La terra e la teoria evoluzionistica
Secondo la visione materialistica del mondo, la vita sarebbe proceduta dalla materia in un susseguirsi casuale di fenomeni che portarono dalla materia informe alle forme più evolute del mondo organico.
Partendo dal presupposto che la materia sia formata da atomi e da altri quanti elementari ancora più piccoli e attribuendo a queste particelle un valore eterno si è arrivati alla formulazione della legge della conservazione della materia. Essa dice che nessun atomo va mai perso e che nessun atomo viene mai ricreato per quanto grandi possano essere le modificazioni chimiche o fisiche. Da ciò deriva un’immagine del mondo basata sul principio della materia eterna e tutte le ricerche scientifiche partono da questo presupposto. Così Kant e Laplace, per spiegare l’origine del mondo, proposero la teoria della nebulosa originaria che conteneva fin dall’inizio tutti gli atomi che oggi formano la terra e l’universo. In questa nebulosa, a un certo momento, dovette succedere una combinazione casuale di atomi che dette origine alla vita. Una volta nata la vita doveva evolversi in forme sempre più differenziate e articolate, a partire dagli organismi più semplici fino agli organismi più complessi. Arriviamo cioè alle teorie evoluzionistiche, di cui Darwin fu il maggior rappresentante e che porteranno a spiegare anche la formazione del sistema nervoso e del cervello quale base organica di quei caratteri che oggi chiamiamo animici o spirituali.
Questa in sintesi la visione materialistica della formazione del mondo. Visione che ha iniziato ad imporsi a partire dal secolo XV con lo sviluppo della ricerca sperimentale. A differenza dei secoli precedenti in cui la ricerca scientifica considerava e analizzava il fenomeno complesso e poi da questo traeva spiegazione anche per i fenomeni elementari, ora la ricerca si concentra sul particolare e tende a ridurre tutto in cifre, misure e peso. Si passa cioè da una visione qualitativa del mondo a una visione quantitativa e diventa reale soltanto ciò che è sperimentabile entro la sfera del visibile, salvo poi a spiegare i risultati di queste sperimentazioni con ipotesi e teorie che non possono più essere provate con fatti visibili. In questo modo nasce un’immagine del mondo che si basa su ipotesi e deduzioni e che è puramente meccanica e quantitativa. Un’immagine molto riduttiva che, all’esaperazione, riconduce anche l’uomo a un prodotto casuale di atomi e di altre particelle rotanti, disconoscendo completamente la realtà della sua esperienza, non quantificabile, a livello di sentimenti, emozioni e pensiero o trasferendo questa esperienza nel campo della filosofia o della religione.
La conoscenza viene così spezzata in due tronconi che, da un certo momento in poi, tendono sempre più a divaricarsi: da una parte la scienza ufficiale che indaga la materia e tende a spiegare tutto con formule ed equazioni, dall’altra la religione che coglie le esigenze più intime dell’uomo e tende a trasferirle o relegarle nel campo della fede. Si crea così un dualismo che spezza l’unità armonica del mondo e che è causa principale nell’uomo dell’insorgere di conflitti insanabili.