Papilloma virus e vaccino


Le pubblicazioni in materia parlano di un’efficacia del vaccino del 70-90%. Ma se si va a consultare il documento che il produttore ha consegnato alla Food and Drug Administration quell’efficacia precipita ad una media del 20,5%

Ultimamente, per più di una ragione, sono saliti alla ribalta delle cronache nostrane i vaccini e, in particolare, uno: quello che dovrebbe contrastare il cancro del collo dell’utero o cervice uterina, il che fa lo stesso.

Rispondendo alle domande che ricevo sia da persone comuni sia da qualche giornalista mi accorgo che le idee sono tutt’altro che chiare e che, come ahimè è triste abitudine di questo Paese, le opinioni sono dettate da atteggiamenti classici del tifoso e non, come dovrebbe essere, da una sufficiente conoscenza dell’argomento.

Una cosa fondamentale da sapere e che, sorprendentemente, è ignorata dai più è che i vaccini agiscono solo sulle patologie infettive. Dunque, per malattie multifattoriali come il cancro è ovvio che la copertura avvenga solo sui fattori infettivi, nel nostro caso il virus del Papilloma.

Stando alle statistiche, il cancro della cervice è al quinto posto tra le cause oncologiche di morte nelle femmine e, in Italia, è responsabile dell’1,6% di questi decessi, con numeri tendenti alla diminuzione. Il virus del Papilloma è una delle cause accertate di questa malattia, ma qui bisogna chiarire qualcosa.

Il Papilloma virus esiste in oltre 100 varietà, solo due delle quali pare abbiano potenziali cancerogeni: quello contrassegnato con il numero 16 e quello contrassegnato con il 18. Ed è su quei due che la Merck, produttrice del farmaco, si è concentrata, oltre al 6 e all’11 che inducono principalmente condilomi.

Il cancro, però, come si diceva, è malattia multifattoriale, il che significa che alla sua insorgenza concorrono più cause e spesso è indispensabile che queste siano almeno in parte concomitanti. Ormai da tempo la ricerca ha individuato nelle forme infiammatorie croniche un fattore fondamentale d’innesco, ma un ambiente malsano, un’alimentazione scorretta, uno stile di vita sbagliato, una genetica sfavorevole e uno stato di depressione del sistema immunitario sono tutti elementi che entrano a buon diritto nella lista.

Dunque, per quanto importanti siano, le due varietà di Papilloma virus non costituiscono che una frazione dei potenziali agenti attaccanti.

Qui, poi, c’è da aggiungere qualcosa: quanto realmente efficace è il vaccino su quelle due varietà dello stesso virus? E, allora, a questo punto dobbiamo entrare nella zona in cui la scienza spegne la luce.

Come credo non sfugga a chi è attento al problema, dimenticata la fedeltà nostrana all’articolo 9 della Costituzione  che recita“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica” (ma la “dimenticanza” vale più o meno per l’intero pianeta), la soverchiante maggioranza se non la quasi totalità della ricerca medica sui medicinali è ormai da anni finanziata pressoché in toto dalle multinazionali farmaceutiche e, senza il loro denaro, solo pochissimi laboratori potrebbero restare aperti. È inevitabile, in questa situazione di dipendenza, che la ricerca sia pesantemente influenzata fino a perdere la libertà indispensabile, e non raramente produca mostri.

E uno degli aspetti mostruosi è quello della letteratura medica dove è possibile trovare caterve di articoli sfornati a getto continuo nei quali pare che gli autori facciano a gara a tessere le lodi, non sempre meritate e, comunque, raramente valide nelle proporzioni pubblicate, di questo o di quel prodotto. Farmaci di efficacia dubbia, farmaci decisamente dannosi, farmaci troppo poco sperimentati, farmaci per curare malattie inventate di sana pianta sono i protagonisti di migliaia di pagine spacciate come “scientifiche” quando di scientifico c’è, a non voler infierire e a chiudere un occhio sulle differenze morali, ciò che si trova in qualsiasi inserzione pubblicitaria di un detersivo che lava più bianco di un altro perfettamente identico.

