Juniperus communis L. – Cupressaceae
Fioritura: febbraio-aprile – Parti raccolte: foglie, galbuli – Tempo balsamico: agosto-settembre
Fra tutte le conifere il ginepro è la specie il cui areale di distribuzione abbraccia l’intero emisfero settentrionale, estendendosi dall’Europa, all’Asia, al Nord America, all’estremo Nord, all’Africa settentrionale. Il segreto di tanta diffusione sta nella grande capacità di adattarsi ai diversi ambienti sopportando il freddo più intenso e i lunghi periodi di siccità .
E’ uno degli arbusti che per primi entrano a far parte della vegetazione dei pascoli, dei prati abbandonati, degli incolti aridi, dei pendii montani, radicandosi con un profondo intreccio di radici, ramificandosi fin dalla base e sviluppando in ogni direzione rami ascendenti che gli conferiscono una forma colonnare. Le foglie, di color verde glauco e scanalate nella parte superiore, sono raccolte in ciuffetti di tre, sono appuntite, pungenti, lunghe circa un centimetro.
Quelle che impropriamente vengono chiamate “le bacche del ginepro” o anche le coccole, rappresentano nel grande gruppo di piante, note come Gimnosperme, una rarità . Anziché svilupparsi come le pigne, e cioè divenire legnose a maturità , quando sono mature diventano rotonde, carnose, si tingono di un colore bluastro e contengono due semi particolarmente ricchi di un olio essenziale assai profumato. Gli usi domestici nell’alto vicentino e sui Colli Euganei, consigliano di schiacciarli con una forchetta e applicarli come cataplasmi per curare eczemi, ulcere, piaghe che tardano a guarire.
Per il loro aroma vengono molto usate in cucina come aromatizzante di stufati e arrosti di selvaggina. Un erborista un po’ matto della bassa Veronese usava preparare un liquore in cui usava mettere in un litro di grappa, una manciata di coccole schiacciate, mezzo litro di acqua, tre o quattro etti di zucchero. Dopo una decina di giorni filtrava il tutto attraverso un bianchissimo telo di lino e consigliava bere un bicchierino, ma talvolta anche due o tre, caldo per allontanare i fastidiosi acciacchi invernali perché diceva “bere, bisogna” e, a conferma del suo consiglio, precisava “in più lo ordinano anche i veri medici!”.
Andando a ritroso nel tempo, il medico di Sisto V scriveva: “Si prendono bacche fresche di ginepro, si pestano e si cuociono nell’acqua; poi si spremono in un sacchetto, al torchio, si cola, si mette al fuoco di nuovo, finchè diventi consistente come il miele, agitando affinché non bruci in vaso di terra: è questa la triaca dei tedeschi. Presane un cucchiaio la mattina e la sera, giova mirabilmente a chi patisce di pietra, di renella, di dolori colici, di mestrui ritardati, di strettezza di petto, di tosse secca, di idropisia, ecc.” Castore Durante nel suo Herbario nuovo (XVI secolo) annotava che il bagno col decotto di legno di ginepro fino all’ombelico, giova mirabilmente ai gottosi. Cesalpino lo lodava contro i calcoli; Catone il vecchio, per aumentare la diuresi, raccomandava un vino in cui erano state infuse le “bacche” di ginepro.
Certamente è una pianta che fa bene. La sua essenza, ricavata mediante distillazione è balsamica, tonica, antisettica e antibattericida, efficace come diuretico e stimolante della secrezione gastrica. La medicina popolare la consiglia soprattutto per curare le affezioni delle vie respiratorie e genito-urinarie. Oltre che in cucina e nella produzione di acquaviti e vini, il ginepro induce verso il mondo della fantasia che vuole, secondo una leggenda popolare, che assieme al pungitopo, durante la prima guerra mondiale, abbia abbandonato i boschi per andare a nascondere le postazioni dei nostri soldati sul Piave, sul Grappa, sull’Altipiano dei sette Comuni.
