Quello delle pensioni è ormai dal lontano 1992, con la legge Amato, un argomento dibattuto ogni anno e ad ogni cambio di legislatura. Allora, giustamente, furono aboliti i privilegi delle vecchie pensioni baby dei dipendenti pubblici.
C’era chi poteva andare in pensione dopo 20 anni di lavoro. Le donne con figli addirittura dopo 15 anni. Sono state concessioni elargite negli anni 60 e 70, periodi in cui c’era il boom economico e lo stato poteva permettersi di sborsare quote pensionistiche senza problemi.
Da allora c’è stato un aumento continuo dell’età pensionabile e degli anni minimi di lavoro utile per la pensione. Gli anni di lavoro sono diventati 25, poi 30, 35, fino ad arrivare a 40 e poi 42 e l’età è salita a 67-68 anni con la legge Fornero.
Non voglio entrare nel merito politico sulla giusta o meno finalità delle decisioni prese in questi ultimi anni, ma mi sembra che da troppo permissivismo si sia arrivati a troppo rigore. Parliamo della qualità della vita delle persone che si son viste, magari per pochi mesi, aumentare di 2 anni il periodo lavorativo. Sicuramente l’impegno è stato gravoso. Chiunque di noi quando ha un obiettivo e lo vede svanire non ne è contento.
Vogliamo poi parlare dei lavori usuranti che non possono essere effettuati in età troppo avanzata? E dei lavoratori precoci, quelli che hanno iniziato a 16-17 anni di età e devono lavorare fino a 67 anni andando in pensione con 50 anni di lavoro. Ogni tanto vengono elencate agevolazioni per queste categorie, ma non si sa bene chi possa avvalersene e in che modo.
Negli ultimi anni c’è stato anche il problema degli esodati. Persone che all’età di 50-55 anni sono state licenziate per la “crisi” che ha colpito tutto il sistema imprenditoriale. A quell’età non potevano andare in pensione e non venivano riassunte in altri comparti produttivi.
Situazioni che nessuno di noi vorrebbe mai sperimentare sulla propria pelle. Famiglie che da un giorno all’altro si trovavano senza uno stipendio. Solo alcune attività di elite hanno avuto la possibilità di mantenere uno stipendio decurtato fino al raggiungimento dell’età pensionabile col pagamento di metà contributi da parte del datore di lavoro e metà dal lavoratore.
Le ultime notizie sulle pensioni sono quelle della “Quota 100”. Può andare in pensione anticipata chi ha 38 anni di lavoro e un’età di 62 anni. Ma chi ha 63 – 64 – 65 anni, non può andare in pensione anticipata con meno anni di lavoro. Deve sempre avere effettuato 38 anni di contributi. La quota diventerà 102-103-104 ecc. Oltre tutto il valore della pensione non sarà il massimo, come chi raggiunge il limite dei 67 – 68 anni, ma sarà decurtato in base al fatto che si pagano meno contributi. Non parliamo poi del problema dei nostri giovani che fanno fatica a trovare lavoro e sempre più precario. Quando va bene iniziano a lavorare a tempo indeterminato a 25- 30 anni. Per loro la legge 100 resterà un miraggio.
Da anni, durante il lavoro, tra colleghi si parla solo di pensione: “quanto manca, chissà se ci arriviamo, tanto ogni anno cambia in peggio”.
Il lavoro in questa situazione diventa sempre meno apprezzato e mal sopportato.