E il nostro vaccino? Gli articoli che vengono diffusi parlano di un’efficacia del 70% (da intendersi sulla frazione della malattia ascrivibile al virus e non sulla malattia per intero) e si possono trovare entusiasti che denunciano addirittura un 90% abbondante. Però… Però se si va a consultare il documento che il produttore ha consegnato alla Food and Drug Administration, l’ente statunitense certificatore per i farmaci, ecco che quell’efficacia precipita ad una media del 20,5% (VRBPAC Background Document – Gardasil™ HPV Quadrivalent Vaccine – May 18, 2006 VRBPAC Meeting), un risultato che non può che mettere in forte discussione l’utilità del prodotto, a qualunque fazione di tifo si appartenga. Quanti sono i medici a conoscenza di questo dato, un dato che più ufficiale non potrebbe essere, essendone autore l’azienda stessa?

E quanti sono i medici che hanno meditato sulla letteratura quasi carbonara  e, in verità poco criticamente, ridicolizzata da chi, coccolato dalle multinazionali, fa opinione, che denuncia casi di morte e di aborto avvenuti poco dopo la somministrazione di quel preparato?

E che dire della rapidità nella sperimentazione, laddove la biologia viaggia con un passo di gran lunga più lento?

Va da sé, poi, che ai problemi specifici di quel vaccino potrebbero (parlo al condizionale) aggiungersi quelli comuni a tutta la stessa classe di prodotti: l’uso di conservanti, di antibiotici e di altri cosiddetti adiuvanti che non fanno certo bene alla salute e almeno il dubbio che anch’esso possa contenere particelle metalliche non biodegradabili e non biocompatibili come abbiamo trovato nel corso d’indagini svolte nel nostro laboratorio in diversi vaccini profilattici indirizzati ad altre patologie. Per fugare i dubbi occorrerebbe che un laboratorio affidabile e senza conflitti d’interesse, controllato in regime di reciprocità da un altro con le stesse caratteristiche, si assumesse l’onere di eseguire analisi su ogni lotto di produzione e pubblicasse i risultati. E occorrerebbe che i medici attingessero a fonti d’informazione indipendenti e non a quelle di affidabilità a dir poco opinabile che sono correnti ormai da anni. Vero è, comunque, che fonti simili, prese per fame, sono ridotte al lumicino, mentre le altre, nutrite dalle case farmaceutiche, hanno di che prosperare e di potersi vestire di un prestigio forse non sempre meritato.

Uomini di mondo che siamo, non meravigliamoci se, stanti le cose come stanno, di tutto quanto dispiace al produttore, generoso com’è, si tende a tacere, e questo con successo testimoniato dai bilanci miliardari grassi di utili in perpetua crescita dei colossi del farmaco. Così quanto è nascosto resta sconosciuto, tanto sconosciuto che non pochi stati hanno acquistato enormi quantità di prodotto e premono sulla popolazione giovane femminile perché lo usi. Forse potrà interessare il fatto che la Gran Bretagna offre sperimentalmente 45 sterline sotto forma di buono per acquisti alle ragazze tra i 16 e i 18 anni che consentono di essere vaccinate e, per essere certi di non trovare opposizione in famiglia, si sospende per l’occasione la patria potestà (Daily Mail, http://www.dailymail.co.uk/news/article-1250905/45-shops-bribe-cervical-cancer-jab.html).

Qualcuno diceva che a pensare male si fa peccato, però…

E, allora, sarà quanto meno opportuno che sia il produttore sia gli enti che noi paghiamo perché controllino tutti gli effetti dei farmaci dicano una parola chiara e definitiva sull’argomento perché con la salute non si gioca. Nell’attesa, un momento di riflessione sarà più che auspicabile. In fondo, le infezioni da Papilloma virus che possono causare il cancro del collo dell’utero possono essere prevenute efficacemente e senza effetti collaterali con le stesse precauzioni che si prendono per non contrarre infezioni da HIV, il virus dell’immunodeficienza che può sfociare nell’AIDS.

(Biolcalenda Giugno 2011)



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