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Le piante del bosco: Olivo

Olea europaea L. – Fam. Oleaceae
Fioritura: aprile – Parti raccolte: frutto (autunno), foglie (tutto l’anno) – Tempo balsamico: autunno

Sui nostri colli, il mosaico degli spazi coltivati, il disegno dei campi, ordinato e geometrico, la presenza delle siepi erette intorno ai poderi, l’andamento delle pendenze dei versanti, le possibilità consentite dai terrazzamenti, le opportunità imposte dalle arature sono il segno fisiologico dell’azione umana. Nessun tratto è casuale. Tutto obbedisce a regole d’ordine colturale, economico, sociale e anche estetico in una continuità che sottintende un rapporto di vicinanza e un’azione coltivatrice che si esplica sia nelle coltivazioni seminative, sia nelle cure della vite e dell’olivo. Perciò oliveto significa luogo stabilmente coltivato, frutto anche dei rapporti secolari instaurati con l’ambiente sociale, per cui le superfici lavorative potevano essere condizionate anche da vecchi diritti e da locali storie di divisioni famigliari. Nel disegno di questi campi non  vi è solo la storia antica di una economia, impostata sull’ uso del suolo; in breve vi è la storia antica e sanguigna di una società troppo spesso umiliata da arroganti signorie venute da fuori.

Se poi l’olivo e l’olio si coniugano alla vite e al vino, realtà agrarie che sui nostri colli si accompagnano, collimano e sfumano l’una nell’altra non si può, dopo un primo momentaneo approccio, nel risalire lungo una “strada dell’olio”, non andare a ritroso nella memoria che sollecita ricordi di un microcosmo dai colori dolci e rasserenanti, immerso in una tavolozza verde dai toni compositi e discreti, raramente lussureggianti, animato da gente semplice, casalinga in balia di lunghi e rigidi inverni, estati secche ed afose e a quel denso, oleoso profumo che nel tardo autunno ristagnava lungo le anguste vie circostanti i frantoi (pestrini) di Arquà Petrarca e, all’interno dei pestrini, alle olive o meglio alle pomele, come si è soliti chiamarle sui nostri colli fin dal Medioevo.

E’ così che l’olio, prodotto essenziale dell’economia e  della alimentazione del ricco e del povero, può essere la chiave per cercare i segni del vecchio olivo, immagine vivente della vegetazione antropica dei colli euganei e per accedere alla sua storia, una storia con labili tracce tutte da ricercare, leggere, interpretare e riannodare. Nel tentativo di raccontare questa storia si lavora con le briciole, più di quanto non sia accaduto nel confezionare altre storie euganee. Il suo limitarsi a piccoli spazi è un’ulteriore dimostrazione di una coltura frammentata, dipendente dai contingenti interessi umani (politici, economici, sociali), quasi quanto il clima prevalentemente secco, la giacitura dei terreni collinari, il tipo di suolo, calcareo e vulcanico, arido e sassoso. Tutto ha concorso a rendere la vite e l’olivo due colture talmente inserite nell’ambiente agrario da indurre a ritenerle parti integranti di un ecosistema “a misura umana”, anche se il clima invernale, talvolta molto rigido, raggiunge il limite massimo di sopravvivenza  per l’olivo.

Sui nostri colli, hanno attraversato un insieme  di vicende quanto mai varie, tanto da rendere vino ed olio prodotti che hanno condizionato il modo di vita, le attività e le tecniche agricole, l’alimentazione, la medicina, la farmacopea e, non ultimo, la liturgia sacrale.

Perciò l’olivo è entrato nelle nostre conoscenze e tuttora cela anonime storie di coloni che le hanno fatte crescere con quotidiana dedizione e sapienti potature, mostrando una attitudine alla coltivazione ottimale del suolo e plasmando il paesaggio euganeo in altri tempi, con altri intendimenti, con altro senso del produrre.

Inoltre, dopo la crisi dell’impero romano si andò facendo spazio un fermento che avrebbe assicurato all’olivicoltura e alla viticoltura nell’immediato la sopravvivenza e successivamente una lenta, continua, persistente ripresa. Era l’affermarsi del cristianesimo, un nuovo movimento religioso, sorto in ambiente mediterraneo, che aveva ampiamente attinto dalla vite, dall’olivo e dai suoi derivati (vino ed olio), profondi riferimenti e suggestive immagini per divulgare i propri messaggi, spiegare i propri misteri, alimentare i propri riti, acquisire un valore simbolico, liturgico, sacrale e culturale assolutamente nuovo.

Beguinot (1909-1914) nella Flora Padovana scriveva che l’olivo era: “Coltivato parcamente nelle esposizioni più propizie degli Euganei, cioè soprattutto nei versanti meridionali ed orientali dei Colli, nei luoghi più riparati dal vento e specialmente nei substrati calcarei (…); vi ammettono anche la var. oleaster cioè la presunta forma originaria, verosimilmente nell’habitat euganeo, derivante da inselvatichimento della pianta coltivata: in ogni modo io non ebbi occasione di osservarla.”

