Le micro e le nanoparticelle solide e inorganiche sempre più presenti nell’ambiente penetrano nell’organismo e ne restano imprigionate per innescare malattie gravissime.
Dopo non pochi anni in cui i miei articoli compaiono regolarmente su questo mensile, perdonatemi e lasciatemi parlare di qualcosa che mi coinvolge. Ma molto più di me coinvolge il resto del mondo, senza che, magari, in un certo senso, fortunatamente, il resto del mondo se ne accorga.
È passato più o meno un ventennio da quando mia moglie, lei scienziata di prima grandezza, e, con un ruolo certo più modesto, io, ci accorgemmo di come le micro e le nanoparticelle solide e inorganiche sempre più presenti nell’ambiente siano capaci non solo di penetrare nell’organismo ma di restarne imprigionate per innescare malattie gravissime il cui presentarsi con frequenza crescente trovava così spiegazione scientifica. Cancri, malattie cardiovascolari, aborti, malformazioni fetali sono solo alcune di quelle manifestazioni.
Gli anni che seguirono immediatamente la scoperta o, per meglio dire, la serie di scoperte, perché nel frattempo ci eravamo accorti, tra l’altro, che quei minuscoli frammenti di materia riescono a penetrare nel nucleo delle cellule attaccando il DNA, furono difficili. Fummo attaccati da ogni lato, visto che le nostre ricerche gettavano una luce sinistra su cornucopie di quattrini e di potere come, tra gli altri ma lungi dall’esaurire l’elenco, gli inceneritori di rifiuti e l’uso bellico dell’uranio impoverito. Come è la prassi, non esistendo contestazioni possibili su base scientifica, si tentò l’attacco personale e si fece di tutto per privarci dei mezzi con cui conducevamo le nostre ricerche. Chi ha letto il libro Il Grillo Mannaro (http://www.stefanomontanari.net/sito/blog/2550-il-grillo-mannaro.html) ha goduto di un piccolo panorama in proposito.
Oggi le cose sono cambiate solo ad alti livelli scientifici e nessuno scienziato che pretenda quella qualifica mette in discussione quanto scoprimmo. Ai livelli meschini della politica e del business che ne costituisce una damigella d’onore le cose non sono cambiate nella loro essenza. Anzi: l’aver resi pubblici, pur in modo quasi clandestino (A. Montanari, A. Gatti “Vaccini: Sì o No?” Macroedizioni), stanti gli ostacoli che ci vengono continuamente parati davanti, i risultati delle nostre analisi sui vaccini ci ha reso la vita molto più difficile, fino ad assumere connotati grotteschi vista la posizione di chi quegli ostacoli li innalza.
L’ultima scoperta nostra è quella relativa alla varietà acuta mieloide della leucemia. Nel sangue dei malati ci sono quantità delle polveri di cui noi ci occupiamo che possono superare anche di migliaia di volte quanto si trova nel sangue delle persone clinicamente sane (http://www.lrjournal.com/article/S0145-2126(16)30191-6/abstract). Il perché di quella situazione è ancora da chiarire, anche se le idee su cui muoverci le abbiamo già. Le domande cui rispondere vengono naturali a chi si occupa di medicina, facendolo magari a chi non è proprio un esperto del campo specifico, quello, cioè, delle nanopatologie: le malattie da micro e nanoparticelle. Il primo dubbio è se siano le polveri a causare la malattia o se sia la malattia a far sì che, in qualche modo tutto da spiegare, tante particelle restino nel sangue. L’altro è perché quelle particelle non vadano a terminare la loro corsa nei vari organi come accade di regola. L’altro ancora è come facciano le particelle a causare la leucemia, se mai sono loro ad esserne responsabili.
