre infrastrutture ecologiche). I trattamenti antiparassitari, purtroppo, vanno ad eliminare anche e soprattutto gli insetti utili, e la presenza diffusa su vaste superfici di poche colture come soia, mais e barbabietola finisce col favorire la presenza massiccia di determinati parassiti (cause selettive).
Il controllo sul Ragnetto rosso può essere effettuato anche tramite il lancio di insetti utili antagonisti, in particolar modo all’interno delle serre. Altro dato critico emerso è quello relativo al bilancio idrico. Le moderne varietà industriali, per loro natura, per poter garantire abbondanti produzioni necessitano di notevoli quantitativi di acqua. Il punto critico sta nel fatto che i terreni sono sempre più carenti di sostanza organica e, soprattutto, humus. È risaputo che l’humus ha la capacità di trattenere acqua in buone quantità e che, quindi, agirebbe da “serbatoio” e scorta nei casi di emergenza. Venendo meno questa funzione si rendono necessarie frequenti e abbondanti irrigazioni di soccorso che finiscono col gravare sul bilancio energetico aziendale. Tra le funzioni della sostanza organica nel suolo (humus) vi è proprio la ritenzione idrica: la sostanza organica può trattenere una quantità d’acqua fino a 20 volte il suo peso. Ciò aiuta a prevenire fenomeni di essiccazione e di ritiro dei suoli, e può aumentare in modo significativo la capacità dei terreni sabbiosi di trattenere l’umidità (Nortcliff e Amlinger, 2001). Ma il ricorso all’uso di fertilizzanti di sintesi, nel tempo, ha ridotto sempre di più il contenuto di composti organici nel suolo.
Da questi basilari e sintetici punti emerge chiaramente la totale assenza di resilienza da parte dell’agricoltura industriale intensiva. Resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento e di far fronte, o resistere, a stress vari o sollecitazioni.
Inoltre la differenza fra varietà moderne e varietà pensate per un’agricoltura naturale risiede proprio nella diversa esigenza idrica e nutrizionale. Oltre al quantitativo di prodotto finale, occorre valutare anche il bilancio energetico complessivo (uscite-entrate), e quello che sarà l’impatto ambientale.
Per limitare i danni dovuti a siccità e caldo sarà necessario utilizzare concimazioni organiche come compost biodinamico, humus di lombrico e sovesci plurispecie, oltre all’uso di preparati biodinamici come il 500 o il 500K che andranno a migliorare, nel tempo, le caratteristiche del suolo favorendo la formazione dell’humus. Anche l’Ortica, sotto forma di macerato o di tisana, può sostenere ed aiutare la pianta nei periodi di stress, così come l’uso del Corno-argilla. Per ogni tipo di coltura sarà importante favorire, per quanto possibile, lo sviluppo ottimale dell’apparato radicale; una buona e corretta radicazione aiuta a prevenire e contrastare problematiche di vario tipo. Semine, trapianti e impianti vari andranno fatti con cura programmando al meglio tutte le operazioni.
È anche possibile utilizzare un particolare tipo di argilla (argilla caolinitica) detta caolino che, ricoprendo il vegetale di una patina biancastra, ha lo scopo di contrastare i danni da stress termico. La protezione delle colture da bruciature e riscaldo avviene in virtù di un sottile strato di polvere minerale che va a ricoprire il vegetale. Dove possibile si possono impiegare anche apposite reti ombreggianti. Sarà opportuno utilizzare varietà meno esigenti per quanto riguarda il bilancio idrico, soprattutto dove non si dispone di impianto di irrigazione. E si dovranno favorire la stabilità ecologica, la biodiversità e gli equilibri naturali in modo da garantire la presenza di insetti utili (o vari altri predatori naturali), anche rinunciando a trattamenti antiparassitari impattanti e invasivi (non selettivi).
Con queste parole Steiner evidenzia l’importanza del dare e avere nei confronti della Natura: «… si ottiene veramente molto per l’agricoltura ripartendo in modo giusto, bosco, piantagioni frutticole, arbusti e stagni con la loro naturale ricchezza di funghi, anche se si debba per questo ridurre un poco l’area complessiva del terreno messo a coltura. In ogni caso non è affatto economico sfruttare il terreno al punto che scompaia tutto quanto ho nominato, con il pretesto puramente speculativo di una maggiore superficie coltivabile. Quel che vi si può coltivare in più è dannoso in misura molto maggiore di quello che può dare la superficie tolta alle altre attività . In un esercizio tanto legato alla natura come una fattoria non è possibile trovarsi bene senza vedere in una giusta prospettiva i nessi che mette in opera la natura stessa e le azioni reciproche in seno all’economia naturale …».