Più che luce
ora è il canto
che di essa mi rimane:
alba lieve quando s’apre
la città dei senza sogno
od il breve mezzogiorno liberato dall’incanto
(più nessuno ormai conosce
quanta luce nelle mani
che s’intrecciano per strada).
Ora è l’ombra che spaventa
quando a leggere la riga
perso come in mezzo al mare
sembra il mondo diventare –
Fino a quando -quasi incanto-
l’esercizio di fissare
nuove cose mi fa fare:
scorgo nuvole di sole,
apro libri ormai scordati,
leggo infine anche la luce.
La città dei senza sogni
si ricopre di parole,
come neve in fondo al cuore,
sorrido al primo sole.
Giovanni Sato