Se è vero che noi lavoriamo da molti anni sulla capacità delle polveri di provocare l’insorgenza di tante malattie, non di rado malattie “insospettabili”, è altrettanto vero che la ricerca sulla leucemia è la prima ad avere un trattamento sistematico. Su quel tema con noi hanno lavorato l’Ospedale S. Salvatore di Pesaro che ci ha fornito i campioni di sangue e l’Università di Urbino alla quale abbiamo chiesto di preparare quei campioni secondo certe modalità per poterli analizzare come necessario. Non potendo più disporre da anni in modo continuo del microscopio elettronico che il comico Beppe Grillo ci fece sottrarre per motivi che non ha mai avuto il coraggio d’illustrare (vedi il libro citato Il Grillo Mannaro), tutta la parte di ricerca condotta a mezzo microscopia elettronica l’abbiamo svolta a Pesaro presso la sede dell’ARPAM dove il nostro apparecchio arrivò dopo lunghe peripezie.
Ora, se la leucemia interessa a qualcuno, è indispensabile continuare la ricerca, se non altro perché ciò che abbiamo scoperto noi non l’aveva notato nessuno prima, e si tratta di qualcosa che aggiunge comunque parecchio a quanto già è conosciuto. Ma pare che la continuazione, per ovvia che possa apparire, non sia poi scontata. È tristemente evidente che esistono interessi capaci di prevalere sulla conoscenza e sulla salute, e per noi la salita diventa sempre più ripida e impervia.
Indipendentemente da ogni altra considerazione, a tutto questo va aggiunto un elemento importante basato su una domanda molto pratica: che cosa accadrebbe se si liberasse il sangue da quelle presenze indebite? La risposta è che non lo sappiamo, ma pare ragionevole supporre che, se quelle sono all’origine della patologia, il loro allontanamento dovrebbe ragionevolmente costituire un elemento favorevole nei riguardi della guarigione o anche solo di un miglioramento o, ancora più riduttivamente, di una stabilizzazione della malattia. A questo punto è naturale chiedersi se sia possibile togliere quelle polveri dal sangue e la risposta è sì. Anni fa, prima d’iniziare la ricerca sulla leucemia acuta mieloide, noi facemmo un esperimento all’interno del nostro laboratorio utilizzando un apparecchio esistente cui avevamo apportato alcune modifiche, e constatammo che quello era capace di eliminare le particelle. Allora pensavamo che un sistema simile avrebbe aiutato tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, in un modo o in un altro, inalano o ingeriscono polveri, e l’idea ci era venuta quando ci fu chiesto di lavorare sui pompieri che erano stati impegnati nel luogo del crollo delle Torri Gemelle e che, tutti, si erano ammalati respirandone e mangiandone le polveri. Di un sistema simile, comunque, potrebbero beneficiare, tra gli altri, militari, operai e persone che lavorano nel traffico automobilistico, e su questo non abbiamo il minimo dubbio.
È chiaro, però, che un apparecchio raffazzonato in laboratorio non può avere le caratteristiche indispensabili per poter essere usato in modo corrente e, dunque, occorreva allestire una versione commercializzabile.
Per questo ci rivolgemmo prima ad uno e poi, dopo qualche anno, ad un altro dei produttori dell’apparecchio su cui apportare le modifiche del caso e da ambedue ricevemmo fondamentalmente la stessa risposta: parlando in generale, i medici non sono al corrente del problema e, dunque, sarebbero troppo pochi coloro che userebbero la macchina. La conseguenza è che i soldi impiegati per le ricerche, la costruzione e la distribuzione del prodotto non verrebbero recuperati, e questo chiude la questione.
Io non ho ragioni per pensare che la risposta non sia basata su una conoscenza del mercato che io non posso avere né che non sia giustificata dalle logiche ferree del profitto, ma ciò non toglie che tutto questo mi rattristi. Ma, insomma, di fatto, quanto denaro occorrerebbe? Un mese di stipendio di un calciatore di primo livello: evidentemente troppo per la nostra società.
In fondo, ancora una volta non posso che sottolineare quanto perfettamente l’etologo Danilo Mainardi avesse capito il mondo quando disse che l’Uomo è l’unico animale che si estingue volontariamente. A corollario, io mi permetto di aggiungere che l’estinzione avviene a scopo di lucro. Il denaro: il surrogato più ingenuo e illusorio della ricchezza.nano