La Medicina è una disciplina difficilissima che, per essere esercitata, necessita di cervello e di quello che, chiamiamo popolarmente cuore. Evidentemente io non sono all’altezza di capire e, allora, prego chiunque lo sia di aiutarmi.
Che la Medicina non sia una scienza è qualcosa che qualunque epistemologo può spiegare, mancandole per esserlo alcuni degli elementi essenziali, la ripetibilità in primis e l’univocità a ruota. Di fatto la Medicina è una disciplina difficilissima che, per essere esercitata, necessita di cervello e di quello che, prescindendo dai connotati anatomici e fisiologici, chiamiamo popolarmente cuore.
Nel nostro paese, a differenza di quanto avviene altrove, ad esempio nella confinante Svizzera, perché un laureato in Medicina che abbia superato l’esame di abilitazione possa effettivamente praticare occorre che sia iscritto all’ordine professionale che di se stesso dice “L’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri è un Ente di Diritto Pubblico, ausiliario dello Stato… (omissis).
L’ ordinamento giuridico ha voluto così tutelare il Cittadino, garantendo che Medici e Odontoiatri siano in possesso dei titoli necessari allo svolgimento delle due professioni e che l’esercizio stesso avvenga secondo dei principi di correttezza e decoro”. Poi dichiara che gl’iscritti devono osservare il Codice di Deontologia Medica, un testo di fatto poco conosciuto e non saprei dire quanto effettivamente osservato, che, all’art. 4, recita verbatim “L’esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull’indipendenza della professione che costituiscono diritto inalienabile del medico”.
All’art. 13, poi, si legge “La prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia impegna la diretta responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una diagnosi circostanziata o, quantomeno, a un fondato sospetto diagnostico.
Su tale presupposto al medico è riconosciuta autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico, anche in regime di ricovero, fatta salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso”.
Poco più avanti, allo stesso articolo, “Sono vietate l’adozione e la diffusione di terapie e di presidi diagnostici non provati scientificamente o non supportati da adeguata sperimentazione e documentazione clinico-scientifica”. E, appena oltre, “È obbligo del medico segnalare tempestivamente alle autorità competenti, le reazioni avverse eventualmente comparse durante un trattamento terapeutico”.
Passo, ora, all’art. 22 che dice: “Il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita e deve fornire al cittadino ogni utile informazione e chiarimento”.
Nelle citazioni mi fermo qui, anche se la lettura del documento meriterebbe tutt’altra cura e attenzione, e cercherò di essere conciso per quanto possibile.
L’art. 4, almeno mi pare e sottolineo ancora la mia profanità, stabilisce che il medico ha il diritto di esercitare la professione in modo libero e indipendente. La mia domanda è come possa un medico agire in libertà e indipendenza quando, pena l’esclusione dalla possibilità di lavorare, viene costretto a somministrare cure (chemioterapie antitumorali e vaccinazioni, tanto per fare un esempio) della cui efficacia e spesso della cui sicurezza non è convinto o, peggio, quando è convinto del contrario.
Qualche secolo fa la dinastia dei Sanson decapitò con varie modalità i francesi dal 1687 al 1847 su principi curiosamente simili.
Secondo l’art. 13, prima di somministrare un farmaco il medico è obbligato ad emettere una diagnosi o, comunque, a sospettare la presenza di una malattia; ha il diritto di scegliere il presidio da applicare e lascia al paziente la piena libertà di valersi di quella che, quando studiavo io, si chiamava “voluntas aegroti”, vale a dire la volontà del malato, cioè qualcosa che supera qualunque altra volontà.
Le mie domande sono: come mai il medico vaccina alla cieca senza nemmeno accertarsi se il soggetto sia allergico ad uno o più componenti del vaccino? Perché non si lascia decidere al medico se suggerire (ho detto suggerire e non imporre) la vaccinazione o fare altro? Poi, ancora, lo stesso art. 13 afferma che il medico non può applicare terapie non sperimentate.
Ma moltissimi vaccini non sono affatto sperimentati: uno fra tutti, ma in queste condizioni sono una miriade, quello contro l’influenza. Concludo su questo articolo osservando che i medici che segnalano gli effetti avversi da vaccino sono pochissimi e ricordo che non spetta loro stabilire se l’effetto che si verifica più o meno a ridosso della vaccinazione sia dovuto o no al farmaco.
Il medico deve (non ho detto può) semplicemente segnalare il fatto alle autorità competenti senza spingersi oltre. Malauguratamente, andando a spanne, non più di un effetto su all’incirca una ventina è segnalato e questa voragine offre una visione totalmente fuorviante degli effetti indebiti dei vaccini con l’effetto collaterale, tra gli altri, di mettere fuori strada per la scelta di un’eventuale intervento riparatore.
Anche se ci sarebbe moltissimo altro da chiarire, finisco con l’art. 22 (gli articoli sono 75).
Il medico ha il diritto che, a mio parere, coincide con il dovere morale, di rifiutare la somministrazione di un farmaco su cui nutra dubbi. Questo, dice il Codice, a meno che quel rifiuto non nuoccia in modo grave e immediato alla salute di chi a lui si rivolge.
Ora, sempre ricordando che io mi dichiaro uomo della strada, qualcuno mi spieghi perché mai il medico dovrebbe rifiutare un intervento in condizioni così marcate di pericolo e che pericolo grave e immediato corra un bambino in salute di contrarre, ad esempio, la varicella o la pertosse, tanto da obbligare il medico a trattarlo farmacologicamente infischiandosi della volontà del soggetto o del suo tutore. E questo solo per ciò che riguarda le vaccinazioni imposte per legge e tralasciando quelle non di rado lasciate credere esserlo.
Quanto ai chiarimenti che l’articolo prescrive siano dati al paziente, mi limito a ricordare come moltissimi medici invitino addirittura i loro pazienti a non leggere il bugiardino obbligatoriamente accluso ad ogni confezione di farmaco e, comunque, siano a dir poco “sbrigativi” nel rispondere ad eventuali domande. Sul perché di questa ulteriore, palese illegittimità preferisco non addentrarmi.
Domanda finale: perché i medici che non rispettano il Codice non sono radiati? Tentativo di risposta: magari perché resterebbero appena quattro gatti o, azzardo, nemmeno quelli perché chi rispetta il Codice viene radiato.
Tutto questo tralasciando il contenuto dei vaccini, i controlli ai quali quei farmaci sono sottoposti, la reale efficacia e gli effetti indesiderati, perché su quegli argomenti non basterebbe un ponderoso volume.
Comunque sia, chiedo davvero che mi s’illumini sui pochissimi punti che ho toccato. Questo a patto che non ci si prenda gioco della mia pur limitata intelligenza e modesta cultura.