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L’editoriale di Ottobre

Ladri e furfanti

L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello stato, pure loro pensano solo per sé. …
W. Goethe, 1790 circ.

L’arretratezza civile degli italiani è messa in evidenza da questo frammento di una lettera di Goethe: dalla fine del ‘700 poco o nulla è cambiato in meglio, certamente molto in peggio.

Ad esempio l’ambiente, il paesaggio, è , da allora, decisamente peggiorato. D’altra parte, la patria dei ladri inevitabilmente degrada, perché l’ordine e la disciplina gli devono essere imposti con la forza e la coercizione, altrimenti non scaturiscono dalla personalità del servo. L’antica voce latina “latro-onis” corrisponde al greco ‘ làtris = servo, mercenario ‘.
Gli antichi dicevano essere “latro” contrazione di “làtero”, il soldato della guardia del corpo, perché stava ai lati (latino: làtera) del principe; poi al seguito del degradare dei costumi passa a significare il “masnadiero”, che assalta per strada o “che assedia i lati delle strade”. Nel suo primitivo significato, dunque è un servo che lavora per mercede; e passò a indicare un soldato mercenario che si metteva al servizio dello straniero con una paga convenuta, come i condottieri italiani nel Medio Evo o le truppe svizzere assoldate dai Re di Francia, o dal Papa, o dal Re di Napoli. Queste truppe sono ancora famose, per i colpevoli eccessi sulla popolazione inerme dei paesi che le adoperavano e il loro nome divenne sinonimo di Brigante, Malfattore, Assassino, come lo è anche oggi.

La relazione del significato tra “latro” e “soldato” (al soldo) è anche documentato da un antico gioco da tavola simile alla Dama o tavola reale, che i Romani chiamavano “ludus latrumculorum” ossia gioco dei ladruncoli ed anche “hostis et miles” cioè nemico e soldato, il quale rappresentava una banda di soldati impegnati nell’attacco o difesa di una posizione fortificata. Anche il termine “furfante” è adeguato a descrivere un numero eccessivamente alto di nostri concittadini. Deriva dal latino medioevale “Foris-fàcere”: offendere, nuocere, fare o agire fuori dal retto, fuori da ciò che è permesso. Probabilmente si spiega all’origine con “il servo messo fuori di casa”, da “fur” per fuori e “fante”, servo. Troppo tempo è passato, sono secoli che gli italiani non si sentono soggetti politici, protagonisti della vita pubblica e ancor meno di quella privata, intesa solo come da nascondere, fuori dalla rettitudine, tipicamente da furfante.

In Italia il degrado è più alto che altrove, ormai la bellezza del nostro paese non è più in grado di nascondere la furbizia dei servi di professione, sono troppi. Quando viene individuato un cittadino onesto, noto per sobrietà e disciplina, tutti ad accanirsi, pro o contro, per denigrarlo come ridicolo o sprovveduto oppure esaltarlo come un santo. Altrove sarebbe considerato un normale cittadino e sarebbe considerato per le sue eventuali abilità specifiche. Ovviamente siamo tutti addestrati, fin dall’infanzia, alla diffidenza: i genitori inculcano ai figli di non fidarsi di nessuno.

Questa è la situazione dove il predominio è dei servi, che sorridono e fanno moine per ingannare l’altro da sé, il padrone. Alla fine il padrone arriva, e spesso succede che corrisponde al Re dei ladri. Il servo furfante non è in grado di distinguere chi si mette, con generosità, al servizio del prossimo da chi lo domina per sfruttarlo. Tra i due sceglie il dominatore senza scrupoli, lo scambia per onesto in quanto rivela la sua natura disonesta.

Biolcalenda ottobre 2012



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