La fito-etnobotanica locale lo ha assiduamente frequentato e tuttora ricorda a Valsanzibio, Arquà Petrarca (1965): un decotto di foglie che veniva assunto oralmente, alla dose di una tazza al giorno, come antiipertensivo; l’olio che veniva applicato su bruciature e scottature e, assunto oralmente, come ipoglicemizzante; Arquà Petrarca (1965), valle S. Giorgio (1973): impacchi sul petto in caso di affezioni delle vie respiratorie; come antiotalgico veniva imbevuto di oilo tiepido e messo nelle cavità auricolari; Cornoleda (1973): un decotto di foglie assunto oralmente alla dose di due tazze al giorno, ha un’azione ipocolesterolemizzante.

BRICIOLE D’ARCHIVIO

olivo1.jpgSinonimi
Olea Brunf.; Olea sativa. Dod., G.B. Ray., Pit., Tourn..

Loco
“Ama stare in luoghi alti, e piacevolmente erti; ne’ quali ell’habbia il suo vento propitio, e non perda il quanto le diletta;attesoche il tal luogo il vento mitiga l’ardor del sole, e quivi al padron de gli oliveti cresce l’arbore generoso, e se ne cava buonissim’olio.” (Archidipno)

“Desidera aere caldo, e temperato, e vive in aere poco freddo, ma il troppo freddo non può sostenere, e desidera terra alla quale sia mischiata ghiaja, o creta, per mischiamento di sabbione, o grasso sabbione, o terra di più densa, e vivace natura.” (De Crescenzi)

Cocina
“Le olive condite sono gratissime al gusto escitano l’appetito, et confortano lo stomaco e fermano i flussi”. (Durante)

“Dalle mischianze, ottima insalata.
…per fare che la insalata riesca buona, (…) conviene che la persona che la dee fare, avendosi prima le mani lavate, metta l’erbe in un catino pien d’acqua, e dopo averle quivi bene dimenate, le cavi fuori, e ciò facci almen tre volte o quattro fiate, e così vedrassi nel fondo del vaso la rena, e ogni altra lordura si resterà; e poscia averle bene sgocciolate e alquanto asciutte si pongono nel piatto ove prima un poco di sale sia, e in porvi le erbe vi si dee andare spargendo sopra del sale e, dopo, l’olio con larga mano; e ciò fatto, si vogliono rivolgere molto bene con le dita ben monde, overo col coltello e con la forchetta, ch’è più graziosa maniera; e questo si fa acciò che ogni foglia pigli l’olio (…) e poi porvi l’aceto, e da capo rivolgerla tutta, e chi così farà e non la troverà buona dolgasi di me; e che sia vero che molto sale e olio vi si richiede e poco aceto, ecco il testo della legge insalatesca, che dice: “Insalata ben salata, poco aceto e ben oliata. E chi contro a così giusto comandamento pecca è degno di non mangiar mai buona insalata.”
(Castelvetro)

Giovamenti / Nocumenti
“Di dentro. Le olive condite sono gratissime al gusto, escitano l’appetito, et confortano lo stomaco, et fermano i flussi.
Di fuori. Le foglie trite conferiscono al fuoco sacro, et alle ulcere che vanno serpendo, et il succo cavato dalle foglie pesto con aceto, vale … alle cancrene. Le foglie peste, et applicate con mele risolvono i tumori, levano le croste dalla pelle.” (Durante)

“Le galle servono per presagio dell’anno avvenire, perché se in quelle che si raccolgono senza buco, si ritrova una Mosca, significa guerra, se Ragno, peste, se Verme, carestia, quasi che non si possi dare un’anno senza questi mali.” (Tanara)

Ricetta storica – Balsamo del samaritano
“R. Oglio di olliva comune. Vino generoso.
Posto il Vino e l’Oglio in un vaso di terra vetriata, si coprirà, e si porrà ad un foco mediocre per far bollire il liquore, finchè il Vino siasi consumato, e colato si ripone.
Codesto è il Balsamo del Samaritano, il quale ripulisce e consolida le piaghe, fortifica li nervi, rissolve i catarri. Osservazione. Codesto è il Balsamo di Samaria a cagione del samaritano del Vangelo, che se n’è servito per guarire l’Infermo tutto coperto di piaghe.”
(Cassivuch)

Per curar le buganze (geloni) creppate
“Pigliate cera bianca un’oncia. Oglio di oliva 4 oncie. Disfatte il tutto insieme a modo di unguento, e ponetelo sopra alle buganze rotte.” (Fochetti)

[Oncia = antica unità di misura  (XII parte di una libbra, pari a 29 grammi a Venezia). Fonte: Turato GF., Durante D, Dizionario etimologico Veneto Italiano, Galiverna, Battaglia Terme, 1995]

 


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