Di tutt’altro tono la pia leggenda che riferisce che sempre assieme al pungitopo sarebbe spuntato dal nudo deserto come barriera spinosa per bloccare la strada ai soldati di Erode che stavano per raggiungere la Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto.
Verrebbe quindi da pensare che queste due piante siano state messe (e da chi?) tra noi per difenderci. Val la pena quindi di tenerle e ricordare quante volte i nostri contadini della bassa hanno bruciato il ginepro, nelle stanze ove erano stati allevati i cavalieri (bachi da seta) per allontanare, e non solo in senso scaramantico, streghe, malocchi e parassiti. E perché no, ritrovare la memoria di quell’unguento che si applicava sulle bruciature e che prevedeva che i galbuli freschi venissero prima fatti cuocere in olio di oliva, dopodiché si aggiungeva cera vergine d’api?
BRICIOLE D’ARCHIVIO
Sinonimi
Juniperus. Matth.; Juniperus vulgaris fruticosa, C.B.; Juniperus minor. Fuch.; Juniperus humilis. Gesn.; Juniperus vulgaris baccis parvis purpureis. Ray..
Loco
“Nasce ne i Colli ne i monti massime in luoghi aridi”. (Durante)
Cocina
“… il suo legno (…) è buono (…) per suo sapore nella carne, iv’entro arrostita (…) il suo seme cotto nel vino, e si bee il detto vino, e’l frutto si mangia. Ei suoi rami col frutto, cotti in acqua, con vino, e messi in vaselli, i quali si sentano di muffa, con vino, o con acqua bollente, e turato il pertugio di sopra, e rimenati intorno, iv’ entro guazzati, mirabilmente purgano i vaselli, e danno loro odore, e sapor laudabile, e buono.” (De Crescenzi)
Giovamenti / Nocumenti
“Di dentro. Bevonsi le foglie, overo il succo loro, ò il succo delle bacche utilmente contra i morsi delle vipere. Le bacche sono utili allo stomacho. Confortano il cervello, conserva la vista, fortifica tutti i sensi, dissolve la ventosità del ventre, aiutano la digestione… Debbonsi cogliere queste bacche di Settembre, debbonsi infondere in vino con un poco d’acqua vita per due giorni: poi sopra un panno di limo bianco seccarlo al sole, di quaste si piglieranno à digiuno, tre, due o tre volte la settimana con un poco di vino, la sera quando si va a dormire se ne mastichino tre altre qualche volta.
Di fuori. Facendi profumo col ginepro si scacciano i serpenti… Le bacche impiastrate risolvono i tumori, la lessia fatta della cenere di Ginepro con vino guarisce la rogna bagnandosene alquante volte… L’Olio del legno del ginepro benissimo secco vale tenuto in bocca al dolor de i denti, al dolor di nervi di giunture, spasimo, paradisiache.” (Durante)
Ricetta storica
“De iuganda vinea. Haec peracta sequitur, ut ante iam diximus, adminiculandae iugandaeque vineae cura, cui stabiliendae melior est ridica palo, neque ea quaelibet; nam est precipua cuneis fissa olea(go), tum quercus et suber ac si qua sunt similia robora. Tertium optinet locum pedamen teres, idque maxime probatur ex iunipiro, tum ex lauru et cupressu. “ (Columella)
(Come dare sostegni e gioghi alla vigna. Segue, come ho già detto, il lavoro di dare sostegni e gioghi alla vite. Per renderla più stabile son preferibili dei pali grossi piuttosto che dei paletti, ma non devono essere di un legno qualsiasi; i migliori sono quelli di olivo spaccato per mezzo di cunei; vengono poi la quercia, la quercia suberina e ogni altra qualità di rovere; al terzo posto stanno i pali tondi, soprattutto quelli fatti di ginepro, ma anche di lauro e di cipresso).
“I confettieri coprono queste coccole di Zucchero, e ne fanno una spezie di confezione, che chiamano confezione di S. Rocco, a cagione, che è propria per la peste”. (Lemerj).