Effetti diretti ed indiretti di questa tecnica utile al miglioramento della struttura e del tenore di sostanza organica nel terreno Con la diminuzione della disponibilità di letami provenienti da allevamenti (biologici o convenzionali) si è posta, già diversi anni or sono, la questione relativa ai metodi attraverso i quali apportare sostanza organica, o precursori della stessa, nei terreni coltivati.
L’interessante pratica del sovescio ha assunto in questo senso una parte importante, pur tenendo conto di alcuni effetti collaterali indesiderati ma tecnicamente prevedibili e gestibili, portando molteplici aspetti positivi sul nostro terreno.
Innanzitutto, riferendoci al problema in premessa, si evita di portare in azienda del materiale che, purtroppo sempre più spesso ultimamente, risulta viziato in maniera a volte considerevole da difetti legati tanto alla gestione dell’allevamento (presenza di residui di antibiotici soprattutto nei letami derivanti da allevamenti di animali all’ingrasso) quanto alla gestione del cumulo di letame che non garantiva, nell’azienda di produzione, un adeguato periodo di «fermo».
Tale periodo di riposo consentirebbe un avvio del processo di maturazione con trasformazione più o meno completa della sostanza organica in varie sostanze preziose per il terreno – tra le quali citiamo l’humus e acidi organici complessi di varia natura – e la contemporanea repressione di forme di vita poco gradite come funghi patogeni e semi di erbe infestanti.
Cos’è il sovescio
Il sovescio consiste nel seminare una o più specie vegetali e coltivarle allo scopo di triturare la massa prodotta e procedere al suo interramento. Il momento nel quale procedere alla triturazione della massa dipende dagli effetti che vogliamo che questa massa operi nel nostro terreno ed è conseguentemente diversa specie per specie. Nel caso in cui sia stata seminata una miscela di essenze, ad esempio, l’ultimo momento accettabile per la triturazione della massa corrisponde all’inizio della perdita dei semi da parte delle specie potenzialmente più «infestanti».
Per fare un esempio pratico possiamo dire che un sovescio di leguminose dovrebbe essere triturato generalmente all’inizio della fioritura mentre, in un sovescio misto comprendente anche la senape, si dovrebbe intervenire al più tardi nel momento in cui il primo fiore si sta trasformando in seme per evitare la successiva disseminazione.
Allo stesso modo anche il momento dell’interramento può variare a seconda dell’effetto che vogliamo ottenere: ad esempio, in un terreno molto sabbioso noi interverremo più rapidamente possibile, interrando la massa subito dopo la triturazione in modo tale che incorpori molta acqua nel terreno, mentre in un terreno pesante si potranno aspettare diversi giorni per consentire un appassimento deciso dei vegetali triturati al fine di non interrare troppa acqua, favorendo così processi putrefattivi anziché processi vitali positivi.
Fattori positivi ed effetti collaterali
Il primo fattore positivo legato al sovescio è l’apportare una massa discreta di vegetali pronti ad essere trasformati nel terreno in sostanza organica. Ovviamente questo processo è tanto più veloce quanto più il terreno è vivo e ricco di organismi che operano questa trasformazione. In questo senso si fa notare che uno degli effetti collaterali più evidenti è relativo alla necessità di non seminare o trapiantare per un certo periodo di tempo il terreno nel quale è stato praticato sovescio: l’insieme dei microrganismi, durante le operazioni di trasformazione della massa, richiama molto ossigeno e diversi elementi nutritivi (non solo l’azoto) non rendendoli disponibili ad altri organismi, come le piante, che sono meno efficienti nella loro ricerca e assunzione.
È importante precisare che tali elementi nutritivi non sono e non vengono sottratti, ma vengono temporaneamente immobilizzati e successivamente restituiti al terreno; in questo senso la vecchia pratica di distribuire concimi ricchi di azoto, come l’urea sopra le paglie, ha un effetto sicuramente immediatamente positivo poiché accelera la trasformazione delle sostanze, ma alla successiva liberazione di tali elementi nutritivi si vengono a trovare nel terreno grandi quantità di nutrienti che, inevitabilmente, vengono lisciviati (cioè lavati via) dalle acque meteoriche e vengono condotti nelle falde freatiche con evidente e notevole danno ambientale.
È quindi più opportuno attendere un certo periodo di tempo (da due a sei settimane a seconda del volume verde interrato) per fare in modo che ossigeno e sostanze nutritive siano nuovamente disponibili per ciò che andremo a seminare o trapiantare. Si fa notare che il medesimo consumo di ossigeno ed elementi nutritivi si ha anche nel caso in cui venga interrata una grande quantità di letame, motivo per cui colture trapiantate immediatamente dopo l’interramento di grossi volumi di sostanze organiche hanno partenze rallentate e stentate.
Tornando agli effetti positivi della tecnica del sovescio possiamo citare i più importanti riferendoli alle famiglie vegetali che li producono, a scopo soprattutto didattico, poiché questi effetti sono combinati tra loro o sono presenti in maniera meno rilevante rispetto a quelli principali:
competizione con le infestanti e conseguente riduzione del carico di seme: cereali o specie, che si sviluppano rapidamente in altezza e densità di fusti o foglie grazie alla competizione nell’uso della luce solare e dell’acqua;
arricchimento di azoto nel terreno: leguminose, grazie alla capacità di fissare l’azoto atmosferico legandolo in composti organici;
trattenimento di azoto nel terreno in periodi nei quali non è prevista la messa a coltura: cereali, grazie alla capacità di assorbire grandi volumi di azoto, evitandone la perdita nelle falde freatiche e fissandolo in composti organici che successivamente verranno liberati e resi disponibili;
alleggerimento di terreni compatti: cereali e specie a radici fascicolata;
arricchimento di acqua e sostanza organica: miscugli di cereali e leguminose;
riduzione del carico di insetti nel terreno: crucifere, soprattutto nel caso di alcune specie.
Il sovescio va previsto nell’ambito di una rotazione colturale completa programmandolo con anticipo rispetto ai cicli stagionali pluriennali. In alcuni casi poi possiamo prevedere dei sovesci «particolari», ovvero ottenuti con il ricaccio delle piante o erbe dalle quali abbiamo tratto uno o più raccolti, oppure sfruttando l’antica pratica della bulatura, per la quale si procede seminando la leguminosa prima della «levata» del cereale autunno vernino in modo che il seme germinasse e lo sviluppo della pianta si completasse in seguito alla mietitura della coltura principale.
Non scordiamo anche che, se gestite con attenzione evitandone la produzione di seme, anche la copertura garantita dalle erbe infestanti, che si presentano nella fase terminale dei cicli delle specie coltivate, apporta un discreto vantaggio soprattutto per quanto riguarda la copertura del terreno e l’impedimento della mineralizzazione della sostanza organica presente.
Biolcalenda novembre 2013