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L’ennesima tragedia

22 aprile: un altro naufragio nel Mediterraneo. 130 persone inghiottite dalle acque con tutte le loro storie e i loro sogni. 130 persone che non avevano altra colpa che quella di desiderare una vita più dignitosa in qualche parte d’Europa.

Vite spezzate di giovani, donne, bambini che avevano davanti a loro tutta una vita da vivere. Vite che si potevano salvare. Per due giorni sono stati in balia delle onde chiedendo aiuto. Ma noi non abbiamo risposto, anzi abbiamo impedito alle organizzazioni umanitarie di svolgere la missione per cui erano nate, le abbiamo criminalizzate e abbiamo lasciato spazio alle vere organizzazioni criminali che si arricchiscono con il traffico di esseri umani.

Sono situazioni che dovrebbero interrogare la nostra coscienza.

Come si può dimenticare la scena straziante del bambino esanime raccolto dal soldato sulla spiaggia dove il mare lo aveva restituito integro con il suo vestitino da festa, con le scarpette da ginnastica, quasi a testimoniare il rispetto del mare per quella giovane vita che l’uomo, invece, aveva abbandonato al suo destino.

Come si può dimenticare la storia del ragazzino che annegato nel mare e portato a riva dalle barche di salvataggio, si scopre che in una tasca interna della giacca, cucita con cura, aveva la pagella scolastica con le votazioni, come un passaporto che doveva giustificarlo nei confronti dei soccorritori.

Come si può dimenticare l’altra scena straziante della mamma bambina, di 17 anni, che nel disperato tentativo di salvare il suo bambino che teneva in braccio, gli mette una mano davanti alla bocca per impedire che l’acqua lo soffocasse.

Quando penso a queste scene mi viene l’angoscia e mi sento frustrato e impotente.

Non ci si dica che fuggono perché attirati dai nostri modelli di vita facile e comoda, quelli proposti dalla pubblicità. Può darsi che qualcuno si faccia questa illusione, ma la maggioranza sono dei disperati che fuggono da paesi disastrati dove regnano la miseria, le guerre, le ingiustizie. Conoscono bene il rischio a cui vanno incontro e nondimeno rischiano la vita pur di uscire da una situazione di grave disagio. Preferiscono morire piuttosto che fare una vita di sofferenze e umiliazioni. Avrebbero bisogno della nostra comprensione, del nostro aiuto. Ma noi no, ci voltiamo dall’altra parte e facciamo finta che queste tragedie non ci toccano. Ma la coscienza non si può reprimere, una coscienza sana non può accettare questa evidente ingiustizia. E allora, per far tacere la coscienza ci inventiamo delle occasioni in cui possiamo esternare la nostra commozione in cui possiamo giustificare la nostra indifferenza. È come se ci dicessimo “no, non sono una persona senza cuore, anzi, di fronte a certe situazioni io mi so commuovere e partecipo al dolore collettivo”.

Ma non vediamo l’evidente contrasto: siamo indifferenti di fronte a una tragedia del mare che inghiotte 130 persone che, ripeto, avevano una vita davanti, e siamo invece molto indaffarati a celebrare con funerali imponenti, cerimonie dispendiose, discorsi altisonanti al personaggio famoso, l’attore o il grande calciatore. Una situazione paradossale alimentata anche dagli organi di informazione, Tv e giornali che dedicano un piccolo spazio e magari solo per un giorno, alle tragedie dei migranti e dedicano pagine su pagine e per parecchi giorni alla morte del personaggio famoso di turno.

Una situazione di cui dovremo rendere conto un domani quando i migranti saranno maggioranza e noi minoranza. Un processo irreversibile che si può ritardare ma non si può fermare. Quanto può resistere una civiltà in cui gli anziani continuano ad aumentare e i giovani continuano a diminuire?

Dai dati dell’ultimo censimento si deduce che l’età media degli italiani è di 45 anni e per ogni bambino ci sono 5 anziani. Nei paesi del cosiddetto terzo mondo l’età media è circa la metà.

Come può un popolo di anziani malaticci resistere alla pressione di una moltitudine di giovani pieni di vita e di speranza? Non sarebbe meglio pensare già adesso a un sistema di accoglienza che favorisse l’integrazione e garantisse ai migranti il rispetto dei diritti al pari di noi? O continuiamo a respingerli alimentando il rancore e l’odio nei nostri confronti?


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